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Mediale? A chi, cosa, quale? Dal paradosso a un possibile ancoraggio

Molti i punti su cui riflettere e soffermarsi, alcuni dei quali per “dischiudere un mondo”, anzi uno storyworld - come viene denominato - volto ad accogliere un mondo sempre più mediale, disseminato di storie di marca, con il principale compito di essere apportatrici di valore in un’epoca in cui la marca è divenuta contenuto e contenitore e i mezzi continuano a detenere un ruolo mediale, ossia (dal latino medialis) medio, posto nel mezzo tra azienda, marca, consumatore e società!

 

Del resto, l’era della convergenza – sempre più di natura culturale e connessa a trasformazioni mediali, tecnologiche, digitali, industriali, sociali e di consumo - sembra volerci sottoporre di continuo una frase e il titolo del primo capitolo del libro (del 1964!) Understanding Media: The Extensions of Man di Marshall McLuhan, studioso e ricercatore canadese, che citava: «il contenuto è mezzo» o, ancor meglio, proponeva che «il contenuto di ogni mezzo è sempre un altro mezzo» e, pertanto, la parola è il contenuto della scrittura, la scrittura è il contenuto della stampa e la stampa stessa è il contenuto del telegrafo (!!!) e così via.

Dal paradosso mediale…

L’attuale scenario mediale si presenta sempre più fluido e privo di barriere nette, i diversi mezzi di comunicazione si incrociano, si completano vicendevolmente, sovente rinunciando alle definizioni tradizionali e raggiungendo distinzioni sempre più labili e sottili nel differenziare un medium rispetto a un altro.

 

La convergenza mediale, si presenta quindi caratterizzata da un flusso di contenuti per tante e diverse piattaforme, garantiti da presenza e nuove forme di cooperazione tra: industrie-media-intrattenimento (tv, radio, giochi, editoria, sport, etc.), device differenti ma “convergenti” (es. smart-tv, mobile, etc.), mezzi/contenuti con categorizzazioni organizzativo-proprietarie cui corrispondono macro-obiettivi specifici (es. POSE: paid, owned, shared, earned), forme distinte e collegabili tra loro (es. video, audio e testo, da cui podcast, playbook, etc.), nonché alimentate dal comportamento del pubblico e degli utenti che generano, producono, scambiano e interagiscono attraverso contenuti e proprie produzioni, abbracciando una cultura più attiva e partecipativa.

 

In questo “mercato della comunicazione” si prospetta la cosiddetta “paternità collaborativa” (Bernardo, 2011) in cui non solo storie, personaggi e interi universi narrativi vengono progettati per adattarsi e “liberarsi” verso molteplici e vari canali e mezzi di fruizione, ma persino tanti e diversi settori/ambiti mediali (editoria, produzione cinematografica e video, giochi, etc.), ruoli professionali (sceneggiatori, fumettisti, animatori, programmatori, allenatori, giocatori, etc.), artisti e creatori (influencer, creator, fotografi, scrittori, etc.) e consumatori-utenti-partecipanti danno forma alle storie e alle narrazioni di marca.

…al possibile ancoraggio mediale

Due i punti di partenza: una possibile tassonomia meta-teorica (Zecca, 2020) e/o un approccio di archeologia della transmedialità (Tirino, 2019) che sintetizzano alcuni studi accademici, provenienti da diverse discipline e partiti ante anni '90, quali importanti contribuiti per individuare quattro principali categorie - in grado di spiegare ed affrontare la complessità del nuovo scenario mediale e dell’era della convergenza –sintetizzabili in: multi-medialità, cross-medialità, inter-medialità e trans-medialità.

