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Comunicare la sostenibilità (Seconda Parte)

Con questa seconda parte concludiamo la disamina interpretativa che ci eravamo ripromessi.

Con il pezzo precedente l’analisi si è focalizzata sul “cosa” si è comunicato/conversato online sulla sostenibilità all’interno dei 41.505.000 contenuti diversi e relativi a: discussioni emerse nel periodo preparatorio e postumo della COP26 e della COP27 su temi ambientali e di climate change, dall’1 ottobre 2021 al 7 aprile 2023; questa volta l’attenzione si rivolge al “come” e, più precisamente, l’intento è di verificare - attraverso la piattaforma impiegata per il listening di web e social media – se esista una possibile concentrazione mediale e/o di linguaggio tra i contenuti trasferiti su mezzi e canali social osservati.

 

Evidenze necessarie, considerando che i social media (Kaplan, Heinlein, 2010) sono “un gruppo” di applicazioni costruite sui principi ideologici e tecnologici del Web 2.0, che permettono la creazione e lo scambio di contenuti composti da immagini, testi, file audio, video o un mix di questi generati dall’utente  (blog, microblog come twitter, siti di social networking come facebook,, Youtube, instagram, whatsapp, ….) e rappresentano i mezzi “abilitanti” al social network (rete/network  di persone, quale struttura sociale unita da interessi di varia natura).

 

Pertanto, è facile comprendere come ciascun social media - oltre ad agevolare il social network tra persone interessate ai temi della sostenibilità - presenta audience, target, nonché codici, linguaggi, tone of voice e contenuti specifici che richiedono una continua armonizzazione ma non omologazione. Non consideriamo, poi - per quanto qui interessa - che esistono ulteriori differenze connesse a sistemi e rappresentazioni dei contenuti multimediali (composti, per l’appunto, da immagini, testi, file audio, video, etc.) o monomediali (sempre meno ricorrenti!).

L’obiettivo è stato dunque di verificare se esistano particolari “fette biscottate” (canali, media, social media, piattaforme) su cui “si spalma” ciò che metaforicamente abbiamo definito “sustainability’s-jam” e se quest’ultima (connessa alla totalità di dati linguistici, contenuti estratti attinenti alla sostenibilità) sia differentemente spalmata (utilizzo specifico di parole e testo per ciascun canale social), più di frequente, più raramente o in modo assolutamente simile inter-piattaforma.

Una breve premessa

Proprio la comunicazione della sostenibilità non può sfuggire alla rapida evoluzione e trasformazione digitale che si esplicita in nuovi canali, nuovi media, nuove forme espressive, nuovi linguaggi e stili comunicativi o tone of voice, in quanto modifica e sospinge il modo di rappresentare la realtà e dunque anche quello di esprimersi. Motivo per cui l’analisi si è concentrata proprio sui social media che hanno notevolmente trasformato l'uso della grammatica e del linguaggio della comunicazione, in generale, e la cui specificità viene colta per la comunicazione della sostenibilità.

 

Nonostante il crescente impiego e l’impatto dei media digitali e dei contenuti di sostenibilità al loro interno (vedasi pezzo precedente), è evidente come questi creino “un nuovo ambiente incorporando quelli precedenti” (McLuhan 1967: 9) e divenendo estensioni dell’uomo sia fisiche sia percettive. Di fatto, i costrutti percettivi ed emotivi che la comunicazione è in grado di attivare si realizzano perché i media e il loro contenuto - i messaggi) - “entrano dentro di noi” e si insinuano attraverso i sensori percettivi – occhi, orecchie, olfatto, gusto e tatto – per giungere alla testa e al cuore. Pertanto, osservare come il linguaggio viene impiegato nei social media consente di comprenderne/ipotizzarne l’elaborazione che compie il cervello “trasformando” il linguaggio scritto (nel nostro caso) in idee e concetti connessi a ciò che viene trasferito/scambiato online.

Prima evidenza: quali lingue sui social media nel comunicare la sostenibilità?

