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Il calendario: icona del nostro tempo?

Il calendario è un “segno” del tempo, con un valore fortemente simbolico che testimonia l’evolversi dei costumi e della civiltà sino alla contemporaneità, volendo giungere al futuro. Lì dove inteso come strumento identitario, definisce l’orientamento e delinea l’evoluzione culturale, sociale, iconografica e comunicativa del brand verso i propri clienti e, più in generale, verso la società, collocandosi/agendo nel/sull' “immaginario”.

 

In questo senso se ne potrebbe quindi affermare il ruolo di “icona”, proprio perché tale termine - che deriva (tanto per cambiare!) dal greco eikṓn-kónos - significa immagine.

 

Dalle icone sacre alle icone fotografiche

La nascita vera e propria delle icone risale alla preistoria e agli uomini che sfruttavano le immagini con lo scopo di rendere reale, vicina e concreta la visione di quanto raffigurato e sentire, così, di avere una “finestra aperta” per stabilire un contatto con il mistero! Tali immagini venivano rappresentate attraverso disegni e pittura solo per la loro capacità di spiegare, raccontare e narrare (e non perché riconosciute come forma d’arte!). Esse assumono sacralità (icone sacre) in Palestina, Siria, Egitto, Bisanzio e Russia (!) per poi essere esportate in occidente quale strumento di catechizzazione sui misteri della vita di fede – perché più forti delle parole, difficili da leggere! – insieme a musica sacra e liturgie (modi efficaci per raggiungere il cuore di tutti i fedeli senza alcuna distinzione).

 

Negli studi di semiologia, l’icona è un segno – insieme alle altre due fondamentali tipologie di segni: indice e simbolo – attestante il rapporto di unione con la realtà esteriore, in termini di somiglianza con una realtà denotata e descritta, riproducendone e presentandone una o più caratteristiche qualitative o di configurazione dell’oggetto significato. 

 

Icona, oggi, viene comunemente usata nel riferirsi alle immagini digitali, all’interfaccia grafica - che rappresenta un comando, una funzione, un programma operativo - semplici da vedere e capire, spesso intuitivamente, quando appaiono sullo schermo di pc, ipad, cellulare (le “iconcine” delle app!) e tramite la cui selezione, con apposito strumento: mouse, penna ottica, dita, possa avviare l’accesso alla funzione o al programma “simboleggiato”.

 

A livello culturale il termine icona, nel linguaggio comune, è divenuto usuale (e popolare, quindi pop!) per descrivere un personaggio emblematico di un’epoca, un ambiente, un genere (es. musica, moda, fotografia, etc.), divenendo così un’icona cinematografica, musicale (del rock, del pop, della techno: Madonna, Lady Gaga?), sportiva, nella fotografia, di stile, sino a volerne descrivere una persona molto importante e riconosciuta come tale nella sfera professionale o in un contesto particolare.

 

In un libro molto interessante: No Caption Needed (Hariman e Lucaites, 2007), pubblicato da University of Chicago Press, i due accademici forniscono uno studio delle fotografie e delle immagini che - sebbene connesse alla società americana - sostengono il valore assunto dalle immagini visive nella cultura, quale dimostrazione convincente del contributo vitale della fotografia (del fotogiornalismo, della pubblicità, della comunicazione etc.) alla vita pubblica, sociale e quotidiana. Occorre sottolineare come la fotografia, solo a partire dagli anni Venti ha iniziato ad essere accettata come “forma d’arte”, anche per merito degli sviluppi delle tecniche di stampa introdotte dalle principali riviste in tutti i paesi industrializzati. Le immagini iconiche nella fotografia divengono quindi “modelli di eloquenza visiva”, in grado di raffigurare l’identità valoriale del brand e la memoria collettiva su cui incidere o aver inciso, mezzi di persuasione e, aggiungerei, una risorsa cruciale per la comunicazione di marca. Le fotografie entrano a far parte con forza della collettività e del sociale, divenendo “iconiche” e assumendo la “forma dinamica di arte” soprattutto grazie alla loro successiva circolazione attraverso una sorprendente gamma di media: francobolli, poster, cartelloni pubblicitari, monografie e testi editoriali, programmi TV, pagine Web, cui potremmo aggiungere, social media, calendari e altro ancora.