 

Per ciascuna di esse una sistematizzazione applicativa e manageriale utile per potersi ancorare (!) e verificare le competenze necessarie per la gestione della comunicazione di marca, considerandone:

 

  1. la natura e la relazione tra i media, consapevoli della decostruzione proveniente dalla rivoluzione digitale e relativa alla tradizionale struttura tecno-linguistica dei media che oggi trascendere i linguaggi rispetto ai dispositivi e viceversa. Due le principali tipologie di relazione tra media: la prima, basata sulla capacità trasmissiva tra diversi media a livello tecnologico e infrastrutturale; la seconda, focalizzata principalmente sulla dimensione linguistica, ossia sul sistema di espressione e significazione del/i mezzo/i;
  2. l’oggetto della relazione tra i media (tipologia di contenuto e integrazione di forme e/o contenuti);
  3. le modalità, le linee comportamentali, i driver che rendono il/i contenuto/i fruibile/i (su uno o più media).

Da multi-medialità a transmedialità

E’ possibile quindi distinguere tra multi-medialità e cross-medialità vs. inter-medialità e transmedialità, consentendoci di cogliere le specificità insite in ciascuna categoria.

 

La multi-medialità si basa su combinazione e correlazione infrastrutturale di forme materiali diverse, ossia unità mediali autonome (video, testo, audio, etc.) legate tra loro in un unico artefatto, prodotto, oggetto, progetto (opera multimediale come un corso, un testo, un format, una installazione e/o esposizione museale, un reality movie o show, una app, etc...) che traggono origine proprio dalla somma delle diverse forme. Tale categoria, muovendosi nella dimensione tecnologica, prevede  oggetti fondati sulla combinazione materiale e/o spaziale di diversi elementi mediali in un unico artefatto/ambiente, utilizzando strumenti comunicativi diversi (es. testo, grafica, animazione, suono) per programmi multimediali, progetti comunicativi, editoriali e didattici (editoria multimediale, didattica multimediale), ambienti attrezzati (aule multimediali, sale multimediali). Da un punto di vista manageriale saranno fondamentali sia la profonda conoscenza della tecnologia e della infrastruttura necessarie sia l'unicità e l'univocità direzionale. Questo perché l’integrazione di tali forme mediali all'interno di un unico contenuto o format deve portare al coinvolgimento del pubblico attraverso varietà e "crescendo" nei/dei diversi tipi di interazione/fruizione, rendendo l’esperienza ricca nell’impiego dei vari aspetti della storia autonoma e adattata ai formati incorporati.

 

La cross-medialità si basa su conduzione, trasporto, trasferimento, distribuzione e delivery di un unico/medesimo contenuto/prodotto mediale (lungometraggio, episodio, canzone, notiziario, intervista/video-intervista, etc.) su diverse piattaforme mediali e device (tv, computer, smartphone, schermi urbani; ad es. per un film: in sala, in streaming, peer-to-peer; ad es. per un video long-short su mobile, laptop, etc.), riconducendo la scelta a specifici generi, territori e/o categorie produttive (horror, sitcom, rock, cronaca, sport, ecc.) fortemente incentivate dai processi di sfruttamento commerciale e comunicativo intensivo e di accesso globale ai contenuti. Tale scelta permette di distribuire e amplificare lo stesso contenuto su più piattaforme multimediali, agevolando e rafforzando la memorizzazione - perché il pubblico è esposto al medesimo contenuto attraverso i diversi tipi di media - , massimizzandone la portata rispetto ad uno o più target, ottimizzando l’investimento in quanto si ripropone lo stesso contenuto, facilmente associabile a un messaggio unico/principale che si intende proporre.

 

La inter-medialità si verifica quando da un contenuto su un determinato mezzo di partenza si avvia un processo di traduzione, trasferimento, rifacimento verso altro medium di arrivo/approdo attraverso appropriazione e ibridizzazione. Dal cinema alla musica, dall’arte alla fotografia, dal videogame alla graphic novel e così via; è dunque opportuno riscrivere il contenuto per adattarlo al nuovo medium. Si può quindi decidere di distribuire un nuovo contenuto riadattandolo rispetto al mezzo, riproponendo un contenuto “rivisto” su più piattaforme multimediali, esponendo il pubblico – nuovo o fedele - a diversi tipi di media e rafforzando la trama associata ai suoi personaggi. Quale elemento qualificante di un progetto intermediale vi è la possibilità che i contenuti del medium di partenza e quelli del medium di arrivo siano in una relazione di potenziale reciproca contaminazione per cui il management della comunicazione e la crescita delle storie di marca sono fondamentali!