Negli ultimi anni, con lo sviluppo e la diffusione sempre più veloce dei social media e della comunicazione globale, anche la lingua italiana e, in generale, tutte le lingue hanno subito mutamenti. L’italiano potrebbe esprimere i diversi concetti con termini integralmente nella nostra lingua, ma in Internet ciò non è avvenuto perché usare anglicismi e/o trarne direttamente verbi è un modo più rapido, veloce e socializzante. Di fatto, sulle piattaforme interagiscono quotidianamente ampie comunità di persone che, anche solo attraverso lo “sharing”, favoriscono il mutamento della lingua, organismo sempre vivo!

 

Oltre a sigle, abbreviazioni ed emoji, la terminologia inglese occupa una posizione rilevante in rete. Per la maggior parte dei social network – di origini inglesi o statunitensi - la terminologia utilizzata è necessariamente anglofona. In Italia alcune parole inglesi sono ormai di utilizzo quotidiano: googlare (verbo to google!), download, taggare, linkare, postare, chattare, twittare, instagrammare, e tante altre; ciò rende la “lingua liquida”, nonché formata da abbreviazioni, acronimi come like, post, stories. Parole, quindi, nuove, introdotte e utilizzate soprattutto (ma non solo!) dai giovani, proprio perché la “lingua dei social” ha tangenze con la cosiddetta “lingua dei giovani”, ma anche di chi vuole sentirsi giovane!

 

Non sarà quindi un caso che tra le lingue maggiormente impiegate per comunicare la sostenibilità si riscontra l’inglese; l’italiano rispetto al totale dei contenuti è in sesta posizione!

Seconda evidenza: quali social media per il social networking sulla sostenibilità?

Una domanda a cui abbiamo cercato di rispondere è stata: “nella comunicazione della sostenibilità sui social media, esistono mezzi che abilitano il social network di specifici target?”

 

Una possibile risposta è ottenibile osservando, da un lato, la tendenza demografica degli utenti delle piattaforme social (dati Datareportal/GWI) e, dall’altro, se esistano fasce d’età degli utenti social per cui è prioritaria la sostenibilità ambientale o i temi connessi alla sostenibilità in generale. La proxy impiegata, con l’ausilio dei dati GWI, è stata quella relativa alla valutazione (positiva) nei confronti di brand “sostenibili” (Global Web Index), in quanto potenziale indicatore della “predisposizione positiva” degli user a ascoltare e, ancor più, “conversare” su tali argomenti.

 

In linea con le numerose analisi esistenti sui social media, si evidenzia come Twitter e Facebook raggiungano principalmente la fascia d’età 25-40, mentre Tik Tok e Instagram siano i social con una maggiore concentrazione di utilizzo da parte dei più giovani (meno di 25 anni).

 

La fascia d’età che, nella valutazione delle marche, considera prioritaria la sostenibilità e, conseguentemente, evidenzia una “predisposizione positiva” a tale argomento va dai ventisettenni ai quarantenni (coorte 27-40 anni).

 

Quindi, mentre Twitter e Facebook risultano i social più adatti e più affini a“parlare” e “comunicare” la sostenibilità alle fasce d’età più ricettive e sensibili ai temi ambientali, molto, auspicabilmente, si potrebbe sviluppare per raggiungere i target più giovani, al momento meno coinvolti dalla sostenibilità, sfruttando la distribuzione dei contenuti su Tik Tok e Instagram (social maggiormente impiegati dai giovani).

Terza e Quarta (ed ultima) evidenze: quali i termini maggiormente impiegati dai social media per la comunicazione della sostenibilità? esistono termini di impiego esclusivo di uno specifico social media per la comunicazione della sostenibilità?

In linea con quanto precedentemente evidenziato, una domanda a cui abbiamo cercato di rispondere è stata: “ma nella comunicazione della sostenibilità sui social media, esiste convergenza, concentrazione di termini/contenuti?” 

 

Per blog, forum e news in cui, per natura stessa dei mezzi, è maggiore il ricorso ai testi scritti, la densità dei termini è certamente significativa, soprattutto se confrontata con Facebook, Instagram e Twitter.

 

Per le tre tipologie di social media fruite da un’audience più adulta - blog, forum e news - è possibile evidenziare quanto segue.

