Branded World

Ingredient Brand o Ingredient Branding?

Osservandoci intorno, sono moltissime le storie di successo nell’ingredient branding: Intel, GoreTex, Alcantara, Dolby, TetraPak e così via; ed esse ne rappresentano alcuni tra gli esempi più noti.

 

Ma, come al solito, un conto è il brand, altra cosa è il branding, anche per l’ingredient.

L’Ingredient Branding, relativamente recente, spiega come la “gestione della brand equity  attraverso l’ingrediente o la componente” dai mercati industriali si sia diffusa ad altri settori, divenendo ancora più strategica in un periodo in cui economia circolare e sostenibilità richiedono crescente rispetto e trasparenza nell’accompagnare le offerte di marca verso il mercato, sia esso finale, intermedio, industriale o nei servizi. Basti pensare, in Italia, a ciò che brand come SAIB - azienda leader nella produzione di pannelli truciolati - sta facendo attraverso il progetto Rewood rivolto ai produttori di arredamento dei diversi comparti (Battistella, Colombini, Imab, Stosa, Veneta Cucine e tanti atri); oppure San Pellegrino con le numerose iniziative all’interno del canale Ho.re.ca. e per i suoi rivenditori.

Ingredient brand versus Ingredient Branding

Un Ingredient Brand è esattamente ciò che suggerisce il termine stesso: un ingrediente, una componente o un prodotto che, però - per ottenere successo - possieda una propria identità, abbia ottenuto notorietà e sia stato in grado di costruire specifiche associazioni; come dire che da anonimo possa ottenere la “dignità di marca” e divenire un brand con il ruolo di essere ingrediente e parte di altro. Si possono avere ingredient brand come Woolmark o Lycra, etichette che contrassegnano gli indumenti di lana o di fibra, o come Brembo, per gli impianti frenanti delle auto, e Gore-Tex, la microfibra utilizzata all’interno di diversissimi settori e brand: abbigliamento, scarpe, ecc.

 

L’Ingredient Branding viene generalmente considerato una modalità indiretta attraverso cui un brand si lega ad altre entità - la cui conoscenza da parte dei consumatori sia governata da precise strutture mentali, ossia abbia già ottenuto awareness o image; in virtù di tale legame il consumatore può essere portato a estendere alcune delle associazioni che caratterizzano quelle entità alla marca stessa. Quindi, condizione di base è far leva su alcune associazioni mancanti o deficitarie per la marca-host, prendendole in prestito e pertanto denominate “secondare”. Queste ultime risiedono quindi in altre marche, come nel caso del co-branding - tanto che sovente si ritiene l’ingredient branding una sua strategia-figlia – e del licensing, sebbene per l’ingredient brand venga esaltata una o più componenti essenziali, che accrescono valore aggiunto e differenziale, per il proprio target, alla marca che “le contiene, le ospita”.

I “classici” nell’ingredient branding

Nel B2B (Business-to-Business), le cui attività di marketing sono, da sempre, di natura relazionale e orientate verso il successivo anello della catena del valore, l’ingredient branding ha assunto crescente importanza “rendendo visibile l’invisibile”, come sottolineato sin dal titolo in un libro dedicato all’argomento (Kotler e Pfoertsch, 2010). Intel (con Intel inside) ha dimostrato come l’ingredient branding potesse divenire uno strumento strategico sia per il target costituito dai produttori di componenti, sia per quello delle industrie che realizzavano prodotti finiti, sino a raggiungere i consumatori finali. Identificato come il brand più esemplificativo per tale strategia, esso ha influenzato scelte e decisioni di numerosi competitor e non competitor, che hanno cercato di implementare e modellare le proprie strategie alla “Intel-way”, cercando così di sfuggire all'anonimato e al potenziale di sostituibilità nella fornitura di una parte o di un componente.

 

Anche Tasmanian di Loro Piana è nato come ingredient; prodotto e nome creati avendo come riferimento un particolare tipo di lavorazione per un tessuto di lana estremamente leggero, ottimo per gli uffici moderni: bollenti d’inverno quando fuori si gela e gelidi, viceversa, d’estate. Il Tasmanian sin dalle sue origini illustrava la vera filosofia dei due fratelli Loro Piana, che veniva distillata nelle brochure di presentazione dei loro prodotti (tutti di pregio, oltre al tasmanian: cashmere, cammello, vicuna, mohair, alpaca…): «Le virtù borghesi dei bei tessuti sono la leggerezza, la compattezza, il calore e la resistenza». Aggiungendo poi, di essere attenti a un’altra virtù, quella del risparmio: «Inoltre i capi in fibre nobili resistono negli avamposti degli armadi molto più delle amenità stagionali…». Il Tasmanian oltre a divenire materia prima per capispalla e pantaloni per uomo e per donna della stessa Loro Piana, acquisendo notorietà e raggiungendo associazioni specifiche rifacentesi alle caratteristiche dianzi riportante e legate al prodotto, ha iniziato a divenire parte integrante delle strategie di ingredient branding di altri produttori. Non era e non è raro che all’interno dei punti di vendita o presso le sartorie dedicata ai capi su misura, una delle frasi ricorrenti fossero o sia: «…è un Tasmanian…», ovvero vengano presentate “le mazzette del colori” o il peso per season di quest’ultimo.

