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Avatar e branding N°2 - Dimmi che Avatar sei...

Esprimi l'avatar del tuo brand

La scorsa settimana abbiamo introdotto l’argomento, utilizzando alcuni tra i numerosi esempi provenienti dalla pratica manageriale e cercando di circoscriverne l’ambito. Compito, quest’ultimo, quanto mai arduo, considerando che i brand con gli avatar digitali si indirizzano sempre più verso sperimentazioni e “lavori in corso” senza fine.

Forse è proprio questo che stimola interesse e impiego degli avatar digitali.

Elementi-chiave degli avatar digitali

Se intendiamo gli “avatar” quali entità digitali dall'aspetto antropomorfo, controllate da un essere umano o da un software, in grado di interagire, possono identificarsi alcuni elementi chiave che devono caratterizzarli per poter essere efficaci nel branding, soprattutto considerandone gli effetti su utenti, navigatori e consumatori, in generale.

 

Il primo tra essi è l’aspetto antropomorfo o umano, considerato una condizione necessaria affinché un avatar possa essere percepito come credibile e competente, influenzando le aspettative e la volontà di interagire, perché le persone interagiscono in modo diverso con quanto percepiscono come più "umano" versus un oggetto inanimato. L'interattività è il secondo requisito critico per gli avatar digitali; essa indica la capacità di impegnarsi in interazioni bidirezionali, di natura verbale (voce) o non verbale (testo, animazione), attraverso (1) un controllo attivo o la capacità di partecipare e influenzare la comunicazione da parte dell’utente; (2) interazioni bilaterali e (3) sincronicità. La progettazione di un avatar “veramente” interattivo non è un compito facile ma di assoluta rilevanza perché, non solo può soddisfare le esigenze edoniche (divertirsi mentre si fanno acquisti su un sito Web) e funzionali (trovare in modo efficiente una soluzione a un problema su un sito Web) dei clienti, ma può anche aumentare la soddisfazione dei clienti verso un sito Web, un prodotto, nonché la credibilità o le intenzioni di acquisto. Infine, il controllo o le modalità di controllo: persona vs. programma software, agente-umano vs. agente-macchina sono in grado di incidere su percezioni e comportamenti degli utenti, riflettendo le diverse euristiche evocate dalla macchina e/o dalle controparti umane e influenzando, di conseguenza, i criteri valutativi della qualità dell'interazione.

Realismo nella forma e realismo comportamentale

Gli avatar digitali variano moltissimo sia per ciò che concerne l’aspetto visivo (fisico, che si rende visibile agli utenti) sia riguardo ai comportamenti nelle interazioni con le persone. Numerosi sono gli elementi da considerare e che influenzano il design dell’avatar in termini di progettazione, rappresentazione, raffigurazione, soddisfazione, performance ecc. Perciò si suole distinguere tra realismo nella forma - ossia la misura in cui la forma dell'avatar appare umana - e/o il realismo comportamentale, teso a catturare il grado in cui l’avatar si comporta come un essere umano nel mondo fisico. Nel primo caso, si può influenzare il grado di realismo della forma di un avatar attraverso gli elementi di design relativi a: dimensioni spaziali (avatar 2D vs 3D), capacità di fornire movimento nel viso o nel corpo (avatar visivamente statici vs. dinamici) e altri caratteri che migliorino la percezione di “umanità” degli avatar, come il genere, l’etnia, l’età e/o i nomi. Nel caso del realismo comportamentale, per facilitare e rendere più naturali le interazioni con gli utenti, l'avatar può comunicare con modalità verbali, non verbali o attraverso una combinazione di entrambe; con tipologie di risposta scritta o “naturale” o impegnarsi in contenuti su questioni sociali e personali oltre a comunicazioni orientate allo specifico compito cui sono delegati (es. fornire risposte su prodotti, servizi, relativo funzionamento, ecc.). Infine, in termini di entità di controllo, gli avatar possono essere controllati da un programma o un algoritmo oppure da un essere umano, aumentandone, ovviamente, il realismo comportamentale.

Una recente ricerca (Miao et al., 2021) ha illustrato come l’Avatar digitale possa sfruttare le due dimensioni di realismo nella forma e nel comportamento, dal cui incrocio tra i livelli (basso ed elevato) è possibile identificarne quattro tipologie: semplicistico, superficiale, intelligente non realistico, umano digitale. Ciascuno di essi presenta specifiche caratterizzazioni che richiedono strumentazioni, capacità nonché la possibilità di conseguire differenzianti vantaggi (e svantaggi) di natura relazionale.

