Branded World

Branding per Start-up e Young/New Brand: Unobravo (seconda puntata)

Proseguiamo con ulteriori riflessioni su start-up e new brand, rafforzando quanto evidenziato in precedenza con il pezzo di Branded World dedicato a MoMo e…osservando oggi, con me, Unobravo! Come sempre: mettetevi comodi:-)

 

L’intento non è analizzare le diverse fasi - più o meno convenzionali di un framework - che intendono incasellare lo sviluppo delle start-up in modo bucolico/metaforico, attraverso la “biologia” – in cui la natura è grande maestra! - che da semina conduce a fioritura, raccolta, potatura, etc…, o suddividendo il ciclo di vita in vari modi - con tempistiche, modalità, salti…molto variabili ed estremamente differenti: 1) le tre fasi: fase iniziale, fase di crescita e fase avanzata; b) le cinque fasi: pre-seed, seed, fase inziale, fase avanzata, fase di uscita; c) le sette/otto fasi e sotto-fasi; ecc. applicando le modalità di raccolta dei finanziamenti da mercati aperti, mercati captive o mercati assistiti.

 

Ed anche qui...gli ampi ambiti di riferimento, le "naturali" o complesse denominazioni, le convenzionali fasi in cui incastonare la grande diversità dianzi sinteticamente evidenzia, fa riflettere sul fatto che,  forse

...un po’ di branding aiuterebbe per chiarire significati, strategie, strumenti, applicazioni...

Dalla teoria…alla pratica

Fondamentale partire dall’imprenditrice e dall’idea imprenditoriale

Riferendoci ai “new” brand, occorre precisare che man mano che essi “crescono o si sviluppano” l’approccio al marketing e al branding cambia in modo significativo. Non è un caso che riferendosi proprio ai nuovi brand e alle strategie di go-to-market (DTC, E-commerce, omnichannel, etc.) se ne “tracci” un percorso di sviluppo riflettendo, ad esempio, sulle modalità di impiego delle nuove tecnologie digitali per canalizzazione, raggiungimento, impression, conversione, acquisizione, affiliazione e ad-vocazione (!) del mercato/consumatore. Esiste, quindi, una innata necessità di sviluppare le attività di branding e di marketing man mano che tali new-brand avanzano, partendo dal brand e pianificando/organizzando la migliore strategia di crescita, soprattutto, non dovendosi costringere a considerare le “particolari” e complesse best practice (architecture, estensione, brand portfolio, rivitalizzazione, etc.) delle grandi multinazionali (Merrilees, 2007). Inoltre, a ciò si deve necessariamente aggiungere la centralità assunta dal “mercato”. Quest’ultimo va definito sia in termine di target: a) da cui o attraverso cui ottenere le risorse (incubator, accelerator, società di venture capital o private equity) con approcci di natura BtoB, b) ma soprattutto BtoC, in quanto necessari a capire e spiegare la ragion d’essere del nuovo brand e della stessa start-up.

 

Purtroppo, le limitate risorse di cui dispone la start-up (in termini di capitale, know-how e tempo) indirizza verso questioni finanziarie e/o produttive/erogative benché fondamentali risultino proprio branding, marketing e comunicazione nell’avviare il nuovo. Infatti, al momento della sua creazione non esistono identità, immagine, reputazione e, tanto meno, una organizzazione ben definita che possa garantire l’acquisizione dei clienti e, conseguentemente, la sopravvivenza dell’azienda stessa.

 

Alcuni autori (Bresciani, Eppler, 2010) – a seguito di una ricerca qualitativa realizzata su un campione di aziende (grandi, in termini di numero di dipendenti) di nuova costituzione e di successo, residenti in Svizzera – hanno confermato e arricchito alcune evidenze provenienti da studi precedenti in merito al processo di branding per creazione e sviluppo delle start-up. La rilevanza di tale argomento è ravvisabile nelle parole del fondatore di una startup – tra quelle facenti parte del campione intervistato dagli autori – che in modo molto pragmatico ha evidenziato come “…è importante pensare a brand e branding … fin dall'inizio, altrimenti bisogna farlo, rifarlo e rifarlo ancora, ancora…più volte dopo”, con il conseguente dispendio di energie e costi, nonché vanificando le attività volte a immagine, reputazione, acquisizione e fidelizzazione della clientela. Certo, ancora una volta, è ciò che "costa" piuttosto che ciò che serve! Però ...

