Branded World

Brand, convergenza e intelligenza artificiale

Sulla scia del pezzo della settimana scorsa, partirei con una osservazione: è scontato che brand e convergenza convivano e si sviluppino all’unisono. Utilizzando, ahinoi, termini prevalentemente inglesi, così come accade sempre più di frequente.

Semplicemente Brand

I brand – di cui tutti parlano - sono stati e saranno una componente fondamentale per il successo di qualsiasi business: nei pitch necessari alla presentazione delle start-up, oltre al business plan, è il brand il core-content; nelle strategie di growth (verso nuovi mercati, nuove categorie, nuovi segmenti di domanda) è sempre il brand il driver principale su cui far leva; nella definizione di obiettivi specifici e touchpoint variegati delle customer-journey o nei numerosi esperiencial-mode è necessario che essi “ruotino” attorno al brand.

 

Amazon, Apple, Google – giusto per citare alcune tra le società best-in-class e con posizioni di valore (secondo Brand Finance, BrandZ e Interbrand) tra le più elevate al mondo - sono identificati come brand forti e con elevata reputation (ottenuta in periodi più o meno brevi).

 

Il brand diviene oggetto di discussione non più e solo all’interno della funzione marketing, ma anche per le direzioni finanza (brand value e non più solo goodwill), per gli amministratori delegati (corporate brand, reputation, brand-share-of-mind etc), per l’HR (employer branding) e così via.

 

Del resto, tra costruire, implementare e organizzarsi per gestire un brand versus la possibilità di gestire una “semplice” commodity, la preferenza verso la prima potremmo dire che è scontata, soprattutto non volendo incorrere in inutili guerre di prezzo tra competitor.

Altrettanto semplicemente Convergenza

In molti la chiamano convergenza e in tanti altri iper-convergenza, alimentandone le connotazioni tecniche e tecnologiche piuttosto che manageriali e umane e, per certi versi, generando un po’ di ansia per il “non sentirsi all’altezza”. Chissà quante volte è capitato e capiterà. A me capita tutti i giorni e poi mi scopro autodidatta e fruitrice di canali, media, social e intelligenza artificiale – familiarmente IA (o all’americana AI!) - che, tutti insieme, concretizzano la convergenza attraverso il “semplice” impiego.

 

La convergenza può essere descritta come l’unione di più strumenti, una fusione resa possibile dalla tecnologia digitale. All’interno della convergenza – tecnicamente intesa - ciascun medium non è più destinato a svolgere una singola prestazione, ma è in grado di diffondere diversi contenuti (fotografia, radio, conversazioni telefoniche, tv, musica); ciò significa anche poter utilizzare una sola interfaccia (per esempio il computer o il telefono) per molti servizi informativi, poter quindi effettuare uno “switch” dalla visione di una serie tv a un’operazione bancaria, dalla lettura di un quotidiano alla video-sorveglianza di un angolo di casa. La convergenza, quale motore della comunicazione, si manifesta attraverso la digitalizzazione di quest’ultima che porta con sé evoluzioni sia nelle piattaforme di distribuzione dei contenuti sia nelle modalità di fruizione dei medesimi.

Altrettanto semplicemente IA-Intelligenza Artificiale

Un’osservazione viene spontanea: IA-Intelligenza Artificiale, già nella denominazione inserisce due elementi “dichiaratamente” intangibili, e cerca di tangibilizzarsi agli occhi di utenti, consumatori, aziende e brand quasi come una “naturale” forma di interfaccia. L’AI, infatti, è divenuta ormai pervasiva; permette di raggiungere le persone e i consumatori nel quotidiano: dallo shopping al benessere di corpo e mente, dalla scelta del ristorante a quella del vino da ordinare on-line. Il più delle volte, un solo clic avvicina ai brand attraverso canali, strumenti, algoritmi, apprendimento automatico, device (particolarmente il mobile), social e, in generale, le numerosissime piattaforme digitali (martech). Il vantaggio nell’impiego dell’AI risiede nella capacità di impiegare un linguaggio, un modo di esprimersi umano mentre intrattiene, scambia informazioni, fa partecipare e così via.

 

I contenuti digitali sono divenuti: parole narrate (storytelling), immagini statiche e in movimento (visual storytelling), video e voci che alimentano, arricchiscono, orientano e sostanziano le conversazioni attraverso un device come lo smartphone, divenuto centro-catalizzatore delle conversazioni digitali. I social divengono i luoghi naturali in cui intrattenere conversazioni e all’interno dei quali l’intelligenza artificiale diviene “abilitatore”. Al contempo, le macchine e gli algoritmi applicati ai dati ne “aumentano” il potenziale di (contatto, relazione e) conversazione, rendendo quest’ultima più evoluta e più efficace.

 

Le conversazioni quando arricchite dall’intelligenza artificiale consentono il passaggio da “tocco a voce” per cui, però, la digitalizzazione della comunicazione consente anche il percorso inverso; dalle interfacce grafiche (UI) si passa a interfacce vocali (VUI), così come dalla customer experience si passa alla UX e viceversa. Tali percorsi evolutivi e innovativi sono i risultati della convergenza.

E’ quindi naturale che brand e convergenza convivano e si sviluppino all’unisono.

Del resto è ciò che accade quotidianamente.

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