Carlo Cracco: innovazione e identità, la ricetta della leadership

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Sarà il carisma naturale o l’abitudine a guidare lo staff con la sola presenza “sul campo”, sarà il piglio severo della sua immagine pubblica che contrasta con la passione viscerale per il suo lavoro che traspare senza esitazione. Ma poche persone come Carlo Cracco incarnano un modello di leadership a cui le parole non servono. Al punto da apparire quasi restio a raccontare una carriera di successo come la sua, che lo ha portato dalla formazione giovanile presso l'istituto alberghiero Pellegrino Artusi di Recoaro Terme alla guida di uno dei 50 migliori ristoranti al mondo e alla notorietà televisiva di Masterchef. Anche il suo incontro nell’ambito delle «Leader Series» con Andrea Beltratti, Academic Director di EMF - Executive Master in Finance del Master, e i partecipanti del Master è stato caratterizzato da un dialogo misurato e da parole scelte con semplicità e rigore.

Del resto semplicità e rigore, insieme a una grande capacità di innovare senza perdere l’identità – due ingredienti non facili da abbinare, in cucina come nella vita – sembrano anche il segreto del suo successo. Un successo che appare quasi il frutto di un paradosso, come riconosce lo stesso Cracco: «il lavoro attuale dello chef è rendere la ristorazione meno legata alla ristorazione. Intendiamoci, la qualità di ciò che c’è nel piatto è fondamentale e fa la differenza, sempre di più in un’epoca in cui c’è una proliferazione a volte incontrollata di realtà gastronomiche. Ma una volta il piatto in sé era quasi il 100% del risultato di un cuoco, ora non più. Ora contano altri fattori che sono legati all’identità del ristorante e all’esperienza del cliente in senso più ampio. E questo, diciamolo, rende la vita del cuoco forse più complicata, ma decisamente più divertente».

«La ristorazione italiana – continua lo chef – ha compiuto, sta compiendo, un salto di qualità, affrancandosi da un mondo fatto prevalentemente di trattorie a conduzione familiare. Ora abbiamo diverse realtà di livello internazionale e noi chef abbiamo visibilità pubblica e sicuramente più responsabilità. A questa evoluzione ha sicuramente contribuito la scuola francese alla quale molti di noi si sono formati. È in Francia che ci siamo “laureati” come chef, soprattutto dal punto di vista della strategia e dell’organizzazione, due fattori che mancavano alla ristorazione italiana e che ora invece la stanno trasformando. La nostra è una tradizione gastronomica di tutto rispetto ma dev’essere valorizzata e rinnovata. E i francesi, da questounto di vista, sono sempre stati dei maestri».

Gli ingredienti della leadership
Che la cucina sia un contesto che si presta a rappresentare metaforicamente (e non solo) molti principi della leadership lo si capisce fin dalle prime battute. Un mondo in cui l’eccellenza è d’obbligo e la capacità di imparare dagli errori fondamentale. «La cucina è un mondo complesso – ricorda Cracco – dove il successo è assicurato solo da una visione trasversale e da competenze differenziate. Devi sapere di antipasti come di primi e secondi, di carne come di pesce e verdure. Non è pensabile essere esperti di una sola cosa. Per questo la cucina è un lavoro di squadra. La squadra e l’organizzazione fanno la differenza. È indispensabile suddividere il lavoro e fidarsi delle persone che lavorano con te, e quindi saperle scegliere. Ma è altrettanto indispensabile che ci sia un leader che sappia vedere oltre le singole preparazioni e che abbia il controllo dell’intero processo, sapendo intervenire se e quando occorre».
Inevitabile a questo punto portare il discorso sulle qualità che il leader deve possedere per creare una macchina organizzativa del genere. Cracco non ha dubbi: «innanzitutto devi saper scegliere le persone, cogliere le loro motivazioni profonde, il loro spirito di sacrificio e la loro disponibilità a imparare. E poi devi responsabilizzarle e valorizzarle. È l’unico modo per trattenere i migliori».

La sfida dell’eccellenza
E poi, inevitabilmente, un leader deve misurarsi coi risultati. E pochi ruoli come quello dello chef mettono a confronto col risultato, diretto e immediato, del proprio lavoro. Carlo Cracco ne è convinto: «È il risultato di ciò che facciamo a parlare di noi ed è sulla base dei risultati che gli altri valutano il nostro lavoro. Noi dobbiamo fare altrettanto con noi stessi, con lucidità e onestà. E dobbiamo saper trovare gli eventuali correttivi e miglioramenti. Ma dobbiamo anche imparare a non ancorarci ai nostri successi, a superarli per trovare altri spazi».

Regole semplici per raggiungere risultati d’eccellenza. Una costante per Carlo Cracco che emerge anche quando, sollecitato da Andrea Beltratti a dare la sua personale declinazione del motto di EMF «Trasformare le sfide in opportunità», lo chef ammette: «Non è sempre facile ottenere i risultati. La mia esperienza personale mi ha portato ad adottare una semplice regola: se vuoi raggiungere 10 punta a 12. Qualsiasi sfida implica un esame preliminare delle proprie competenze e dei propri limiti, senza il quale si è destinati a fallire. Ma una volta fatta l’analisi di realtà è importante porsi obiettivi che vadano oltre questi limiti, perché c’è sempre uno scarto “fisiologico” tra l’impegno che ciascuno mette in ciò che fa e il risultato oggettivo che ottiene, un differenziale su cui giocano fattori esterni non sempre governabili. Proprio per questo motivo dobbiamo puntare più in alto: solo così ci avvicineremo il più possibile alla perfezione».

SDA Bocconi School of Management

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