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Musei e Archivi d’impresa: passato, presente e…futuro (1)

Conclusa la “triade” dedicata a blogger, influencer e content creator, passiamo al “temone” (!!): Musei e Archivi d’impresa, solo apparentemente più “tradizionale”!

La ricchezza di approcci, prospettive, finalità e modalità interpretative conferiscono ricchezza all’argomento che già di per sé, per noi italiani, assume un significato particolare, essendo fortemente connotato e connotante in termini storici, territoriali e culturali.

 

Sempre più spesso, pensando oggi a musei o archivi d’impresa, è divenuta immediata l’associazione a storia d’impresa, narrazione di un passato valoriale,radicamento territoriale e sociale; invece, in tempi meno recenti, sovente, musei o archivi erano reclusi in un immaginario fatto di oggetti polverosi, attrezzi desueti, fotografie sbiadite, racconti, oggetti e collezioni tramandate e custodite gelosamente.

 

Da ciò l’idea di provare a tracciare un percorso tra passato, presente e futuro. Partiamo dal passato e arriviamo al presente e con il prossimo pezzo, dedicato al business-case, vedremo come, in specifico, gli archivi d’impresa (e di marca) possono divenire – o lo sono già? - strumenti utili e spesso necessari per il futuro.

 

Alcuni progetti di ricerca, tra cui il Museo Salvatore Ferragamo e il Museo Gucci (entrambi a Firenze…e non è un caso!), mi hanno permesso di apprendere la rilevanza che diversi approcci manageriali possono imprimere sul percorso di sviluppo di musei e archivi d’impresa per il marketing e il branding.

 

Di fatto, il passare del tempo ha definito e sedimentato il valore assunto da “tali strumenti”, arricchendoli di quelle potenzialità espressive e differenzianti proprie di heritage marketing, heritage branding e brand heritage (per approfondimenti su quest’ultimo si rimanda a un precedente pezzo del blog (https://www.sdabocconi.it/it/sda-bocconi-insight/brand-heritage)

Il passato di Musei e Archivi d’impresa

Tautologico riferirsi al passato!

Prescindendo da qualsivoglia valutazione di tipo storicistico o culturale, è utile cercare di inquadrare la complessa realtà museale e archivistica d’impresa in Italia.

 

Il Museo del Merletto Jesurum - del 1906 - è identificato come il primo museo aziendale in Italia; nei primi anni Settanta aziende come Pirelli, Martini, Richard Ginori e Alfa Romeo cominciarono a realizzare collezioni e archivi aziendali, poi divenuti musei aziendali, cui fecero seguito, negli anni successivi, l’archivio storico Barilla, l’archivio dell’Eni, il museo Alessi, il museo Salvatore Ferragamo, la Centrale dell’Acqua di Milano, i musei aziendali di Kartell, Piaggio, Ferrari, Campari e così via.

 

A fronte dello sviluppo qualitativo e quantitativo dei patrimoni archivistico-museali d’impresa, si registra ancora oggi l’assenza di una tassonomia organica ed esaustiva del fenomeno che sistematizzi, distingua e recensisca tale patrimonio culturale aziendale. I primi embrionali tentativi sono del 2001 e 2003; il censimento delle principali strutture che conservano documenti, oggetti e materiali espressivi di una o più imprese, ha condotto alla catalogazione, rispettivamente, di 167 e 111 realtà espositive.

 

Per ciò che riguarda l'archivio d’impresa, che “...nasce contestualmente all’attività di un soggetto produttore” (Ciandrini, 2021), rende quanto mai evidente il collegamento alle realtà imprenditoriali italiane in cui numerosissimi archivi – sebbene non sistematizzati o non denominati in questo modo – esistono! In archivistica il concetto di soggetto produttore indica qualsiasi entità – ente, famiglia, persona – che nello svolgimento della propria attività produce, organizza, usa e conserva un complesso di documenti. Gli archivi d’impresa, quindi, esprierebbero finanche la necessità delle “proto-imprese” di governare il proprio patrimonio, per esempio attraverso le registrazioni di entrate e uscite. Un interessante esempio proviene dall’azienda vitivinicola Ricasoli - che tra i suoi segni di riconoscimento riporta l’anno di fondazione (1147) o il secolare castello di Broilo - è fra le dieci imprese più antiche al mondo, ancora in attività. In particolare, la storia patrimoniale della famiglia Ricasoli è testimoniata da un complesso documentale; giornali contabili, inventari di beni, carteggi e atti notarili contenuti nell’archivio ne mostrano genesi, evoluzione, possedimenti e sviluppi. L’impresa, ancora oggi, quotidianamente cura e mantiene il suo archivio per tutelare, organizzare e conservare le evidenze documentali.