 

La trans-medialità si basa sulla dispersione di un universo/mondo narrativo su più media. Le relazioni transmediali si sviluppano secondo un'articolazione congiunta di uno contenuto attraverso linguaggi mediali diversi. I contenuti diversi tra loro, pertanto, unici e dispersi su una gamma di piattaforme multimediali, anch'esse differenti tra loro, convergono sulla capacità di narrare il contenuto per incorporare al suo interno gli spettatori - per natura persone e "individui" con una propria e specifica umanità. Narrare e raccontare una storia è frutto della somma di più storie che vengono trasferite per coinvolgere e far partecipare il pubblico attraverso tante e diverse piattaforme multimediali. Ogni storia è un contributo distinto, che fornisce esperienze uniche e su misura per ciascuna piattaforma, agendo sulla partecipazione attiva delle persone che si immergono profondamente nelle storie. La trans-medialità potrebbe anche svilupparsi con una narrazione principale cui far seguire tante e numerose estensioni secondarie (solo in termini temporali, ma non di importanza!). Nella forma ideale «ogni mezzo fa quello che sa fare meglio - in modo che una storia possa essere introdotta in un film, ampliata attraverso la televisione, i romanzi e i fumetti, e il suo mondo possa essere esplorato e vissuto…Non è necessario aver visto il film per godersi il resto» (Jenkins, 2003). Senza storyworld e senza narrazione è impossibile sviluppare la transmedialità.

Pertanto, se multimedialità e crossmedialità si muovono all’interno di una concezione tecnologica dei media, dovendosi spostare verso intermedialità e transmedialità è necessario avere in considerazione la dimensione espressiva e simbolica dei media, nonché l’abilità e la capacità di costruire storie.

 

All’interno di tali categorizzazioni…e ancoraggi, la crossmedialità descrive la conduzione di un singolo prodotto/contento mediale su più piattaforme al fine di moltiplicarne i profitti e la diffusione sociale; la multimedialità è la combinazione dei significanti materiali di diversi media finalizzata alla creazione di un nuovo artefatto o format;l'intermedialità si verifica quando un mezzo traduce la configurazione linguistica di un altro mezzo, con il duplice obiettivo di appropriarsene o di contaminarsi vicendevolmente; la transmedialità sembra abbandonare le costrizioni mediatiche per raggiungere la dispersione di un universo narrativo su più media al fine di incorporarvi i diversi spettatori.

 

Bernardo N. (2011), The Producer’s Guide to Transmedia: How to Develop, Fund, Produce and Distribute Compelling Stories across Multiple Platforms, London: beActive Books.

Jenkins, H. (2006a). Convergence Culture: Where Old and New Media Collide. New York: New York University Press.

Tirino M. (2019), “Archeologia della transmedialità: teorie, approcci e formati. Il caso Flash Gordon”, Mediascapes journal, n. 13, pp.21-46

Zecca F., (2020), “Understanding Media Relations in the Age of Convergence: A Metatheoretical Taxonomy”, Transmediality / Intermediality / Crossmediality: Problems of Definition, Eds. H.-J. Backe – M.Fusillo – M. Lino, with the focus section Intermedial Dante: Reception, Appropriation, Metamorphosis, Eds. C. Fischer – M. Petricola., Between, vol. X, n. 20, pp. 170-190

Tutte queste caratterizzazioni possono convivere all’interno dell’azienda, rendendo quanto mai sfidanti le scelte manageriali per i brand che la abitano.

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