 

Nel caso dei blog, si osserva come, al di là della COP26 - che assume un ruolo centrale e rilevante tra i diversi contenuti - i termini sono tanti (quasi troppi ed eccessivi), diversi e, per certi versi, generici, con basse ricorrenze; l’impiego dei blog , ormai diffuso quale mezzo-proprietario da numerose aziende/istituzioni (per prodotti, marche, eventi, etc.) potrebbe giustificare la moltitudine di riferimenti e termini. Similmente ai blog, per le news, oltre alla numerosità dei contenuti, rilievo sembra assumere il tempo differentemente scandito: passato (2021 e 2022), presente (cop26) e futuro, ovvero attraverso termini come year, time, future. Altre parole, sebbene solite e generiche come global e climate, accompagnano la dimensione temporale. Per ciò che riguarda i forum, l’idea della “discussione” o del poter “chattare” più o meno liberamente al loro interno, sembra premiare sia l’incisività e la ricorrenza dei temi discussi (energy, cop26, climate) ma, soprattutto, appare l’unico mezzo su cui si faccia esplicito impiego del termine “greenwashing” che assume la medesima rilevanza dei contenuti relativi e connessi a gas, ambiente e potere.

 

Per ciò che riguarda Facebook, Instagram, Twitter e TikTok si evince che per quest’ultimo, più giovane sotto tutti i punti di vista - fondazione e sviluppo, età degli user, nonché periodo di analisi (dal 2027 e non a partire dall’anno precedente, come per tutti gli altri social media) – appare limitato e scarsamente incisivo il numero dei termini (gli unici che sembrano assumere un qualche rilievo sono soprattutto Cop27 e clima). Similmente, il numero e la loro scarsa ricorrenza dei contenuti (fatta eccezione per energia, termine più volte ripetuto secondo angolature diverse) riguardanti la sostenibilità in Facebook non sembrerebbe assumere particolare rilievo o incentivare e “riscaldare” la discorsività online tra gli user.

 

Diversamente, Twitter e Instagram accolgono un maggiore numero di contenuti rilevanti. Nel caso di Twitter, il clima e gli argomenti della Cop26: cambiamento, energia, gas e globale campeggiano all’interno della world cloud; per ciò che inerisce a Instagram, le maggiori rilevanza e diffusione degli argomenti ambientali sono connessi a: clima, solare, energia, ambiente, acqua, e viene declinata anche la dimensione tempo che dal 2022, anno centrale e di estrema importanza, si dipana con: day, today, time e year.

 

E, infine, volevamo concludere questa analisi capendo se esistessero dei termini esclusivi, ossia termini e contenuti che potessero per tecnicismo, giovanilismo (!), casual/scarso formalismo, scientificità e così via esprimere linguaggi specifici per ciascun social media.

 

Le specificità connesse ai temi/argomenti maggiormente presenti evidenziano che:

  • nei forum viene utilizzato un linguaggio tecnico/pratico (da tecnici che ne sanno perché l’anno provato!) che parla di tecnologie e soluzioni (nuclear, hydroge, decarbonization, renewables)  e su questi argomenti nella discussione si può essere anche critici (greenwashing);
  • su Twitter sembrerebbe prevalere, anche per la sostenibilità un linguaggio più “politico” (sanciones, fight, strike)
  • nelle news il linguaggio è più istituzionale, aziendale e da corporate (announced, projects, plans, efforts, CEO, director...);
  • su Instagram il linguaggio giocoso, scansonato e “connettivo” si evidenzia con l’uso di parole che incitano verso l’impiego ancora più sociale di altri media anche per i temi della sostenibilità (connect, forum, whatsapp, visit, game, etc…).

In conclusione, la comunicazione sulla sostenibilità viene “spalmata” sulle diverse “fette biscottate” (canali, media, social media, piattaforme), la cui relativa “spalmabilità” può essere agevolata attraverso linguaggi, contenuti e termini che perdendo la loro genericità, divengano oggetto di strategie di comunicazione sempre più integrate e inter-piattaforma. Niente di nuovo sotto il sole:-)

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