
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 24 Set 2025
- 4,5 giorni
- Class
- Italiano
Approfondire logiche e meccanismi delle compagnie di assicurazione per sviluppare un approccio manageriale orientato all’innovazione e al change management.
Nel mondo ad alta incertezza del venture capital, non basta ricevere un investimento per avere successo: conta chi investe, quando lo fa e che reputazione si porta dietro. La tesi di dottorato discussa da Marta Zava alla Goethe-Universität di Francoforte ci fa comprendere l’influenza degli investitori, mostrando che la loro capacità di attrarre altri investitori nei round successivi è una risorsa decisiva per le startup, soprattutto nelle primissime fasi della loro vita.
Il Funding Attraction Index (FAI) sviluppato da Zava misura quanto l’ingresso di un investitore in un round aumenti le probabilità che altri lo seguano in round successivi. E i dati mostrano che il FAI prevede meglio il successo futuro delle startup rispetto a metriche tradizionali come il numero di exit passate o l’esperienza pregressa. L’influenza dell’investitore non è solo un indicatore passivo di prestigio o esperienza, ma ha un impatto concreto e causale sul futuro della startup.
In parallelo, la tesi mostra anche come gli investitori stessi acquisiscono reputazione. La strada più rapida consiste nel ricevere endorsement (cioè, investimenti diretti alle aziende già presenti nel proprio portafoglio) da parte di investitori già influenti nella rete. E anche se ciò può sembrare controintuitivo, questo effetto di legittimazione reputazionale vale anche se la startup in cui hanno entrambi investito fallisce. Perché nel venture capital, più che il successo individuale, sembra contare il riconoscimento all’interno del network.
Il contesto
La ricerca si colloca al crocevia tra finanza, network science e teoria dei sistemi complessi. Il punto di partenza è una revisione sistematica di 150 studi accademici apparsi su 61 riviste, che mette in luce un consenso diffuso: i network nel venture capital sono relazionali, dinamici e reputazionali, e influenzano ogni fase del ciclo di investimento, dalla selezione all’exit.
Tuttavia, la letteratura è frammentata: i network sono spesso analizzati con approcci statici, e manca un modello che ne consideri l’evoluzione temporale. Inoltre, si sa molto su come l’influenza funzioni, ma poco su come si costruisca. Le domande della tesi sono quindi:
La tesi si articola in tre contributi principali: un’ampia rassegna di letteratura e due studi empirici originali che, insieme, offrono una visione nuova e più dinamica del venture capital.
Dalla rassegna emerge che le reti nel venture capital non sono semplicemente strumenti per accedere a informazioni o capitali: sono strutture complesse e dinamiche, attraverso cui si costruiscono reputazioni, si attivano collaborazioni strategiche e si orientano le traiettorie delle imprese finanziate.
La parte empirica della tesi si concentra su due studi principali, entrambi basati su dati relativi a investimenti in startup statunitensi tra il 2010 e il 2021, osservati su base mensile.
Ricalcolando l’indice mensilmente nel corso degli 11 anni di osservazione, Zava mette in luce il dinamismo della rete. Le posizioni reciproche cambiano più velocemente di quanto ci si potrebbe attendere, anche in funzione delle tecnologie emergenti. Essere stati influenti quando le startup più promettenti lavoravano sulla blockchain non garantisce la stessa posizione quando il tema del giorno diventa l’intelligenza artificiale. Il passato che determina l’influenza di un investitore, insomma, è quello recente.
La tesi dimostra che il venture capital non può essere compreso fino in fondo se lo si guarda solo come un flusso di denaro o una serie di decisioni razionali. È invece un sistema sociale e relazionale, dove le reti contano quanto le performance passate, se non di più. L’influenza si costruisce nel tempo, attraverso connessioni strategiche, riconoscimento reciproco e la capacità di orientare le scelte degli altri.
Per chi opera nel settore, queste evidenze hanno implicazioni concrete:
Infine, per i venture capitalist stessi, la lezione è che investire nel network è un investimento a lungo termine. Fare squadra con attori già riconosciuti, anche sacrificando ritorni immediati, può dare accesso a opportunità più grandi in futuro. In un contesto dove l’incertezza regna e le startup falliscono spesso, il capitale reputazionale può essere la risorsa più solida su cui costruire il successo.
Marta Zava, Venture Capital and Complex Systems, tesi di dottorato, Wolfgang Goethe-Universität Frankfurt am Main.