Marco Carabelli, Expo e la leadership del “dopo”

Cosa resta di un grande evento quando si spengono i riflettori?
Sicuramente bilanci da fare, probabilmente errori su cui riflettere e successi di cui compiacersi. Ma non solo. A volte si può dire: il bello inizia adesso. È il caso di Expo 2015 e della grande area alle porte di Milano da riconvertire e valorizzare. A questa parte “bella” e sicuramente complessa sta lavorando da tempo Marco Carabelli, Direttore generale di Arexpo, società che ha il compito di progettare e realizzare il futuro del sito. Un incontro all’interno delle Leader Series di EMF - Executive Master in Finance è stato l’occasione per riflettere sulla natura del tutto particolare di una leadership che deve tenere insieme pubblico e privato, facendo collaborare anime diverse per un successo comune. Gli studenti del Master hanno partecipato attivamente a questo incontro, e coloro che seguono il track di specializzazione in Real Estate hanno avuto modo di apprezzare le specificità della gestione di una operazione immobiliare di livello internazionale alla luce dei concetti appresi durante i vari insegnamenti.

Un’eredità impegnativa
Dell’Expo inteso come evento concluso con successo (malgrado le preoccupazioni che lo hanno accompagnato fin dalle fasi iniziali) e dei numeri che hanno costruito questo successo ormai si sa quasi tutto. Un sito di 1 milione di metri quadri, quasi 15 miliardi di euro il valore delle opere connesse e 2,5 miliardi tra piano di investimenti e costi complessivi per la gestione, a fronte di 20 milioni di visitatori, 900 milioni di euro di ricavi e oltre 34 miliardi di ricadute economiche stimate sull’arco di 8 anni in termini di produzione aggiuntiva e turismo.
Un evento di questa portata lascia una grande eredità in termini di patrimonio culturale ed economico e, conseguentemente, di responsabilità per gli enti che hanno il compito di gestirlo e valorizzarlo. Tra questi, la posizione di spicco spetta certamente ad Arexpo S.p.a., la società di scopo costituita nel 2011 per l’acquisizione e la messa a disposizione delle aree a Expo 2015 e per la successiva riqualificazione del sito. Il futuro del sito Expo è dunque una sfida che Arexpo assume fin dalla sua nascita in virtù dell’Accordo di Programma stipulato con gli enti territoriali interessati – Regione Lombardia, Provincia di Milano e Comuni di Milano e Rho – il quale prevede una variante urbanistica con un mix funzionale molto ampio di destinazioni d’uso delle aree e la creazione di un parco tematico per oltre la metà della superficie complessiva.

Una sfida costruita nel tempo (con qualche imprevisto)
Ma per comprendere meglio la portata della sfida che Arexpo si trova ora ad affrontare è necessario un rapido viaggio “dietro le quinte” della costruzione dell’evento. Che parte proprio da questa situazione atipica rispetto alla maggior parte delle edizioni precedenti – come ricorda Carabelli – ovvero la presenza di due soggetti distinti: uno che possiede le aree (Arexpo S.p.a, appunto), l’altro che si occupa della realizzazione delle opere legate all’evento (Expo 2015 S.p.a). I rapporti tra le due società, con diverse compagini azionarie, rappresentano un ulteriore punto di complessità – sebbene non il principale – di un percorso che si è rivelato più accidentato del previsto. Malgrado le nubi della vigilia, l’Expo 2015 si svolge senza perturbazioni e, come abbiamo visto, con risultati più che soddisfacenti per la manifestazione stessa, per il paese e soprattutto per Milano che dall’evento ha avuto un grande ritorno di immagine a livello internazionale, oltreché naturalmente un grande effetto volano per l’economia della città. Ma l’ultima gara andata deserta ridisegna radicalmente il ruolo di Arexpo nel post-evento: da soggetto che avrebbe affiancato il futuro sviluppatore a diretto protagonista della trasformazione.

Il nuovo ruolo di Arexpo
Il successo di Expo fa sì che si concentrino nuove energie sullo sviluppo futuro dell’area: dapprima con la ricapitalizzazione della società prevista nella legge finanziaria 2016, in seguito con l’entrata del Ministero dell’Economia nella compagine societaria di Arexpo (con la maggioranza relativa del 39%) e la trasformazione della governance per affrontare al meglio la nuova mission della società.
All’inizio del 2016, in seguito all’accordo con la società Expo ormai in liquidazione, Arexpo rientra nella piena proprietà di una superficie di circa 950mila mq, infrastrutturata come una città. Un patrimonio enorme che solo una società con una visione chiara e una leadership adeguata può gestire e valorizzare. A settembre dello stesso anno Arexpo pubblica le «Linee guida del Piano strategico di Sviluppo e Valorizzazione» per declinare nel concreto l’indirizzo già presente nel precedente Accordo di programma.