Il presente con i suoi punti fermi: studi, ricerche, approfondimenti e interessi diversi

Per i musei d’impresa…

Numerosi sono gli studi accademici italiani sui musei d’impresa; si rimanda alla vasta letteratura in merito e ai principali autori (Amari 2001; Gilodi 2002; Negri 2003; Montemaggi, Severino 2007; Stigliani e Ravasi 2007; Bulegato 2008; Montella 2010) che hanno affrontato il tema con interessanti approfondimenti in termini di angolature, tassonomie e definizioni. Altri studi riportano ad una interessante interpretazione della ricchissima review della letteratura nazionale e internazionale sui musei d’impresa (Quintiliani, 2015), cui si affianca una ricerca sull’heritage marketing che sistematizza le relative attività realizzate da 238 imprese - di medie e grandi dimensioni - iscritte nel Registro nazionale delle imprese storiche italiane di Unioncamere (Riviezzo et al., 2016). 

A ciò si aggiungono alcuni case-study, di natura accademica, volti ad esplorare empiricamente il potenziale del museo quale piattaforma di arricchimento e rafforzamento della brand equity (es. “World of Coca-Cola” di Atlanta), nonché alcune case-history o informazioni giornalistiche e non - acquisibili facilmente in rete o sulla stampa professionale - che, osservando i musei come “tourist bait”, ne hanno evidenziato il ruolo di destinazioni o “punti di attrazione” turistica (chi non ha visitato, se di passaggio da Stoccarda o da Monaco!! i musei di Mercedes-Benz, Porsche o BMW che, nel settore automobilistico, accolgono un numero considerevole di visitatori annualmente).

 

Di fatto, esiste forte frammentazione delle prospettive sul tema che, in parte, è riconducibile alla molteplicità di approcci disciplinari che hanno cercato di concettualizzare il fenomeno, dalla museologia all’organizzazione aziendale, dal management delle istituzioni culturali alla comunicazione d’impresa. Non esiste, al momento, una definizione univoca di “museo d’impresa”, né una tassonomia condivisa delle diverse tipologie in cui tale categoria museale può essere segmentata. 

  

Per ciò che riguarda le possibili classificazioni e “mappature” del fenomeno in Italia, alcuni utili strumenti sono:

a) i dossier del Centro Studi Touring Club Italiano (TCI, 2008 e 2007), il cui campione oggetto di indagine è formato dagli associati all’Associazione Nazionale Musei Scientifici e all’Associazione Italiana Musei e Archivi (Museimpresa), escludendo quindi le realtà museali non associate;

b) la classificazione fornita da Bulegato (2008) che, sulla base dei dati provenienti da pubblicazioni, internet, questionari e interviste personali, è riuscita a recensire ben 583 “istituzioni” tra musei d’impresa, musei industriali, musei di distretto, archivi d’impresa, collezioni tematiche e archivi storici. La tassonomia proposta distingue il complesso ed eterogeneo patrimonio conservato e valorizzato dalle imprese in 15 categorie merceologiche, tra cui primeggiano i settori indissolubilmente legati alla tradizione artigianale e manifatturiera del Made in Italy (il settore dell’ “Abbigliamento e tessile” si qualifica come il più rilevante);

c) solo una parte delle suddette 583 istituzioni appartengono all’’Associazione Museimpresa (nata a Milano nel 2001) che nel suo insieme qualifica e definisce le realtà archivistico-museali aziendali (attraverso i suoi attuali 113 associati) come “Istituzioni o strutture che siano emanazione di un’attività economica di un’impresa, di un distretto o di una tradizione produttiva con significativi legami con il territorio e che siano espressione esemplare della politica culturale dell’impresa”. L’Associazione Museimpresa si propone quindi di ricondurre a sistema la realtà museale aziendale, garantendo agli aderenti visibilità nazionale (Assolombarda, 2003), con uno sguardo rivolto al passato e alla tradizione e, al contempo, proiettato verso il futuro. Museimpresa promuove la cultura industriale attraverso numerose iniziative (es. l’installazione permanente #unmuseoalminuto collocata all’ingresso dell’Adi Museum, il profilo Instagram, testi e pubblicazioni, ecc.).  

 

Difficile quindi racchiuderela la forte eterogeneità del complesso “sistema museale d’impresa” in modo univoco ed esaustivo. A fare ciò aiuta l'approccio proposto da Danilov (1992, p.2)  - ripreso da numerosi studiosi - che identifica i musei d'impresa come "strutture originate e collegate ad una singola realtà aziendale, dedicate alla storia dell’impresa e/o a tematiche legate all’attività aziendale (escludendo musei che documentano le attività produttive di un distretto o di un intero settore) e sottolineando le rilevanti potenzialità comunicative nei confronti di un’audience estremamente composita, sia interna sia esterna." I musei aziendali divengono quindi una piattaforma di proiezione della corporate identity, ispirando il management, rinforzandone l’identità e costituendo un ambiente privilegiato in cui perseguire obiettivi di immagine e di differenziazione, accreditando anche l’immagine aziendale dal punto di vista culturale e sociale.

