Sotto la lente

Next generation e accrual accounting: quali sfide per i sistemi contabili pubblici?

Nel pieno delle ondate successive al primo picco della pandemia, gli Stati membri sono stati chiamati a predisporre dei piani di investimento e riforme per accedere all’ingente mole di risorse (2.346,3 miliardi di euro) dell’Unione europea, rese disponibili dal piano Next Generation, dal bilancio a lungo termine dell’UE per il periodo 2021-2027 e da fondi già disponibili per i lavoratori, le imprese e gli Stati membri.

In valore assoluto, l’Italia sarà la prima beneficiaria delle risorse europee ed è chiamata a gestire complessivamente 222,1 miliardi di euro di investimenti di cui 191,5 da impegnare attraverso gli investimenti e le riforme presentate nel PNRR (a valere sul 2021-2026). Il progetto prevede un pacchetto di investimenti articolato in 6 missioni (digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo; rivoluzione verde e transizione ecologica; infrastrutture per una mobilità sostenibile; istruzione e ricerca; inclusione e coesione; salute) e a supporto di questi un pacchetto di riforme orizzontali o di contesto (tra cui la riforma della PA), riforme settoriali e riforme trasversali.

Tra queste, la riforma «Dotare le Pubbliche amministrazioni di un sistema unico di contabilità economico-patrimoniale accrual», da attuare entro il 2026, assume particolare interesse nella misura in cui riaccende un dibattito mai concluso in tema di basi, sistemi contabili e di accounting maturity del settore pubblico, che riguarda anche la capacità dei sistemi informativi contabili delle istituzioni del nostro Paese di rispondere adeguatamente ai fabbisogni conoscitivi e di rendicontazione sull’utilizzo delle risorse comunitarie, verso l’EU ma anche verso i cittadini.

Il PNRR rappresenta, così, una nuova occasione per riprendere e rilanciare con maggiore spinta il dibattito sulla necessità di un’armonizzazione contabile del settore pubblico europeo (tra gli Stati e dentro gli Stati), avviatosi con l’adozione della direttiva relativa ai quadri di bilancio degli Stati membri avviata nel 2011 (direttiva 2011/85/UE del Consiglio), ma ancora incompiuta.

Sebbene la gestione della cassa e dello speso rappresenti uno degli aspetti più rilevanti ai fini della rendicontazione, è ormai assodato che la sola contabilità finanziaria – tuttora vigente o prevalente in diversi comparti, oppure quella potenziata, come avviene per gli enti territoriali dall’entrata in vigore del D. Lgs 118/2011 – non permetta di rilevare la performance complessiva e la posizione finanziaria delle amministrazioni. Per esempio esistono elementi all’interno delle attività e delle fonti di finanziamento che non trovano opportuna rilevazione all’interno della contabilità finanziaria pur influenzando la stima dell’avanzo/disavanzo di amministrazione. Si pensi alle passività non onerose, agli investimenti non finanziari, o alle voci di reddito di natura non monetaria. L’introduzione di una contabilità economico-patrimoniale permette, inoltre, di dare maggiore evidenza circa l’afferenza dei diritti e dei doveri sottostanti le diverse operazioni di investimento e finanziamento.

Contestualmente, le logiche e gli strumenti contabili tipici del settore privato – il cui impiego nel settore pubblico è stato fortemente caldeggiato con l’avvento del New Public Financial Management – non possono essere trasposte alle amministrazioni pubbliche as they are. La mancanza di standard contabili in grado di adattarsi all’elevata eterogeneità che caratterizza le pratiche contabili dei diversi Stati membri, prima, e la difficoltà di implementazione dei principali contabili per il settore pubblico internazionali (IPSAS) e/o europei (EPSAS), poi, hanno rallentato il processo di armonizzazione contabile.

La previsione di un sistema contabile basato sul principio accrual unico per il settore pubblico sembra pertanto essere un intervento necessario per il raggiungimento degli obiettivi di natura sociale, ambientale, tecnologica e cultura che rappresentano il core del PNRR.

Nonostante la tendente rigidità verso standard predeterminati e i vincoli nazionali esistenti, è ormai ampio il consenso verso lo sviluppo gli EPSAS. I principi contabili europei per il settore pubblico sono infatti ritenuti in grado di rispondere efficacemente all’esigenza di controllo del deficit e del debito pubblico e di promuovere un approccio armonizzato coerentemente alle caratteristiche specifiche di ciascuno Stato membro. Di primaria importanza è anche il fatto che la contabilità economico-patrimoniale nel settore pubblico può aiutare a fornire un quadro completo di ciò che le PA possiedono (seppur persistano alcuni scetticismi in merito, per esempio, alla valutazione di attività e passività), di ciò che devono e del valore creato o distrutto. La tanto invocata competenza economica nel settore pubblico rappresenta, pertanto, un principio fondamentale in termini di accountability e di trasparenza nella comunicazione finanziaria, di equità intergenerazionale e di efficienza. Requisiti, questi, imprescindibili per il raggiungimento degli obiettivi contenuti nel PNRR e ribaditi come centrali a livello europeo.