Difficile citare tutti i calendari che comunicano, esaltano, avvicinano e personalizzano in modo diverso e innovativo la relazione marca-consumatore (in senso lato! perché alcuni di questi calendari sono per relazioni BtoB o con stakeholder e non raggiungono l’ampio pubblico).

Ne descriverò quindi solo alcuni, incrociati per diversi motivi durante studi o ricerche pensando alla:

 

Applicazione del “versatile” concetto di icona ai calendari

La realtà riprodotta con una particolare configurazione dell’oggetto significato

Ho ritrovato su ebay il primo calendario Esselunga (non ho trovato altri “reperti storici” precedenti!) che in formato “da cucina”, e rivolto a tutta la clientela (sino ad esaurimento scorte!), presentava essenzialmente i suoi store. A seguito della famosa campagna pubblicitaria del 1995, il caelndario è divenuto uno delle innumerevoli modalità per “rappresentare” il brand e la sua evoluzione, in termini di personalità e valori. Attraverso la pubblicità di Esselunga, ortaggi e frutta cominciarono a comparire su OOH presenti nei punti più visibili delle principali città italiane, ma anche nelle metro o sui tram.

Bastarono pochi mesi per trasformare la campagna pubblicitaria in un fenomeno cult, tanto da indurre Esselunga ad affiancare alla “sola” pubblicità un merchandising quanto mai ricco e iconografico fatto di agende, diari, magliette, cappellini, calamite, segnaposto e… calendari.

Ancora oggi, la comunicazione di Esselunga - indelebile tra i ricordi di milioni di persone – ripresa come idea iconografica e non raffigurando più solo l’ortofrutta, riesce a divertire.

Da realtà denotata con una configurazione dell’oggetto a icona digitale quotidiana

Difficile non citare i Calendari di Inarea, Identity and Design Network, fondata e diretta da Antonio Romano, rete internazionale e indipendente di designer, architetti, strategist e consultant, specializzata nella creazione e gestione di sistemi di identità. Insomma, parlando di icone identitarie, difficile non fare riferimento al loro calendario che una comunità di sedicimila persone - tra manager, imprenditori, professionisti, designer, giornalisti, opinion maker (e professori…mi ci metto anche io!) - riceve annualmente e osserva quotidianamente. Quest’ultimo, dal 1991 rappresenta – attraverso immagini imprevedibili, ironiche e con una fantasia da “genio italiano” - gli oggetti quotidianamente impiegati nello svolgimento delle diverse attività. Ogni anno il calendario è “segnato” da un tema, una parola, oggetti e forme, declinati in dodici quadri, uno per mese, che compongono un racconto per immagini (es. “Ferri del mestiere” (1991), Time measure (1997), “On the botton” (2003), “Inarea square” (2005), “Seatcom” (2009) ecc.). I calendari sono divenuti famosi per i tratti ironici con i quali riconsiderano la realtà attraverso un’interpretazione grafica e spesso irriverente di soggetti/oggetti più svariati, ricostruiti con materiali diversi e inaspettati. Trasuda dalle loro “icone” la forte unione con la realtà circostante che viene descritta con un codice stilistico che configura il calendario attraverso un punto di osservazione e la capacità di guardare “le cose” in modo diverso. Le immagini divengono muti testimoni della quotidianità e, ricomposti, riescono a sorprendere proprio perché non rinunciano alla loro identità e, allo stesso tempo, sono in grado di ricreare un immaginario unico.

 

Nel 2015, con la mostra “Calendarea” alla Triennale di Milano vengono celebrati i venticinque anni del calendario, ripercorrendo la storia del calendario attraverso le immagini che nelle varie edizioni, mese dopo mese, hanno raccontato la vita di tutti i giorni, dall’ufficio alla casa. Un excursus lungo 25 anni attraverso il quale è stato possibile rivivere i cambiamenti della nostra società così come “rappresentati” da Inarea. Per l’occasione Marsilio ha realizzato il volume che racconta come, anno dopo anno, venga rinnovata la sfida creativa che porta ad immaginare e produrre Calendarea.

 

Infine, per essere al “passo con i tempi” preservando la quotidianità e la coerenza del calendario, da meno di due anni esiste Imaginarea (la ricevo tuti i giorni!) che attraverso immagini digitali e una interfaccia grafica ogni giorno scandisce ricorrenze, coincidenze, storie ed emozioni legate alla specifica data.

