Branded World

Dietro le quinte (2^ puntata)

Alla scoperta di Pitti Immagine

Andiamo a scoprire il “Behind the Scenes” di Pitti Immagine, perché quella di “Pitti” - utilizzo volutamente l’abbreviazione perché così è identificata e verbalizzata da molti (visitatori, compratori, giornalisti, blogger,...) – è qualcosa di più di una manifestazione fieristica, un vero e proprio spettacolo, che si ripropone di anno in anno, aprendo l’anno solare, nel mondo, delle manifestazioni fashion (alcune delle foto proposte si rifanno all’ultimo Pitti Uomo, appena terminato!), e che richiede tanto lavoro per essere un Brand (con la B maiuscola), della nostra Italia, conosciuto e riconosciuto come tale a livello internazionale.

 

Vivere a Firenze mi ha permesso di conoscere, osservare, ascoltare, cogliere e tentare la personale interpretazione – di seguito proposta – di Pitti all’interno della splendida città toscana e protesa verso il mondo.

 

Certamente la reinterpretazione di Pitti che vi propongo non può essere esaustiva, ma vuole cercare di rappresentare uno scorcio del “Dietro le quinte” di una delle eccellenze del “Made in Italy”.

Partiamo dal “Made in Italy”

Di “Made in Italy” se ne parla ormai da decenni, riferendosi a: analisi aggregate e strutturali, e quindi discutendo di 3 F - che quale perimetro più limitato richiama le iniziali di «food, furniture, fashion» - o delle 4 o 5 A – con cui più ampiamente ci si rifà a «agroalimentare, abbigliamento (tessile-abbigliamento), arredamento, automotive, automazione (meccanica, impianti e macchine industriali)» (4 A accorpano, invece, automotive e automazione); imprese e brand iconici che svolgono un ruolo trainante (ovviamente non casualmente, ma per indubbi valori); dinamiche dei mercati di sbocco (export); impatto sul PIL e contributo alla bilancia dei pagamenti; offshoring e inshoring, e tanto altro! Non mi soffermo volutamente su questi punti ma…

 

…ho colto una sfida lanciata qualche tempo fa dall’amico e collega Michele Costabile; discutendo proprio della nostra Italia, senza lamenti e critiche, ma da cultori e studiosi dell’italianità (e dei brand italiani), estimatori del territorio e delle nostre radici, ci siamo detti: 

 

«Effettivamente di Made in Italy si parla tanto, ma forse…perché non tentare di esplorare l’essenza del nostro “Made in”?»

 

Arrivare a tale essenza comporta l’identificazione di elementi e risorse che determinano il successo delle nostre produzioni, dai manufatti ai servizi, a livello internazionale, ponendosi nella prospettiva della gestione di tali risorse per l’“italian way” nel marketing management, nel financial management, nella gestione delle operations e così via. Le risorse sono immerse in un contesto socio-culturale unico, e quindi country-specific, e si concretizzano e manifestano attraverso iniziative e attività articolate e innovative, di singole imprese o di interi ecosistemi imprenditoriali, a livello geografico, settoriale, tecnologico, organizzativo. Di fatto, tali risorse sono sovente accompagnate da comunalità nei processi e nei comportamenti imprenditoriali e manageriali che contraddistinguono il Made in Italy e, al contempo, divengono quegli elementi di distinzione tra le marche, quanto mai necessari per competere a livello internazionale (e non solo!).

 

La storia di Pitti affonda le sue radici nei sei elementi-chiave emersi da una ricerca (Costabile et al., 2020: 42) finalizzate ad una maggiore qualificazione e significazione del “Made in Italy”; su ciascun elemento è possibile identificare le fonti della distintività e quindi le risorse da valorizzare e rigenerare per mantenere e accrescere il potenziale distintivo per i Brand del Made in Italy.

 

Le brevi osservazioni evidenziate cercano di cogliere l’essenza di Pitti ...

Pitti Immagine (in breve…difficilissimo!)

Il 12 febbraio 1951, da Villa Torrigiani, casa di Giovanni Battista Giorgini, ha luogo la prima sfilata di moda italiana che designa con i suoi protagonisti (Sorelle Fontana, Jole Veneziani, Fabiani, Simonetta, Germana Marucelli, Pucci, Noberasco, Carosa, Schuberth e pochi altri) la “nascita della moda italiana” che da Parigi approda a Firenze. Un caso che ciò accada proprio a Firenze?

 

Nel 1957 diciassette indossatrici sfilarono nella Sala Bianca di Palazzo Pitti: tutte vestite di camicie di seta e pantaloni di colori e stampati diversi, sfilarono con i colori delle Contrade. Nel comunicato stampa Emilio Pucci spiegava: "Può sembrare strano che abbia scelto un tema così remoto per il mio lavoro che ha un sapore così moderno, ma io, artigiano fiorentino di oggi, mi sento molto vicino agli artigiani del Trecento e del Quattrocento ed è proprio l'elemento medievale del Palio, con la sua ricchezza di motivi geometrici e di colore, che mi ha affascinato". Un caso che Pitti si chiami proprio così?