 

La "partenza" di Unobravo: al di là del costo!

Danila De Stefano, napoletana, classe 1992, laurea in Psicologia Clinica presso l’Università La Sapienza, partenza per Londra. Nella grande metropoli lavora (un anno come research assistant presso la Goldsmiths University e come “operatrice” in diverse cliniche psichiatriche e charities) e sentendo il bisogno di un “supporto terapeutico” ricerca un professionista italiano che possa aiutarla. Lunghe liste d’attesa, prezzi proibitivi…la ricerca è pressoché impossibile!

 

…ecco la lampadina che si accende! “Il mercato degli expat, come lei, è molto ampio, così come il bisogno di un aiuto terapeutico in lingua italiana E poi…proprio in Italia c’è un consistente numero di psicologi e professionisti che avrebbero potuto offrire il loro contributo.”

 

L’ idea imprenditoriale. “…perché non connettere, attraverso la tecnologia, utente, paziente, cliente e psicologo?” Provare per credere! Danila ci prova, si fa avanti, sperimenta e inizia a fornire il supporto psicologico da remoto, indirizzandosi ad altri connazionali-expat, autopromuovendosi su alcuni gruppi Facebook.

 

La value proposition “embrionale”…perché con questa idea si può lavorare nel mondo! Sul mercato-consumer le richieste arrivano. L’agenda si infittisce di appuntamenti…tanti, troppi… difficile accettarne altri. Il network. Ma colleghi psicologi ne conosce e ne apprezza la professionalità, quindi…inizia a proporre pazienti a colleghi e viceversa. Il collegamento doveva “risiedere” all’interno di un sito dedicato al servizio. Il primo sito, molto semplice (ed efficace), viene creato in autonomia con le poche risorse a disposizione e un capitale iniziale di appena 5.000 euro.

 

 

Unobravo: un brand giovane “solo” per i giovani?

La rilevanza del brand

Nel 2019, soprattutto negli Stati Uniti, esistevano già servizi di psicoterapia online,  sospinti dagli oltre dieci anni il successo di Skype; in Europa e in Italia, invece, la cosiddetta telemedicina si presentava come “generalista”, e trovava la sua concretezza in directories, siti, library in cui si presentava ai pazienti una lista di professionisti – con diverse discipline e specializzazioni – che a seguito di un contatto in rete, fissavano la visista che, in seguito, sarebbe stata svolta in studio. Il biennio 2019-2020, fu decisivo per l’Italia; infatti, nonostante la psicologia online fosse ancora poco conosciuta e utilizzata, l’esigenza sperimentare il digitale in modi nuovi - di sovente “abbuffandoci”- in periodi di grandi costrizioni e crescente ricerca di connessioni online, da un lato, e l’emergenza sanitaria di quel periodo con la conseguente necessità di supporto o aiuto “terapeutico”, dall’altro, ha permesso di ridurre le barriere, vincendo lo scetticismo nei confronti della terapia online.

 

Vision. Nell’estate 2019, con il sostegno di colleghe - oggi all’interno dell’azienda come Clinical HR Manager, Clinical Director e COO - il servizio “amatoriale e di supporto” assume la forma di una vera e propria azienda in fase di startup, partendo da un piccolo capitale. Sin dalla sua fondazione, Unobravo intende abbattere lo stigma, ancora persistente, attorno alla salute mentale e far rientrare nella “normalità” il prendersi cura del proprio benessere psicologico per la crescita personale.

 

Mission. Il servizio di supporto psicologico doveva essere interamente da remoto, erogando sedute di terapia sia individuali, che di coppia; Unobravo doveva essere il “garante”, con il suo brand, della selezione di ciascun terapeuta che entrava a far parte del Team Clinico, oggi composto da 6.000 professionisti. I criteri adottati per il processo di recruiting, condotto direttamente da psicologhe, concernevano sia le reali competenze di ciascun professionista in termini terapeutici sia l’affinità con il servizio online che la start-up intendeva realizzare.

 

Posizionamento. Raggiungere e supportare un ampio numero di pazienti con un servizio affidabile, competente, nel rispetto della privacy, empatico, personale, nonché accessibile economicamente e geograficamente.

 

Questi divengono gli obiettivi perseguiti da Unobravo e conseguiti anche con il contributo - oggi - di oltre 250 persone, tra dipendenti e collaboratori, presenti in azienda.