Prendiamo per esempio il caso degli enti locali: dopo il crollo degli investimenti registrato nel periodo 2008-2017, l’implementazione del PNRR graverà sulle spalle dei governi locali, ai quali competerà la gestione di circa il 35% del finanziamento complessivo. Dopo una prima risposta alla crisi basata su anticipazioni di liquidità e sostegni nel breve periodo, gli enti territoriali sono adesso chiamati (finalmente) a ripensare servizi e infrastrutture in una prospettiva di lungo termine. A tal fine, contabilmente, gli enti dovranno: utilizzare un codice identificativo per ciascun progetto al fine di monitorarne lo stato di avanzamento; accendere appositi capitoli all’interno del Piano per ricostruire le entrate e le uscite relative a ciascun progetto; utilizzare il rolling budget per rimodulare costantemente i risultati attesi. È quindi necessario uno sforzo teso, in primo luogo, a un’accurata selezione dei progetti da implementare, ma anche – e forse ancor di più – a un attento monitoraggio e a un’efficace comunicazione delle modalità di impiego dei fondi pubblici supportato da un sistema informativo e contabile adeguato. Per questo l’attuazione degli investimenti e delle riforme contenute nel PNRR deve essere sostenuta da un’informativa finanziaria in grado di rappresentare la complessità delle PA, evitando perdite di informazioni.

Ma quanto questa urgenza di rendicontazione secondo le regole e gli impegni assunti con il PNRR si tradurrà in uno sforzo concreto degli enti di ripensamento del proprio sistema contabile anche in una logica di monitoraggio delle performance e non solo di compliance? Quanto i nuovi principi, le nuove regole e procedure contabili riusciranno ad accompagnare un ripensamento anche delle prassi, delle competenze e dell’utilizzo delle informazioni contabili ai fini decisionali e di accountability?

Se, da un lato, una possibile risposta potrà essere fornita dallo standard setter nazionale che ha già avviato tavoli di lavoro, in sede MEF-RGS, volti a discutere questioni tecniche e di governance del nuovo sistema contabile, dall’altro si pone un tema di capacità e rapidità di adattamento alle nuove regole contabili e alle nuove opportunità informative da parte delle amministrazioni destinatarie della riforma accrual.

In siffatto contesto diventa innanzitutto cruciale garantire la concreta efficacia dei momenti di confronto già citati tra standard setter (MEF-RGS) e gli enti destinatari della riforma, anche per ridurre il rischio della scarsa partecipazione, palesatasi, sui medesimi temi, durante la fase di sperimentazione delle regole contabili armonizzate post d.lgs. 118/2011 e che ha visto la partecipazione di una bassa rappresentanza degli enti locali destinatari di quella riforma, con l’unica eccezione delle Regioni. Il cambiamento richiesto è senza dubbio rilevante, sia sotto il profilo delle competenze richieste, sia sotto il profilo delle azioni da implementare. Nonostante la necessità di rispettare le tempistiche previste è importante che tale cambiamento sia accompagnato innanzitutto da un cambio di prospettiva rispetto a quelle che sono le finalità del bilancio – non solo un documento autorizzatorio, ma anche uno strumento previsionale e comparativo – e da principi e standard contabili in grado di rispondere tanto all’esigenza di standardizzazione quanto a quella di rappresentazione veritiera e corretta delle singole realtà. A tal fine, suggeriamo allo standard setter di procedere con un’implementazione graduale ai diversi livelli amministrativi o per gruppi omogenei di enti al fine di cogliere sia le specificità che gli aspetti (incluse le problematiche applicative) comuni a tutti gli enti e quindi proporre le modalità di adozione del nuovo framework contabile più appropriate.

In secondo luogo, le amministrazioni devono investire fin da subito in competenze contabili e tecnico-specialistiche (necessarie ai responsabili delle ragionerie per traghettare gli enti verso la nuova base unica accrual) ma anche in competenze gestionali trasversali che consentano anche ai non esperti di contabilità e bilancio (responsabili di altri settori dell’ente, amministratori, decisori più in generale) di comprendere il potenziale informativo e di accountability derivante da un uso consapevole dei dati di natura economica, finanziaria e patrimoniale prodotti dall’ente.

Da ultimo, ricordiamo di non sottovalutare in questa fase di transizione le università e gli enti di ricerca che possono rappresentare, in questo scenario, degli interlocutori di primo ordine per le riflessioni sistemiche, per l’identificazione di una metodologia di coinvolgimento degli stakehoder di questa riforma, per la definizione e il trasferimento dei tecnicismi e delle potenzialità informative dei sistemi contabili presso gli enti.

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