 

Dal 1973 ad oggi Pitti Uomo, ma non solo, è in Fortezza da Basso, un'imponente struttura architettonica a forma di pentagono irregolare, eretta tra il 1534 e il 1535 e localizzata in centro, vicino alla Stazione di Santa Maria Novella. All’interno dell'ambiente storico della Fortezza, Pitti realizza, struttura e ristruttura i padiglioni - al cui interno si diramano le “sezioni” vecchie, nuove, up-dated perché sempre in linea con le tendenze e le evoluzioni di cultura, lifestyle, etc., - l’ambiente, fatto di cabine, segnali, passerelle e così via, nonché l’avveneristico ingresso pluri-premiato (e poi demolito!) con desk di registrazione, tornelli, servizio consegna e riconsegna badge… Un caso che Fortezza da Basso, a Firenze, divenga un segno distintivo delle manifestazioni del Made in Italy?

 

Al contempo, Pitti Immagine diviene un “ecosistema” estremamente complesso che si dipana, con l’inevitabile online - attraverso touchpoint o “serie” digitali differenti, a seconda degli interessi (Pitti Picks, Buyer Selects, News, Events, etc.), ma soprattutto all’interno di una città storica con spazi di proprietà (es. Stazione Leopolda), aperti (ma in occasione degli eventi “transennati”), preclusi, conosciuti, rinomati (Palazzo Dogana, Giardino di Boboli, Palazzo Corsini, Villa La Gamberaia, Piazzale Michelangelo, Piazzale Galleria degli Uffizi, Ponte Vecchio, Giardino Orticoltura, Sala Cinquecento in Palazzo Vecchio, etc. etc. etc.) sempre ricercati ed ovviamente allestiti per poter “reperire e fornire nuovi luoghi, spazi e visioni…” che,  anche al di fuori della stringente Fortezza, consentano alle persone di godere, interagire, esperire e vivere Firenze, la sua cultura, la sua arte e…la sua bellezza attraverso le diverse e numerose “esposizioni e manifestazioni”. Un caso che Pitti Immagine venga inteso come un insieme avanguardista immerso nell'arte, nella cultura e nel bello (di Firenze)?

Dietro le Quinte per Pitti Immagine

Il sito di Pitti Immagine (https://www.pittimmagine.com/it) ci aiuta a capire chi è e dove è arrivata oggi. Nomi descrittivi o evocativi conducono non solo verso ciò si esporrà (alias la categoria o la sub-category merceologica: Fashion e il Fantasctic Classic o Pets; Food con Taste; Fragrance, etc., e/o il segmento/mercato della singola manifestazione: Uomo, Bimbo…) ma indirizzano anche verso ciò che si potrà visitare, ascoltare, apprendere (EPSummit), gustare, vedere, annusare, provare/sentire in termini sensoriali, vivere, danzare…

 

Altrettanto interessante è osservare come la numerazione delle edizioni di ciascuna manifestazione ci descriva storia – Pitti Uomo è certamente il sub-brand più longevo ed a cui, in seguito ai risultati ottenuti e alle competenze acquisite, per “extension”, si sono accostati tutti gli altri - frequenza, strategie nonché percorsi di innovazione e di diversificazione che, in tempi diversi, hanno “manifestato” le scelte e le decisioni manageriali nei confronti del “need for uniqueness” sempre più richiesto dal mercato nazionale e internazionale.

Dietro le Quinte di Pitti Uomo

Di seguito una sintesi ed una reinterpretazione dell’intervista con Francesca Tacconi, attualmente Coordinatore Eventi Speciali (precedentemente Coordinatore Ufficio Stampa) all’interno della Direzione Comunicazione e Eventi speciali (Direttore Lapo Cianchi). Francesca è ormai un’amica (come spesso capita!) a seguito della sua partecipazione ad un corso executive di SDA che ho coordinato per diversi anni “Corporate & Marketing Communications”.

 

Sono molte le domande che vengono in mente ogniqualvolta si pensa a Pitti, ma per rimanere nel “behind the scenes” alcuni punti, molto operativi (!!), divengono centrali per l’iceberg di Pitti Uomo…e per provare a capire l’ecosistema di Pitti Immagine!

 

1) La scelta dei designer varia di anno in anno, utilizzando una source strategy che evidenzia il senso e la sensibilità estetica di chi proporrà o deciderà chi invitare! All’interno di una cartella - aggiornata e alimentata di continuo - denominata “the ones to watch”, risiedono: foto, articoli, award/prize internazionali relativi a designer, artisti, creativi ospiti (es. LVMH, ANDAM, CFDA, BFC ...); informazioni e rumors raccolti e codificati e provenienti da sfilate e manifestazioni internazionali; informazioni colte da giornalisti e buyers dal mondo. Di solito ciò porta ad uno “score” dal “the best” al second best o third best tra cui poter scegliere! La lista dipende dalla sensibilità personale e dalle competenze sviluppate nel tempo.

