
- Data inizio
- Durata
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- Lingua
- 5 mag 2025
- 6 giorni
- Class
- Italiano
Progettare strategie di marketing efficaci integrando l'approccio tradizionale e quello digital per valorizzare e personalizzare l'esperienza del cliente.
Soffermarsi ad analizzare la comunicazione della sostenibilità è un po’ come aprire il vaso di Pandora (!); monitorare come persone, aziende e brand si “scambiano quotidianamente” informazioni e comunicazioni e/o conversino tra loro è certamente una sfida!
Siccome le sfide ci piacciono, di fronte ad un caffè con Gianandrea Facchini e Dario Agosta di Buzztech – miei co-autori di questo pezzo e del prossimo - abbiamo deciso di provare a guardare, osservare e interpretare cosa (contenuti), quando (non sempre, ma in un periodo limitato di circa un anno e mezzo) e come (il contesto, i mezzi e il linguaggio adottato) si presenti e venga diffusa la comunicazione della sostenibilità.
Dando per scontata l’attuale tendenza connessa alla dominanza del “tema sostenibilità” e/o la crescente attenzione nei confronti della sostenibilità per consumatori – giovani (GenZ, etc.) e adulti (consapevoli!) - dipendenti e investitori, e più in generale gli stakeholder, sempre più orientati verso prodotti, servizi, brand e aziende che mostrino e perseverino in scelte sostenibili, l’intento è di verificare come e se la comunicazione sulla sostenibilità sarebbe mutata cercando di influenzare percezioni, preferenze, attitudini e comportamenti dei consumatori.
Di fatto, se inizialmente l’impatto ambientale e sociale o l’impegno etico delle imprese influivano relativamente poco sulle scelte di un numero limitato di consumatori, ad oggi proprio la comunicazione in tali ambiti sembrerebbe svolgere un ruolo cruciale sia per la formazione di percezioni (d’impresa e di marca) - che riconoscano eticità all’agire e che conferiscano al contempo legittimità sociale - sia nell’alimentare una generalizzata e maggiore sensibilità delle “persone” al tema, nonché “attitudini sostenibili” o “più sostenibili” che sfociano in una crescente preferenza e disponibilità ad acquistare, ascoltare, conversare ed interagire … sulla e per la sostenibilità.
Altrettanto importante è però rilevare che di sovente la profusione di affermazioni scontate, e spesso omologate/omologanti (per non dire identiche e scarsamente differenzianti!), riguardanti la sostenibilità - fondate o meno – oltre a creare difficoltà in coloro che tentino di distinguere tra aziende, brand o prodotti veramente virtuosi, possono anche incidere negativamente sulla reputazione di marca o d’impresa, in considerazione dell’ipotetico vantaggio opportunistico ottenibile per le attuali tendenze dello sviluppo sostenibile (e attribuibili solo alla “retorica”!). Motivo per cui anche in termini di comunicazione sostenibile, si sono ampiamente diffusi approcci denominati greenwashing e/o woke washing - più popolari, tra gli altri - divenuti sinonimi di una comunicazione ingannevole non solo per le azioni e le iniziative comunicative ma soprattutto avendo come riferimento le strategie aziendali di branding e reputazionali.
Pertanto, oltre a termini, denominazioni, metafore e colori che ormai comunicano, imprimendo slancio alla tanto acclamata trasformazione e accompagnando l’Economia (!):
e a cui si affiancano:
nel seguito si è cercato di analizzare e interpretare - per un periodo di circa un anno e mezzo – a) se e come si potesse ravvisare una tendenza comune nella comunicazione sulla sostenibilità, b) se esistessero e quali fossero delle chiavi-comunicative maggiormente impiegate a fronte di obiettivi di sostenibilità e, infine, c) se alcune delle chiavi adottate fossero condivise dai differenti SDG o esclusive per alcuni specifici obiettivi di sostenibilità perseguiti/adottati dalle imprese.
Dall’1 ottobre 2021 al 7 aprile 2023, attraverso la piattaforma proprietaria di web e social media listening, sono stati raccolti e analizzati 41.505.000 contenuti relativi a: discussioni emerse nel periodo preparatorio e postumo della COP26 (svoltasi a Glasgow dal 31 ottobre al 12 novembre 2021) e della COP27 (a Sharm el-Sheikh dal 6 al 10 novembre 2022) su temi ambientali e di climate change, in tutte le lingue - benché l’inglese sia la lingua dominante (oltre il 50% dei contenuti) - e provenienti da numerose fonti di analisi: social e digital quali Facebook, Instagram, Twitter, TikTok, Forum, News e Blog tematici e generalisti.