 

Ed ancora, si ricorre all’ingredient branding evidenziando la presenza di un componente di marca nell’impugnatura, nel telaio o nelle corde della racchetta da tennis; Wilson, ad esempio, ha lasciato intonsa la storica racchetta Pro Staff Classic, ma inizialmente per estendersi nella categoria scarpe dedicate ai tennisti, ha inserito la gomma degli pneumatici Goodyear nella suola delle ProStaff Classic. Goodyear nel corso del tempo è stato ingredient brand di Lacoste, ha iniziato a produrre scarpe da tennis per se, così come la stessa Wilson nel tempo non ha fatto più ricorso a tale componente.

 

Da ultimo, nei servizi, una business class “speciale” della Singapore Airlines ha costruito un’offerta elegante, contemporanea e disegnata dal direttore creativo di Givenchy. Hostess e stuart indossano una divisa disegnata sempre da quest’ultimo; i sedili - dal comfort assoluto, controllo elettronico, tanto spazio per le gambe, schermi personali per una maggiore privacy e connessa presa per il computer portatile – sono stati realizzati dal brand italiano Ultimo; l’esperienza culinaria, similmente a quella fornita dai migliori ristoranti, viene sviluppata con la World Gourmet Cuisine, formata da un gruppo internazionale di acclamati chef che si cimentano nella realizzazione di menù internazionali per gli ospiti dei voli.

Come e quando l’ingredient branding

Numerose ricerche evidenziano che l’ingredient branding può rivelarsi una strategia utile sia per introdurre più agevolmente sul mercato nuovi prodotti, sia per arricchire (almeno temporaneamente) i significati di marca e/o facilitare l’estensione verso nuove categorie, purché si presentino agli occhi dei consumatori come offerte innovative, con evidenti vantaggi differenziali rilevanti rispetto alle alternative disponibili e con accertata performance, awareness e immagine.

 

Tanto che tra i “principi-chiave” che guidano l'implementazione di programmi volti a valorizzare le strategie sottostanti all’ingredient branding è possibile evidenziarne tre tra i più rilevanti.

 

#1 Attivare iniziative di brand building

Le stesse pratiche manageriali utilizzate per costruire un brand sono applicabili anche in questo caso, soprattutto se si raggiunge un nuovo segmento di mercato per cui non si è presente nel consideration-set. E’ importante che il mercato ne comprenda i benefici funzionali, prima, ed emotivi, dopo. Il beneficio funzionale dovrebbe essere chiaro, credibile e facilmente identificabile, sfruttando l'ingrediente quale “semplificatore e garanzia” in un processo di acquisto anche (o soprattutto) complesso. La tecnologia Dolby ha il vantaggio (funzionale) di ridurre i rumori di fondo che interferiscono con la qualità del suono registrato; esso è divenuto l’"ingrediente" principale per il mercato di consumo, entrando a far pare delle apparecchiature audio di fascia alta per  un "suono di alta qualità", di cui Dolby è sinonimo. Nella customer journey devono anche identificarsi i potenziali punti di contatto tra il cliente e il brand host dell’ingredient brand, facendo leva su di essi in modo coerente e convincente al fine di trasferire fattivamente e operativamente la strategia di branding adottata.

#2 Attivare iniziative congiunte (brand host e ingredient brand)

Coordinamento, integrazione, collaborazioni scritte, formalizzate, regolate e vantaggiose per entrambi i brand: ingredient e host. Quindi, le iniziative di ingredient branding devono essere incentivate e valorizzate di continuo, devono risultare reciprocamente vantaggiose (es. quota di mercato e/o potenziale di crescita, profitto, ecc.), sovente rafforzando o creando nuove associazioni positive per entrambi. Ciò spiega l’incentivo economico, la fee, la royalty, il “sussidio” che può spingere l’host ad adottare e comunicare il logo e/o il nome dell’ingrediente. Intel, ad esempio, ha offerto ai produttori di PC un sussidio del 3% per far sì che venissero pubblicizzati i suoi processori. Fondamentale è la selezione del partner “giusto” e la relativa collaborazione tra i partner perché da ciò si evince l’effettivo orientamento a fornire valore aggiunto e differenziale all’offerta, come nel caso di Nutrasweet (dolcificante naturale) che ha sviluppato partnership con Pepsi e Coke: leader di mercato nelle cole (e non solo).

#3 Brand Program rivolti ai clienti finali per l’ingredient brand

Interazione, educazione e riconoscimento aiutano a garantire che il cliente finale sia a conoscenza dell’ingrediente e ne comprenda i benefici ad esso associati, benché apparentemente “solo un pezzo del puzzle strategico”. Alcuni brand hanno avuto successo rendendo più che mai visibile l’ingredient brand attraverso i suoi segni di riconoscimento (difficile non citare il rosso di Brembo, l'ottagono giallo di Vibram, la doppia D Dolby), purché si sia agito su di essi con la finalità di renderli dei brand. A ciò sono connesse tutte le attività di marketing realizzate dall’ingrediente per palesarsi in termini di benefici o valori al  mercato.

L’ingredient branding diviene un modo per esaltare ingredient ed host, a patto che entrambi abbiano fatte proprie, abbiano applicato o applichino le “regole manageriali” per il branding nel B2B, nel B2C e nel B2B2C.

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