…e per gli archivi aziendali e di marca

Anche in questo caso, alcui numeri chiariscono la portata del fenomeno in Italia.

Il portale tematico del SAN - Sistema Archivistico Nazionale - dedicato agli archivi d’impresa (www.imprese.san.beniculturali.it), nel 2021 registrava le descrizioni di 2.770 complessi archivistici e 2.309 soggetti produttori “impresa”. A seguito di un imponente lavoro di ricognizione (condotto e sollecitato dalle Soprintendenze) è stato realizzato l’elenco delle imprese tramite cui accedere alle schede descrittive degli archivi storici. Di fatto, a partire dalla metà degli anni Ottanta in alcune fra le maggiori imprese italiane pubbliche e private – basti citare FIAT e Ansaldo per il comparto meccanico, accanto a ENI, Italgas ed Enel per quello energetico e a SIP e Italcable per le telecomunicazioni – sono germogliate iniziative descrittive degli archivi storici, a sostegno delle prospettive di conservazione e valorizzazione di tale "patrimonio archivistico" riconosciuto come tale dall'impresa.

 

L’accrescimento della sensibilità culturale in tale ambito ha altresì permesso l’adesione di altre e numerose realtà imprenditoriali anche (e soprattutto) di medie e piccole dimensioni. basta prendere visione del SAN per potersene rendere conto.

 

La sensibilizzazione e la volontà di occuparsi del tema, ha determinato lo sviluppo di pubblicazioni, tra cui la recente “Archivi d’impresa” - edita da Anai (Associazione Nazionale Archivistica Italiana) e nata dall’idea di una docente di archivistica e due manager di Fondazioni e Archivi aziendali – che ha accolto al suo interno le esperienze di archivisti, storici d’impresa, manager, professionisti e funzionari pubblici.

 

Difficile racchiudere una realtà piuttosto composita, quale quella degli archivi d’impresa, in un’unica prospettiva e/o tassonomia. Del resto, così come espresso dal nome collettivo “archivio”, è evidente la pluralità di elementi in relazione fra loro, elementi diversi che possono essere prodotti, acquisiti e gestiti sia in un contesto tradizionale – puramente analogico – sia in un ambiente ibrido o interamente digitale. Potremmo però afffermare che, indipendentemente dalla sua natura, il “sistema archivio” e il “luogo-archivio” è dunque volto a raccogliere, in maniera sistematica e oggettiva, tutto ciò che documenta l’evoluzione storica di marca e di impresa, consentendo la ricostruzione e soventemente la rappresentazione - attraverso fonti documentarie di varia natura – del cammino compiuto nel corso del tempo, e agevolando l’utilizzo della memoria storica con finalità strategiche, operative e conservative, a vantaggio di target interni ed esterni, quali manager, designer, studiosi, esperti, ricercatori e, in alcuni casi, consumatori e pubblico in generale.

 

Concludendo...una possibile evidenza di "raccordo" tra museo e archivio d'impresa. Il Museo Alessi

Come mi ha raccontato Francesca Appiani, Curatrice del Museo Alessi, in occasione della presentazione del Museo Alessi, nel 1998, Alberto Alessi ne dichiarò in modo indiscutibile la mission e la ratio sottesa alla sua realizzazione: 

«Questa nuova entità nasce all’interno della nostra struttura ed è destinata sia a rafforzare le attività di metaprogetto e di politica del prodotto (mediante un contributo di competenze storiche), sia a relazionarsi in modo più diretto e competente con le strutture museali con le quali siamo già da tempo in rapporto»

 

Al museo è stata delegata una duplice funzione all’interno e all'esterno. In altre parole, oltre a svolgere la funzione di “archivio di prodotto” consultato durante lo sviluppo dei nuovi prodotti e delle collezioni di design, assume il ruolo di propulsore delle attività di carattere culturale (consulenze e prestiti per mostre temporanee in musei internazionali, produzione di articoli, video, pubblicazioni, realizzazione di mostre temporanee, ecc.).

Nel corso del tempo, si sono poi aggiunte ulteriori funzioni, divenendo un prezioso centro di documentazione e di redazione di contenuti per le attività di comunicazione, marketing e merchandising (Fonte: Museo Alessi).

E per il futuro degli archivi d'impresa?

...ci rifletteremo con la prossima puntata:-)

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