Rigenerare la natura può salvare il 50% del PIL mondiale

Uno studio di Sylvie Goulard, in collaborazione con 2050Now, è stato presentato a Parigi

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Più del 50% del PIL mondiale è esposto a rischi legati al degrado della natura. Rigenerare la natura, perciò, significa rigenerare anche l'economia e le imprese possono giocare un ruolo importante in questa opera.


Sylvie Goulard, Professor of Practice di Global Affairs (sostenibilità, finanza verde e geopolitica), ha appena il rapporto Regenerating nature means regenerating the economy, una collaborazione tra SDA Bocconi School of Management e 2050Now, iniziativa francese che si propone di accompagnare le persone e le aziende nella transizione ecologica, fornendo informazioni, soluzioni e strumenti per agire in favore del clima e della biodiversità.

 

Il rapporto è stato presentato il 18 novembre a Parigi, di fronte a un pubblico di 400 studenti di diverse grandes écoles e discusso con Hélène Valade, LVMH Group Environment Development Director, e Laurence Pessez, BNP Paribas Global Chief Sustainability Officer.

 

La conservazione della natura è una sfida economica che un numero crescente di imprese sta iniziando ad affrontare. I pionieri, in particolare le aziende riunite intorno a 2050Now, stanno sperimentando forme di business in nature: con risorse naturali sempre più scarse e crisi climatiche sempre più frequenti, le imprese hanno tutto l’interesse a proteggere le proprie catene del valore, ridurre i rischi finanziari e garantire la propria continuità. Allo stesso tempo, possono essere parte della soluzione, ad esempio attraverso attività di bonifica, trattamento delle acque o trasporti a basse emissioni.

 

Il rapporto invita ad andare oltre la sola dimensione climatica, puntando sulle cosiddette nature-based solutions. In un contesto in cui gli eventi meteorologici estremi sono destinati a moltiplicarsi, occorre riscoprire il ruolo insostituibile della natura come serbatoio di carbonio o barriera contro l’erosione. La ricerca esplora in particolare il potenziale dell’agricoltura rigenerativa e le sfide legate a suolo, acqua e oceani.

 

Oggi la natura è ancora percepita da molte organizzazioni come un tema di responsabilità sociale d’impresa. In realtà, rappresenta la base stessa di tutte le attività economiche. Si stima che 58.000 miliardi di dollari di valore economico globale – oltre la metà del PIL mondiale – siano direttamente esposti a rischi legati al degrado ambientale.


I primi quattro rischi individuati dal Forum di Davos per il prossimo decennio sono tutti connessi alla natura: eventi meteorologici estremi, perdita di biodiversità, cambiamenti critici del sistema terrestre e scarsità di risorse. Le esternalità negative di alcuni settori sull’ecosistema, cioè i costi non contabilizzati, sono stimate tra i 10 e i 25 mila miliardi di dollari l’anno (rapporto IPBES Nexus).

 

Diverse grandi aziende aderenti a 2050Now stanno già muovendosi in questa direzione. LVMH promuove pratiche di agricoltura rigenerativa nelle proprie filiere strategiche; ENGIE e Veolia sviluppano soluzioni di depurazione, trattamento delle acque e riduzione dei consumi di energia fossile; SNCF Voyageurs adotta strategie di sobrietà energetica e piani di riduzione dei consumi idrici. Come ha ricordato Thomas Buberl, CEO di AXA, “un’azienda che non dispone di un piano di adattamento ecologico presto non sarà più assicurabile”. Senza adattamento non c’è più assicurabilità, e senza assicurabilità non c’è più attività economica.

 

Il successo di questa transizione richiede però un’ampia mobilitazione: servono misurazioni rigorose delle dipendenze e degli impatti, ma anche il coinvolgimento di comunità locali e popolazioni indigene, primi custodi della natura. All’interno delle imprese, dirigenti, dipendenti e clienti devono sentirsi parte attiva del cambiamento. Le autorità pubbliche, dal canto loro, hanno bisogno del sostegno dei cittadini e del contributo indipendente della comunità scientifica per contrastare la disinformazione.

 

Il rapporto sottolinea inoltre l’importanza di quattro elementi chiave: il coinvolgimento delle persone e dei territori; la lotta alla disinformazione; l’uso di leve psicologiche positive per mobilitare l’azione (come dimostra la neuroscienza); e il ruolo delle imprese come luoghi di apprendimento, partecipazione e allineamento collettivo.

 

Nel momento in cui la lotta al cambiamento climatico sembra passare in secondo piano, è essenziale comprendere che la resilienza è un concetto olistico. Ignorare la distruzione del mondo vivente significa rendere le nostre economie e società più vulnerabili.
Rigenerare la natura significa costruire un’economia sostenibile, basata su imprese responsabili, una società più resiliente e una prosperità che non consumi la vita stessa. La natura è il capitale più prezioso dell’umanità – e l’umanità deve ricordare di esserne parte integrante.

 

CLICCA QUI per leggere lo studio (in inglese)

 

SDA Bocconi School of Management

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