 

L’1 gennaio del 2021 Imaginarea - con una mail spedita alla sua community, che si ritrova sul sito di Inarea - apriva con “Buon Anno!....” e chiudeva con “...Oggi è l’inizio di un racconto che, attraverso immagini e parole, ci accompagnerà per i prossimi 364 giorni. Benvenuti a bordo”.

 

Da allora tutti i giorni, all’interno del messaggio si ritrovano: gli onomastici (che bello! Per chi viene dal Sud, sa bene che sono spesso più importanti dei compleanni!) e incipit del tipo: “Il nostro omaggio alla giornata…”, “Proviamo a mantenere la memoria di questa storia grazie a umili strumenti da lavoro”, “Questa mattina non vi diamo il buongiorno, il minimo che possiamo immaginare…”, “Ricordiamo quella serata…” oppure “Questo accadeva il….nell’alto medioevo”, “Questo accadeva nel XIX secolo” e così via!

 

Io la chiamerei relazione!

Icone culturali e forme dinamiche di arte

Da ultimo, pensando alle icone culturali connesse ai fotografi che con fotografia e immagini progettate per i calendari, intesi come modelli di eloquenza visiva, sono in grado di raffigurare identità di brand e di incidere su memoria collettiva e immaginario.

 

Difficile quindi non pensare a The Cal, uno dei calendari italiani più conosciuti nel mondo: il calendario Pirelli 

 

Il calendario Pirelli non è per tutti; viene realizzato quale limited edition, in un numero limitato di copie, solitamente donate a clienti importanti o ai Vip.

 

Il progetto del 1964 - assolutamente innovativo per l’epoca(rimane tale nel corso del tempo!) - venne portato avanti da Pirelli UK (consociata inglese del gruppo) per “combattere” i concorrenti sul mercato domestico. La realizzazione venne affidata a Robert Freeman, ritrattista dei Beatles.

 

Dal 1964 al 2022 (anno che celebra anche i 150 anni del brand) sono state pubblicate 49 edizioni del Calendario Pirelli e non è un caso che l’azienda stessa distingua la “storia” del Calendario in “tre vite” della sua pubblicazione, suddivisibili nei seguenti decenni: dal 1964-1974, dall’84 al ‘94, dal 1994 al nuovo secolo, gli anni 2000.

 

I Calendari sono stati realizzati grazie a 38 fotografi contemporanei di fama mondiale (tra cui, giusto per citarne alcuni: Helmut Newton, Annie Leibovitz, Herb Ritts, Mario Testino, Karl Lagerfeld, Steve McCurry, Richard Avedon, Peter Lindbergh, Tim Walker e Bryan Adams), immortalando donne, attrici, top-model e celebrity in diversi ambiti (Cindy Crawford, Helena Christensen, Kate Moss, Karen Alexander, Christie Turlington, Naomi Campbell, Carré Otis, Eva Herzigova, Nastassja Kinsky, Inés Sastre, Monica Bellucci, Alek Wek, Laetitia Casta, Gisèle Bunchen, Frankie Ryder, Lauren Bush (17 anni, nipote di George) e Kiera Chaplin (nipote del grande Charlie) etc.) ma anche star maschili del cinema e della musica (come Robert Mitchum, John Malkovich, Kris Kristofferson, B.B.King e Bono).

 

“The Cal” (come oggi viene universalmente denominato!) scandisce il tempo e il passare del tempo, offrendo una lettura del costume attraverso lo sguardo dei più famosi fotografi. Anche in questo caso il calendario è divenuto un “punto fermo ed iconico” nel branding di Pirelli: il mese di novembre, antecedente al nuovo anno, è sempre più atteso dagli ospiti invitati per l’evento di lancio di The Cal, ma anche da coloro che in differita e/o il giorno successivo potranno assistere via canali televisivi, web o piattaforme digitali.

 

The Cal è un “momentum” di integrazione verso un’esperienza di marca volta a partecipazione, meraviglia, seduzione e aspirazione per molti…anzi per pochi e nulla a che vedere con i pneumatici!

La prossima puntata del blog è dedicata ad un altro calendario di un brand italiano…

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