Creazione del brand Unobravo: la scelta degli elementi identitari

Il primo passo visibile nella creazione del nuovo brand è la scelta del nome, che “se scelto con cura può apportare valore intrinseco e immediato alla marca” (Koholi e Labahn, 1997: 67), non descrivendolo ma connotandolo. La ricerca di un professionista (di uno psicologo…on line, poi!) è un processo estremamente complesso e, di norma, ci si affida al consiglio di amici e conoscenti, al passaparola, benché ciò non assicuri che la specifica problematica da affrontare sia l’ambito professionale del terapeuta consigliato. La tipica frase che sempre fa seguito alla richiesta che si porge agli altri è: “…mi raccomando, uno bravo!”

 

Infatti, il nome del brand è nato in maniera spontanea e casuale: mentre Danila creava il sito e ne curava il design - continuando a fare giochi di parole, prendendo appunti, pensando al processo seguito da lei e dai suoi pazienti, chiedendo pareri su ciò a cui stava lavorando - un pomeriggio, in maniera spontanea, le è venuto in mente “Unobravo”. Un brand che fa sorridere, fa riconoscere, butta giù le barriere connesse alla perenne seriosità che si associa alla figura dello psicologo e, più in generale, al concetto di salute mentale. Nonostante il timore che potesse essere mis-interpretato soprattutto dai colleghi psicologi, più propensi verso nomi più istituzionali…è stato un successo. Numerosi pazienti raccontano di aver scelto il servizio proprio per quel nome in cui si riconoscevano! Nelle linee guida sul branding (Kapferer, 2004) avverte che un nome descrittivo è difficilmente tutelabile se non addirittura pericoloso! Perché, considerando l'obiettivo finale di un brand: distinguere e distinguersi, non basta il “solo” descriverlo!

 

Il lettering: carattere minuscolo, font dalle forme semplici, tondeggianti – e pertanto rassicuranti e avvolgenti! - il colore: prevalenza dell’arancione, da vedersi online, per rafforzare i significati che porta con sé di: amicizia, fratellanza, comunità e…risparmio!

 

Il logo, stilizzato, mette in collegamento profondo le persone…anzi gli omini che lo animano!

Brand building e brand management per Unobravo

Il mix delle attività dedicate al brand management di Unobravo è piuttosto ampio, andando ben oltre la "semplice" costruzione di marca o la volontà di accrescere il "ricordo" attraverso l’online. Del resto, da quanto illustrato dal 2020 al 2023 evidenzia una chiarezza d'intenti, di target, di iniziative, 

capacità e competenze ben radicate all'interno di un'azienda di oltre 250 persone!

 

La brand value proposition - formata da: servizio, comunicazione e partnership - richiede un’acuta e una profonda conoscenza dei mercati di sbocco – nazionali ed esteri - e dei segmenti cui Unobravo si rivolge, approdando in una strategia di marca “multi-terapeutica” e sempre focalizzata sul benessere e la salute mentale dei suoi pazienti-clienti-persone!

 

Brand value proposition: dal mercato al servizio

I pazienti. Difficile che lo specifico fabbisogno teraupetico possa essere “soddisfato” da un unico professionista. Associare pazienti e terapeuti è ciò che Unobravo svolge in ogni momento di avvicinamento alla richiesta del mercato. Basandosi su valutazioni di natura analogica e umanistica, grazie a un questionario e a un colloquio conoscitivo gratuito, vengono “incrociate” le necessità e le problematiche del paziente con le competenze dei 5000 terapeuti. Se il paziente decide di iniziare il percorso – da solo o in coppia – affronta un investimento tra i 49 euro per le sedute individuali o 59 per quelle di coppia.

Il mercato btob. Unobravo ha deciso di rivolgersi alle aziende, offrendo la possibilità di acquistare sedute di terapia psicologica one-to-one per i dipendenti e i loro familiari e, andando oltre la “sfera privata e individuale”, di impiegare diverse metodologie cliniche quali focus group, webinar e workshop per nuovi servizi disegnati sulle esigenze e richieste espresse delle organizzazioni e sinergici alle attività di queste ultime. Ad oggi oltre 100 aziende hanno scelto Unobravo per promuovere una cultura condivisa del benessere all’interno del workplace, ma anche impiegando alcune tra le 20 piattaforme, in cui Unobravo è accreditato, volte all’erogazione di flexible benefit, iniziative e servizi.