Tipologie di Avatar

L’Avatar semplicistico possiede un aspetto molto poco antropomorfo (es. 2D, immagine statica o anche di cartone animato) con uno scarso impiego di intelligenza nella comunicazione o nelle attività svolte con comunicazione basata su script o lo svolgimento di attività su specifici task. L’aspetto irrealistico non alimenta aspettative riguardo a comportamenti interattivi, realizzando qualsiasi tipo di attività in modo rapido e ripetitivo (es. informazioni di viaggio 24 ore su 24, 7 giorni su 7, esplorazione di contenuti online). Tale avatar risulta efficace per le transazioni a basso rischio (es. acquisti semplici, ripetitivi e a scarso valore unitario on line), con un ovvio vantaggio connesso a efficienza e possibilità di offrire un servizio ai clienti “scalabile”.

 

L’ Avatar superficiale è di aspetto antropomorfo realistico (es. 3D, immagine dinamica, realistica) ma sfrutta poco intelligenza e interattività (es. soluzioni-script, non personalizzate), tanto da tradursi in una disconferma negativa tra come si presenta e ciò che è effettivamente in grado di fare. Esso risulta efficiente, poiché in grado di migliorare la produttività delle transazioni a basso rischio (es. richieste di informazioni sui conti bancari) ma scarsamente efficace – con potenziali effetti dannosi – per l'esperienza del cliente nelle transazioni ad alto rischio (es. acquisto di azioni), mancando quel livello di intelligenza che l’aspetto antropomorfo realistico è in grado di alimentare nelle aspettative degli utenti.

 

L’Avatar non realistico intelligente presenta intelligenza cognitiva o emotiva, ma è carente nell’aspetto antropomorfo impiegando, ad esempio, immagini di cartone animato che ne riducono le aspettative rispetto all'effettiva intelligenza. Quest’ultima, infatti, si esprime attraverso una comunicazione autonoma con linguaggi naturali verbali e non verbali, includendo anche contenuti sociali e personali particolarmente efficaci nelle relazioni complesse che necessitano informazioni "sensibili, vicine" e attinenti, ad esempio, argomenti connessi a salute personale, benessere mentale, e così via. In tal caso, si è osseervato come un agente non umano e competente risulta molto rassicurante in quanto non esprime “giudizi o valutazioni” sul cliente, che pertanto si sente molto sereno durante l'interazione.

 

L’Avatar umano digitale, con un aspetto antropomorfo realistico (es. 3D, dinamico, immagini vere e reali raffiguranti le persone) e basato sull'IA (intelligenza artificale) che, attraverso una avanzata intelligenza cognitiva ed emotiva, è in grado di garantire degli elevati livelli esperienziali al cliente. L’Avatar risulta capace di una comunicazione autonoma con linguaggi naturali verbali e non verbali e con contenuti di natura sociali e personali. Ciò consente transazioni complesse che richiedono un servizio altamente personalizzato e focalizzato tra cui, ad esempio, consigli per la cura della pelle, per il trucco e così via. Si culmina con un’efficace interattività relazionale a lungo termine, fornendo al cliente elevati livelli di esperienza: cognitiva, attraverso la capacità informativa; affettiva riuscendo ad intrattenere il cliente e, infine, sociale perché concretizzantesi nell’intento di “cementare” il rapporto con il cliente nel corso del tempo.

 

In estrema sintesi, quindi, per “umanizzare il brand” attraverso l’avatar digitale oltre alle inevitabili decisioni inerenti a “se, quando e all’interno di quali ambiti sviluppare l’avatar” - posto che possa essere effettivamente adatto al brand e al branding – altre aree risultano rilevanti dal punto di vista manageriale: decidere se applicare il realismo nella forma oppure nel comportamento dell’avatar e attraverso quali modalità creare allineamento e bilanciamento tra realismo di forma e di comportamento. Ma a ciò deve aggiungersi che gli avatar possono contribuire a fornire un servizio coerente e personalizzato che alimenti le connessioni emotive tra brand e clienti, servendo e interagendo con i clienti in portafoglio con una strategia di segmentazione e multicanale (ad es. social media, siti Web aziendali, app dedicate), cogliendo il “momento giusto e il posto giusto”, fondamentali nella gestione dell’equity di una marca fortemente umana e relazionale capace di adattarsi alle esigenze dinamiche dei clienti.

Quale Avatar è meglio per il tuo brand?

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