Il sito del futuro
Viene così prevista la creazione di Human Technopole, un vasto parco scientifico-tecnologico pubblico che si pone l’obiettivo di diventare un polo di riferimento per la ricerca biomedica – una realtà pioniera nel nostro paese – e prevede un campus universitario dove verranno trasferite le facoltà scientifiche dell’Università Statale di Milano attualmente localizzate in zona Città Studi e una struttura ospedaliera che ospiterà l’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi, oltre alla presenza dei centri di ricerca di importanti realtà industriali del settore farmaceutico e biotech o di altre società non strettamente legate alla ricerca. «L’obiettivo – dichiara il Direttore di Arexpo – è recuperare il tempo perduto». E in effetti la macchina sembra bene avviata: attualmente sono circa 40 le manifestazioni di interesse spontaneo di società multinazionali, per una richiesta di superfici che supera nettamente ogni previsione.
È giunto dunque il momento del Masterplan. Una fase cruciale per la riuscita del progetto e per evitare il rischio, purtroppo noto nel nostro paese, che le grandi idee rimangano solo sulla carta. È importante soprattutto trovare un buon “compagno di viaggio”, il partner giusto con cui lavorare. E non è come dirlo. «Abbiamo pensato a qualcosa che in Italia non è mai stata fatta», ammette Carabelli con un mix di orgoglio e scaramanzia. «Selezionare un operatore che sia al tempo stesso advisor e developer del progetto, un soggetto in grado, prima, di affiancarci nella realizzazione del Masterplan e, dopo, di realizzare e gestire almeno la metà delle opere previste. Questo garantirà la reale fattibilità dell’opera».
Sebbene Milano abbia nettamente aumentato il suo appeal internazionale restano da superare le radicate (e spesso giustificate) cautele dei grandi investitori verso il Sistema Italia. «Serviva ridare credibilità alla proposta di investimento – continua Carabelli – e una società come Arexpo, che raccoglie al suo interno tutti i soggetti pubblici interessati al progetto, ha le carte per farlo. L’operatore privato non ha di fronte tante amministrazioni diverse ma un soggetto unico, con una spiccata impronta manageriale, in grado di dialogare e comprendere le sue esigenze e, in ultima istanza, di gestire un eventuale “rischio PA” eliminando dal rapporto di collaborazione un fattore destabilizzante. È un meccanismo che può diventare un modello-guida per analoghe iniziative in Italia».
Come ammette lo stesso direttore, per una società “pioniera” qual è Arexpo è stato fondamentale essere affiancata da una realtà come SDA Bocconi che, oltre al supporto metodologico sotto il profilo economico, finanziario, industriale e di real estate, ha dato un grande contributo all’integrazione in una società a prevalente capitale pubblico del punto di vista dell’operatore privato con il quale verrà realizzato il progetto. Il presupposto strategico per il successo della collaborazione e di tutta l’operazione.
La scommessa sembra annunciarsi vincente. Sono tre gli operatori internazionali giunti alla fase finale della gara, i cui esiti si avranno nei prossimi mesi. Il Masterplan e il Progetto integrato di sviluppo dovranno essere approvati entro la metà del 2018 ma i primi ricercatori di Human Technopole cominceranno a utilizzare le strutture già esistenti dalla fine di quest’anno.

Insegnamenti per una leadership complessa
Quale lezione si può ricavare da questa lunga storia, che non si è ancora conclusa ma che può già dire molto sui rischi e le opportunità della gestione di grandi progetti? Come prima cosa bisogna imparare dagli errori: lo sviluppo dell’area post-evento è stata senza dubbio penalizzata dalla mancanza di una chiara visione iniziale. Un progetto di questa portata avrebbe richiesto dall’inizio uno sguardo a lungo termine che non individuasse nell’Expo il punto di arrivo ma il trampolino per la successiva valorizzazione di un’intera area, anche molto più ampia del sito. Ciò detto, va riconosciuto all’Expo di essere stato un potente catalizzatore della credibilità e dell’attrattiva del nostro paese e di Milano in particolare.
Il direttore di Arexpo non ha dubbi: «Il segreto della leadership in grado di governare progetti di tale complessità? È fondamentale avere una grande capacità di ascolto di tutti i soggetti coinvolti e una grande capacità di mediazione e sintesi tra le diverse istanze. Occorre anche rendersi conto che spesso la complessità di un progetto non è data da una semplice sommatoria di criticità da risolvere in successione, ma dalla loro stretta interdipendenza e magari dal loro riemergere in fasi successive. Anche per questo è fondamentale capire il valore della condivisione degli obiettivi e delle informazioni, senza la quale il progetto non decolla. Infine bisogna crederci, crederci fino in fondo anche nei momenti critici».
Ma soprattutto l’esperienza di Arexpo e della gestione del “dopo” può essere un esempio innovativo di collaborazione pubblico-privato, in cui ognuno conserva la sua identità e i suoi scopi istituzionali, ma dove vengono condivise le finalità operative e le responsabilità della progettazione e dei processi attuativi. «Con la nuova mission e il nuovo assetto di Arexpo siamo stati molto attenti a definire i ruoli di tutti soggetti coinvolti, presupposto essenziale per la migliore riuscita dell’operazione. E abbiamo puntato molto su un management credibile, che dia fiducia al partner privato». Una nuova impostazione nella quale fa la differenza l’ampiezza della visione di tutti soggetti coinvolti e la capacità di innovazione, di lavoro di squadra e di leadership, ciascuno nel proprio ambito.

 
 

SDA Bocconi School of Management

 

 



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