Teoria in pratica

I dati sono strategici. Perché la proposta Omnibus potrebbe fare male alla competitività europea

Mentre l'Unione Europea si è posta all'avanguardia della rendicontazione sulla sostenibilità con la direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive), le recenti proposte di “semplificazione” attraverso la direttiva Omnibus rischiano di minare proprio gli obiettivi di competitività e stabilità a lungo termine per le aziende.

 

Questi cambiamenti potrebbero rappresentare un “passo indietro preoccupante,” che mette a repentaglio non solo la leadership europea, ma anche la capacità delle aziende di prosperare in un futuro dominato dai rischi climatici e naturali, scrivono Sylvie Goulard e Aure Keraron in un policy brief che vuole informare la discussione del convegno Sustainability disclosure: red tape or strategic tool for the future of business? (SDA Bocconi School of Management, 24 giugno, in collaborazione con l’Institute for European Policymaking@Bocconi University – IEP@BU).

 

Se la spinta alla semplificazione dovesse celare il desiderio di evitare la trasparenza, questo avrebbe delle conseguenze potenzialmente controproducenti per le imprese europee.

Il contesto

L'Unione Europea voleva essere all’avanguardia di un movimento globale per costruire dati affidabili sulle questioni ambientali, stimolato dall'Accordo di Parigi del 2015. Entità come la Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) e l'International Sustainability Standards Board (ISSB) hanno gettato le basi per la rendicontazione volontaria e standardizzata a livello mondiale.

 

Nel contesto europeo, la Presidente Ursula von der Leyen aveva annunciato nel 2019 l’European Green Deal, che includeva la CSRD, adottata nel dicembre 2022. La CSRD è stata concepita come un “tassello fondamentale” di un quadro di divulgazione della sostenibilità, rendendo la rendicontazione obbligatoria per la maggior parte delle aziende e introducendo un requisito di audit per garantire l'affidabilità dei dati.

 

L'obiettivo era aiutare le aziende a integrare la sostenibilità nella loro strategia a lungo termine, informare gli investitori e evitare così il “greeenwashing”.

 

Tuttavia, all'inizio del suo secondo mandato (2024), von der Leyen ha annunciato una radicale semplificazione di questo quadro normativo, con la proposta di Omnibus Directive nel febbraio 2025. Questa proposta mira a ridurre il numero di aziende coinvolte e a diluire i requisiti della CSRD, in un momento in cui gli scienziati avvertono che il cambiamento climatico e il deterioramento della natura stanno accelerando.

 

Ma perché la CSRD era stata concepita in quel modo? E quali sono i rischi derivanti dalla proposta Omnibus? Il policy brief si propone di contribuire a trovare un equilibrio in un dibattito spesso “superficiale e ideologico.”

La ricerca

Il policy brief è un'analisi approfondita e una sintesi critica delle politiche e delle argomentazioni relative alla rendicontazione di sostenibilità nell'UE.

 

Goulard e Keraron hanno esaminato e incrociato informazioni provenienti da un’ampia gamma di fonti, tra cui documenti legislativi dell'UE, opinioni di istituzioni chiave, rapporti e iniziative internazionali, studi accademici ed evidenze empiriche, dichiarazioni politiche.

 

La proposta Omnibus prevede una riduzione dell'80% delle aziende soggette alla CSRD, limitando l'obbligo di rendicontazione alle aziende con oltre 1.000 dipendenti e un fatturato annuo superiore a 50 milioni di euro o un bilancio superiore a 25 milioni di euro. Questo renderebbe la portata della CSRD più limitata rispetto alla precedente Non-Financial Reporting Directive, del 2014, che si applicava alle aziende con oltre 500 dipendenti. La revisione e semplificazione degli European Sustainability Reporting Standards (ESRS) mira a una riduzione del 70% del numero di punti dati richiesti e la proposta prevede il rinvio di due anni degli obblighi di rendicontazione per le grandi aziende e le PMI quotate ("stop-the-clock"). Per le PMI, si passerebbe a un quadro volontario, e verrebbero eliminati i requisiti per gli standard settoriali.

Conclusioni e implicazioni

La CSRD, come inizialmente adottata, era considerata una politica lungimirante e strategica che avrebbe potuto rafforzare la competitività europea, promuovere l'innovazione e proteggere le catene di valore. Invece, la proposta Omnibus è chiaramente una marcia indietro che “semplifica drasticamente i requisiti di sostenibilità senza alcun tentativo di miglioramento sotto altri aspetti.”

 

La proposta di semplificazione è in contraddizione con l'accelerazione del cambiamento climatico e il deterioramento della natura, come sottolineato dalla scienza. Affidarsi a dati verificati e comprensibili è fondamentale per affrontare problemi sistemici e causati dall’attività umana. Le autrici suggeriscono che la spinta alla semplificazione possa rivelarsi un modo per evitare la trasparenza e la divulgazione dei dati, permettendo alle aziende di continuare a fare profitti a breve termine, senza prezzare le esternalità negative delle loro attività. La riduzione della portata della CSRD, in particolare per le PMI, potrebbe minare la capacità delle grandi aziende di ottenere i dati necessari dalla propria supply chain e la capacità delle istituzioni finanziarie di valutare i rischi legati al clima e alla biodiversità nei loro portafogli.

 

Infine, le modifiche proposte potrebbero portare a una frammentazione del mercato unico dell’UE, poiché la definizione dei requisiti di soglia diversi in base alle dimensioni delle aziende potrebbe creare disparità tra paesi membri con diverse strutture industriali. Ritardare le azioni di protezione ambientale non renderà l'UE più competitiva; al contrario, potrebbe aumentare i costi futuri di mitigazione e adattamento.

 

Sylvie Goulard, Aure Keraron, Green disclosure: red tape or strategic tool? IEP@BU Policy Briefs Series.

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