In generale, il trend dei contenuti sulla sostenibilità, nel periodo analizzato, evidenzia dei picchi di comunicazione e conversazionali ”naturalmente” collegati ai due eventi chiave delle COP (COP, acronimo di Conference of Parties, è la riunione annuale dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici - United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC – e la Convenzione è un trattato ambientale internazionale firmato durante il “Summit della Terra” di Rio de Janeiro nel 1992). Ma tali contenuti non si sono limitati al periodo di svolgimento delle COP, divenendo centrali nel dibattito politico e sociale, con una ripresa sostenuta dall’inizio della invasione dell’Ucraina. Quest’ultimo evento è stato visto come il momento di maggior conflitto dialettico tra i sostenitori dell’energia a qualunque costo, per evitare blackout e chiusure, e i sostenitori del momento perfetto per cambiare il sistema energetico globale. Inoltre, sebbene i contenuti analizzati e recensiti relativi alla COP27 fossero visibilmente minori rispetto a quelli della COP26 (solo il 20% dei contenuti della Conferenza di Sharm el-Sheikh vs. quella di Glasgow) è risultata maggiore la presenza di tematiche collegate a SDG/ESG, palesando crescenti consapevolezza e conoscenza di obiettivi, sub-obiettivi, target e criteri di valutazione della sostenibilità, certamente dovuti a maggiori impellenza e rilevanza complessive.
Passando poi alle chiavi-comunicative maggiormente impiegate a fronte degli obiettivi di sostenibilità/SDG, attraverso delle analisi semantiche si è evidenziato come alcune parole si presentassero con un elevato numero di occorrenze, a fronte di qualsiasi interrogazione al database, consentendo una visualizzazione quantitativa (spiegando quante volte ricorra un determinato termine scambiato e/o comunicato in merito ad uno degli specifici SDG) e qualitativa (ossia illustrando le correlazioni esistenti tra i singoli termini maggiormente comunicati e alcuni tra i principali suddetti obiettivi).
Una prima evidenza significativa è stata di natura semantica: ovunque si utilizzano le medesime parole; gli stessi termini vengono ripetuti quasi fossero un mantra, creando un incessante rumore di fondo. Ad evidenza, attraverso la world cloud relativa a tredici dei diciassette SDG si nota come le comunicazioni (e le conversazioni) abbiano puntato su contenuti che, ad esempio, quando volti a “ridurre le diseguaglianze” si riferissero a persone (people) di tutto il mondo (a livello globale) orientate al futuro (future) così come per “sconfiggere la povertà” le persone (people), per il cambiamento globale climatico ed energetico (global, climate change, energy) avessero la necessità di guardare fiduciose al futuro (future)!
In particolare, sulla base dei dati disponibili da web e social network sono stati analizzati per ciascun obiettivo/SDG i 200 termini col maggior numero di occorrenze; l’analisi ha mostrato come sussistesse tra goal differenti (e quindi temi differenti) una sostanziale sovrapposizione dei termini utilizzati — di 2600 termini complessivi, si sono “contati” solo 438 elementi unici e solamente 101 possono annoverarsi quali termini “esclusivi” per gli specifici temi.
Ciò evidenzierebbe un linguaggio di comunicazione sostenibile omologato e indifferenziato, apparendo quindi largamente standardizzato e scarsamente distintivo.
Inoltre, collegato al punto precedente, è risultato utile osservare se e quali fossero le chiavi di comunicazione condivise tra gli SDG e quali, invece, fossero esclusive per alcuni degli specifici obiettivi di sostenibilità. Il diagramma mostra le connessioni tra i temi e i relativi termini più usati, evidenziando come tali connessioni siano quasi integralmente raccolte al centro della rete, confondendosi in un cluster unico, in cui la trattazione di tutti i temi utilizza gli stessi termini, mentre sono pochi gli ‘outliers’, connessi e caratterizzanti specifici temi, che si trovano alla periferia del diagramma stesso.
Osservando poi i termini più ricorrenti e impiegati più frequentemente per comunicare l’impegno rispetto ai tredici SDG, non desta meraviglia che i primi due siano energia e clima, cui si affianca work (lavoro). Incuriositi proprio da tale parola, dopo una ulteriore analisi su tale chiave di conversazione abbiamo potuto verificare come la rilevanza di work sveli, al contempo, una opportunità ed un timore. L’opportunità è connessa al crescere delle “professioni green”, all’interno di un mercato certamente in evoluzione e trasformazione sebbene soggetto al ruolo futuro dell’indirizzo energetico attribuito dal singolo paese o dall’area economica di riferimento; il timore è invece relativo alla “riconversione” dei lavoratori per età, competenze, ruoli, tecnologie emergenti e/o sostitutive.
Partire sinteticamente da quanto evidenziato aiuta ad abbandonare l’immaginario comune che considera la sostenibilità un principio filosofico, non cadendo nel “sustainability’s-jam” e gestendo le comunicazioni sulla sostenibilità d’impresa, di marca o di prodotto in termini distintivi e di valore.