 

2) La flessibilità adattiva e la sottostante dotazione di empatia si estrinseca con una dotazione “operativa” quanto mai ampia e ricca: la “partita giocata” è sul campo! Elementi del gioco sono: la simpatia (nel senso etimologico del termine) che attrae, nutre e “si e ci autentica”; il tempo dedicato e richiesto da ogni designer, che può andare da un giorno, un mese, ad anni (“per Grace Wales Bonner ci siamo cercati per più di due anni!”); le relazioni con buyers e giornalisti che raggiungono una città che è ancora una meta ambita e prestigiosa; i rapporti con la città, con i fornitori, con i proprietari delle location; lo stesso equipaggio che rema nella stessa direzione con trasparenza, solidarietà, simpatia. “…siamo noi che lavoriamo come fossimo loro… non c'è Pitti e XY designer… siamo noi che li portiamo nel mondo e li raccontiamo nelle conferenze stampa con editors e buyers…siamo noi i loro pr e il loro commerciale!” E lo si fa ogni volta in modo diverso.

 

3) Il contenuto umanistico che con diverse gradazioni accompagna prodotti e relazioni commerciali. Una sfida importante è la richiesta al designer di un progetto, possibilmente site-specific, funzione del luogo scelto per lo spettacolo. Fondamentale è dunque che tre/quattro mesi prima dello show si svolga il location-scouting con Pitti; quest’ultima può essere programmata in anticipo ma anche “lasciata al caso fortuito, all'inciampo in un palazzo visto da fuori o un angolo di giardino nascosto dove magari ci si è fermati a riposare ...”. Far lavorare anche un’altra F del Made in Italy, il food. Infatti, “altrettanto fondamentale è programmare uno spuntino, una cena, un pranzo sotto la pergola, perché mette in moto non solo lo stomaco ma anche il cervello, scatenando le idee magiche che trasformano il noto in mai visto prima in quel modo ...”

 

4) La meticolosità e l’attenzione ai dettagli, che rispecchino il progetto avviato con il designer, accompagnate dalla capacità di creare decostruendo prodotti e prassi consolidate. E da qui una letterale cascata di esempi con designer e artisti (personalmente non li conosco tutti e non ricordavo di aver partecipato a tante di queste incredibili manifestazioni!) che erano, sono o sono divenuti icone del Fashion:

  • Telfar che ha fatto della Sala del trono di Palazzo Corsini un desco trimalcionico e luculliano, con tocco punk;
  • Raf Simons, per ben tre volte a Firenze (!), che ha sfilato all'anfiteatro di Boboli con una luce di tramonto che tagliava di sbieco le figure (“…evitando budget per le luci e usando il sole!”);
  • Glenn Martens che ha illuminato lo show nel chiostro di Santa Maria Novella con le pile, ancor prima della proposta di Gucci e di Alessandro Michele;
  • Haider Ackermann (evento per me indimenticabile, ma di cui ho seguito - casualmente e da passante curiosa - le installazioni) che ha trasformato il cortile di Palazzo Corsini in un salone delle feste, appendendo lampadari veri, pesanti e di cristallo a cavi tesati nel vuoto - la cui accensione consentiva il passaggio dal buio pesto dell’interno alla luce! - con un pianoforte a coda al centro del cortile, suonato da una pianista, e modelli che sfilavano tra poltrone, sedie e sofà disposti non linearmente;
  • Wales Bonner e Ib Mahama (noto artista ghanese) che hanno realizzato una installazione con sacchi di caffè e di cereali usati nel cortile del Verrocchio di Palazzo Medici Riccardi;
  • Thebe Magugu, giovane e talentuoso designer sudafricano (vincitore di LVMH Prize e che ha recentemente collaborato con Valentino) che è stato il menswear guest deigner di Pitti Uomo 100, nel giugno 2021, alla “riapertura” post-Covid.

 

La lista potrebbe continuare, arrivando a Martine Rose per l’anno in corso e per Pitti Uomo 103, ma mi fermo qui!

 

5) Ripetutamente durante l’intervista mi sono sentita dire che: “la vera e inequivocabile sfida è avere l’idea da mettere a terra solo per uno specifico designer. Solo per lui o lei!”. In ciò evidenziando il thinkering, inteso come approccio autenticamente sperimentale che, ispirato da una sorta di «pragmatismo incrementale», arriva ad anteporre il fare al progettare, consapevoli che dal primo derivano gli spunti migliori per pensare a come migliorare un progetto più ampio (Pitti Immagine!).

 

Concludo scomponendo una frase di Francesca, che racchiude tutto

La bellezza di questo lavoro…

è che si naviga in mari sempre nuovi - talvolta calmi, talvolta molto procellosi - ma si sa dov’è il porto e quando si deve approdare” (innovazione, tempi e risultati)

poter guardare la nostra città con occhi sempre nuovi o con occhi che ricordano (country-specific e la capacità di custodire, orgogliosi, un tesoro di risorse)

poter conoscere qualche persona che rimane nel cuore anche il giorno dopo e l'anno dopo e poi e poi e poi…” (relazioni, autenticità e empatia).

 

Ecco la nostra Italia: genio, savoir-faire, artigianalità…così pregnanti per Firenze e…per il Made in Italy...

 

Alla prossima puntata.

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