I professionisti: Unobravo collabora con psicologi iscritti all'Albo, altamente qualificati e specializzati in oltre 15 approcci terapeutici differenti: sistemico-relazionale, cognitivo-comportamentale, psicodinamico, gestaltico, integrato e molti altri.

 

Solo due numeri (o KPI!) a dimostrazione di quanto i pazienti "si leghino" a Unobravo: oltre 200.000 nel mondo e più di 2.5 milioni di sessioni/sedute effettuate!

 

Brand value proposition: la comunicazione

Trattare e parlare di psicologia e di temi connessi al benessere psicologico non è un’attività semplice! Ma per chi opera in questo ambito – come Unobravo - le soft-skill sono fondamentali: empatia, affidabilità e competenza, affrontando però ogni argomento con leggerezza e grande attenzione.

La strategia di comunicazione. La comunicazione deve poter parlare con tutti; dai più giovani – avvezzi all’impiego dell’online per le molteplici necessità - a chi ancora non ha mai provato il supporto online, muovendosi lungo due traiettorie: a) l’uso di un’ironia garbata e di una leggerezza che non è mai superficialità, per vincere la ritrosia e il timore che talvolta accompagna l’inizio di un percorso alla scoperta di sé; b) la necessità di trasmettere l’autorevolezza che deriva dalla cura posta nella pratica clinica e dall’efficacia scientifica del metodo.

 

Angela Sansone – da maggio 2023 Head of Marketing di Unobravo - durante l’intervista a lei rivolta, ha espresso in modo chiaro come alla comunicazione sia delegato l’importante compito di coinvolgere i diversi target: sviluppando un percorso più o meno lungo, “accogliendoli”. Pertanto, "partire dal farsi conoscere (brand awareness, con recall e recognition),  acquisire brand relevance - entrando nel set evocato (brand consideration) in un mercato totalmente nuovo (per alcuni di loro) - raggiungere a livello razionale ed emotivo un (brand) judgment e un feeling che “rompa i tabù” e “normalizzi” emozioni, pensieri e situazioni emotive, intime o personali, sovente sconvenienti o difficili da riconoscere…online, poi!!!"

 

Unobravo si è avvalsa di tutti i canali di comunicazione: dalla televisione, per raggiungere un pubblico ampio, ai canali digitali con ampia distribuzione. Anche l’utilizzo del media-influencer -  con personaggi noti e autorevoli nel proprio ambito (es. Aurora Ramazzotti, il campione olimpico Gianmarco Tamberi, Belen…) - ha aiutato a spiegare i vantaggi della terapia online, partendo proprio dal racconto delle fragilità di ciscun influencer; i membri/follower delle community di ciscuno di loro si sono sentiti finalmente rappresentati e incoraggiati ad iniziare un percorso di supporto psicologico.

Campagna integrata “Pensati giusto” nata per normalizzare i “pensieri ambivalenti” –  ricorrenti e scoperti attraverso una ricerca condotta da Unobravo - che arrecano disagio, inadeguatezza, con la conseguente difficoltà di ammissione (es. vebatim di... "Amo i miei figli, ma se tornassi indietro non li fare"). Le affissioni OOH e le attività di engagement sul territorio (brand activation) hanno ottenuto interessanti risultati (+200M reach on/offline e la copertura di numerose testate nazionali)

Difficile non citare anche la partnership con Tinder – piattaforma rivolta ad un pubblico sempre più ampio e senza età! - con cui si è inteso “normalizzare il dating”, fornendo consigli per gestire situazioni emotive con una accresciuta e “necessaria” consapevolezza.

 

 

Bibliografia essenziale

Bresciani S., Eppler M. J. (2010) “Brand new ventures? Insights on Start-up’s Branding Practices”, The Journal of Product and Brand Management, Vol. 19, No. 5; pp. 356-366

Krake, F.B.G.J.M. (2005) “Successful brand management in SMEs: a new theory and practical hints”, The Journal of Product and Brand Management, Vol. 14 No. 4/5, pp. 228-238

Merrilees, B. (2007) “A theory of brand-led SME new venture development”, Qualitative Market Research: An International Journal, Vol. 10 No. 4, pp.403-415

 

Avevo proprio bisogno di un po' più di spazio e del vostro tempo perché...

 

...quanto branding per le strat-up...

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