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- 14 mag 2025
- 9 giorni
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- Italiano
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Un maggior enforcement sui bilanci genera costi aggiuntivi per l’azienda, ma al contempo ne migliora la qualità dell’informativa obbligatoria.
Con una certa ciclicità, l’attenzione dei media si concentra su scandali contabili all’interno di aziende apparentemente insospettabili; con altrettanta ciclicità, in molti invocano la necessità di un sistema più efficace di regolamentazione e vigilanza. Per tutelare gli investitori e più in generale gli stakeholder, si dice, sia necessario rivedere il quadro normativo e i meccanismi di controllo. Ma qual è l’efficacia effettiva di questo genere di interventi?
Uno degli elementi più importanti, a livello istituzionale, è il sistema di vigilanza (enforcement) sui bilanci e sulle informative contabili delle società quotate. Un sistema efficace di enforcement, infatti, agisce in diverse direzioni. Anzitutto, può contribuire a proteggere gli investitori e accrescere così la fiducia nei mercati. Gli organi preposti alla vigilanza sembrano difatti avere una capacità maggiore rispetto agli investitori di individuare potenziali errori, distorsioni contabili e carenze informative. Per gli azionisti delle aziende interessate, d’altro canto, un enforcement più intenso può comportare anche una perdita netta di valore.
Sul piano aziendale, una vigilanza intensa e proattiva può avere altri due effetti: incidere sulle spese di compliance a causa di costi di revisione (audit fees) più elevati; allo stesso tempo, portare a una maggiore qualità delle informazioni contabili – in particolare diminuendo le valutazioni discrezionali relative agli accruals, cioè le componenti di bilancio a cui non corrisponde un’effettiva transazione monetaria. Sono difatti molte le valutazioni discrezionali insite nei bilanci aziendali e molte di queste possono prestarsi a pratiche distorsive di earnings management, in assenza di forme di vigilanza adeguate da parte delle autorità preposte. Un enforcement più intenso è in grado di migliorare la qualità e la trasparenza delle informazioni trasmesse al mercato.
Nel Regno Unito, l’organismo preposto alla vigilanza sul rispetto degli standard contabili è il Financial Reporting Review Panel (FRRP), consociato del Financial Reporting Council. Oltre alla sua attività ordinaria, dal 2004 al 2011 il FRRP ha adottato un approccio proattivo selezionando ogni anno i bilanci di alcuni settori industriali, ritenuti prioritari. I settori oggetto di review proattiva venivano annunciati sul finire dell’anno precedente: ciò consentiva alle aziende interessate di prepararsi con anticipo all’accresciuta vigilanza.
L’annuncio ex-ante e la selezione dei settori rendono l’attività di vigilanza del FRRP un’esperienza unica e particolarmente adatta a identificare le effettive conseguenze di un enforcement più intensivo. Difatti, l’alternanza tra settori sottoposti a vigilanza e settori esclusi in un determinato anno consente di identificarne costi e benefici.
A partire da queste premesse, è stato condotto uno studio sui costi di compliance e sulla qualità delle informative contabili di 2709 aziende non-finanziarie quotate nei segmenti Main e Alternative Investment Market (AIM) del London Stock Exchange tra il 2000 e il 2011.
Sul fronte dei costi di compliance, le aziende appartenenti ai settori oggetto di review hanno manifestato un incremento medio del 6,8 per cento delle audit fees nell’anno sottoposto ad analisi. L’incremento è però significativo soprattutto per le aziende del segmento AIM – meno regolamentato e costituito da aziende più giovani e mediamente meno solide da un punto di vista finanziario rispetto a quelle del segmento Main. L’aumento delle audit fees, inoltre, è stato un effetto transitorio, venendo meno nel momento in cui il settore di riferimento non è stato più oggetto di review. La transitorietà dei costi indica che la maggiore vigilanza non è stata dunque un’opportunità per le aziende di revisione di aumentare in modo permanente il pricing delle loro attività ma riflette un’effettiva maggiore domanda aziendale per una revisione accurata e completa.
Per quel che riguarda i benefici, l’analisi evidenzia come a una vigilanza più intensa sia associato un miglioramento della qualità contabile con una riduzione rilevante degli accruals. Tale miglioramento è limitato tuttavia alle aziende del segmento Main e alle componenti maggiormente discrezionali degli accruals: gli operating accruals (-2,1 per cento negli anni di review) legati alle poste di attività operative, e specialmente la sottocomponente delle non-current operating accruals (-1,6 per cento) relative ad attività operative di lungo termine. Ciò indica che, negli anni di enforcement proattivo, le aziende quotate manifestano un atteggiamento più prudente e conservativo nelle valutazioni contabili.
Vigilare in modo proattivo implica informare ex-ante le aziende potenzialmente sotto osservazione e ciò implica costi e benefici.
Da un lato, in risposta a un intervento proattivo del regolatore si associa un incremento dei costi di audit. Ciò è tanto più vero per le aziende che presentano un livello di rischio più elevato e che hanno meccanismi di governance interni più deboli. Dall’altro, l’enforcement induce effettivamente a una gestione più prudenziale nelle valutazioni discrezionali, come nel caso degli accruals. L’accresciuta cautela sembra riguardare particolarmente le aziende più solide caratterizzate da comitati di revisione più indipendenti – aziende, cioè, che hanno un maggior incentivo a produrre informative contabili di qualità.
Nel complesso, i regolatori devono essere consapevoli che un’attività di vigilanza più intensa produce sia maggiori costi sia maggiori benefici per le aziende: la distribuzione degli stessi, tuttavia, non sarà omogenea, ma andrà a vantaggio principalmente delle aziende più solide e strutturate. Resta da verificare se e come questo trade-off costi/benefici si rifletta sulle valutazioni di mercato delle aziende interessate.