Il Meglio del Piccolo

Officina Stellare: nulla è impossibile ad una piccola impresa

Il nome è già un programma: OFFICINA STELLARE.

Quest’oggi vi parlerò di una piccola impresa italiana (8 milioni di euro circa e una quarantina di dipendenti), microscopica rispetto agli attori con cui si confronta. E’ un’officina “stellare” perché progetta e produce telescopi ad altissimo contenuto tecnologico ma è “stellare”, lo capirete a breve, anche per come viene condotta.

La metteremo a tema per affermare, ancora una volta con i fatti e non con la teoria, che nulla è impossibile ad una piccola impresa ben gestita. Non è impossibile essere scelti come fornitori dalla NASA, dal gruppo AIRBUS o dal MIT (la più rinomata università americana in materia di tecnologia), fare prodotti ipertecnologici, disporre di strumentazioni uniche nel panorama europeo, riuscire a fare acquisizioni di successo, essere quotati in borsa, dar vita ad una accademia aziendale, contribuire al rientro dei “cervelli” fuggiti all’estero. Ma andiamo con ordine….

La storia è quella di due amici appassionati di cieli stellati e pianeti fin da bambini, Giovanni Dal Lago e Gino Bucciol che, senza avere fatto nessuno studio specialistico, da totali autodidatti, decidono di partire nel 2001 con una loro impresa a Thiene, in provincia di Vicenza. Giovanni si occuperà fin da subito della parte di progettazione e di produzione, oltreché dell’amministrazione, e Gino del commerciale. Due persone, una passione e una società in comune: la Astrotech. Giovanni nei primi anni, in parallelo all’azienda, porta avanti anche la sua attività originaria: quella di collaborare con primarie riviste di astronomia italiane e internazionali. Lavorerà nel settore editoriale al fianco di personaggi come Margherita Hack, diventando piuttosto conosciuto nell’ambiente fino a quando, nel 2008, deciderà di dedicarsi solo all’azienda di telescopi.

I primi anni per i due soci di Astrotech sono davvero un’avventura: senza grandi capitali alle spalle o ingegneri cui appoggiarsi, da soli, si troveranno a realizzare uno dei primi telescopi per la NASA. Quello che accadde in questa commessa fu esilarante ma anche significativo: concentrati com’erano nella costruzione del telescopio non si resero conto che, date le dimensioni, non sarebbe potuto uscire dalla porta della piccola officina in qui allora lavoravano. Dovettero smontarlo e rimontarlo all’aperto per poi spedirlo in America. Eppure in quel progetto compiuto in un cortile, i tecnici della NASA avevano scorto delle configurazioni ottiche particolari ovvero, senza entrare nei tecnicismi, una “ricetta” originale, unica, che meritava di essere comprata. Per lo stesso motivo, anche la commessa successiva, un telescopio che sarebbe stato montato su un 747 (aereo speciale che vola solo in alta quota e fa missioni per studi di astronomia infrarossa), l’agenzia spaziale americana volle di nuovo loro, con il loro capannone sgarrupato.  “Sapevano di non essere assolutamente strutturati per un progetto simile. Ma noi avevamo le idee e le competenze. Loro il metodo. Ci scelsero e ci accompagnarono per un anno e mezzo nella realizzazione della commessa chiamandoci settimanalmente ogni giovedì alle 17.00 ora italiana”.

Nel 2009 un altro passaggio importante per Astrotech. Viene realizzata una joint-venture con Auriga, la più importante società italiana specializzata nella distribuzione di prodotti per astronomia e viene costituita Officina Stellare. E così un terzo socio, Riccardo Gianni, anche lui super appassionato di astronomia, sale a bordo.

Nel 2012 viene compiuta un'ulteriore operazione societaria; viene acquisito un laboratorio ottico e il suo fondatore, Fabio Rubeo, tanto per cambiare fanatico di astronomia, si unisce ed entra a far parte come quarto membro della compagine di Officina Stellare. La mossa rispondeva ad un preciso fabbisogno strategico. Prima di allora l’approvvigionamento delle componenti ottiche avveniva collaborando con aziende tedesche e russe, con tutte le difficoltà legate alla dipendenza da fornitori lontani fisicamente e culturalmente. Alla direzione pareva sempre più chiaro che l’ambito sui cui Officina Stellare fondava il suo vantaggio competitivo, oltre ovviamente alla progettazione, fosse quello ottico e non meccanico. Le componenti meccaniche del telescopio, pensate internamente, potevano essere con maggiore convenienza appaltate a fornitori esterni. Con questa incorporazione di competenze anche sul versante dell’ottica, l’azienda diventava una realtà quasi unica nel panorama europeo focalizzandosi sulla produzione di telescopi impiegati in ambiti diversi: la ricerca, la difesa e l’aerospaziale. L’unicità si manifestava anche sul piano estetico: progettare un bel telescopio costava come farlo brutto. Venne scelta naturalmente la prima opzione.

 

 

Il 2015 è un anno decisivo per Officina Stellare. Gli investimenti necessari per soddisfare i clienti internazionali di altissimo livello (che sono un altro elemento centrale della strategia di questa impresa) si fanno sempre più importanti.  L’azienda allora fatturava un paio di milioni di euro e dava lavoro ad una decina di tecnici. La necessità di aprire il capitale ad un socio finanziatore diviene stringente. Si opta quindi per l’ingresso del fondo regionale Veneto Sviluppo che accetta di entrare al 35% per sostenere la crescita della piccola officina vicentina. L’avvento del fondo è occasione per iniziare a familiarizzare con il linguaggio della finanza e per avviare un sistema di controllo di gestione e di reportistica prima inesistente ma, soprattutto, consente di avere le risorse per l’acquisizione di uno stabile adeguato alle esigenze di crescita. Concluso il proprio compito di accompagnare la prima fase di sviluppo delle società, il fondo regionale nel 2015 esce dalla compagine sociale. L’idea che matura in capo ai soci, passo considerato da loro necessario per lavorare in un settore altamente tecnologico, è quello della quotazione in borsa all’AIM (il mercato di Borsa italiana dedicato alle imprese di minori dimensioni). L’obiettivo viene raggiunto il 26 giugno 2019. La quotazione si realizza con la chiusura anticipata degli ordini di acquisto per via di richieste triple rispetto alla quantità di azioni disponibili. Al di là dei buoni risultati raggiunti sul mercato, con il titolo che si è apprezzato da 6 a 10 euro nel periodo pre-Covid, la quotazione obbliga l’azienda a cambiare il suo approccio, a strutturarsi maggiormente e a proseguire in quel percorso di controllo di gestione che era iniziato con l’ingresso del fondo regionale. Dopo l’approdo a Piazza Affari, Officina Stellare viene magicamente scoperta da potenziali clienti italiani, che le bussano alla porta sbalorditi dell’esistenza di una realtà simile sotto casa. La quotazione sembra anche aver aumentato la capacità di attrarre talenti. I 42 dipendenti di Officina Stellare sono tutti ingegneri, fisici e ottici, molti dei quali sono profili senior, rientrati dall’estero per lavorare a Sarcedo (dove da qualche anno si trova la nuova sede). Questa impresa, nel suo piccolo, riporta “cervelli” esperti in Italia. Ma non solo: sta lavorando anche nella creazione di un vivaio da cui attingere giovani attraverso la creazione di partnership con le università e i centri di ricerca. Per questo motivo è nata un’accademia aziendale in collaborazione con il CRN e l’Università di Padova che darà vita ad un corso di ingegneria ottica che non esiste in Italia ed è stato lanciato un Dottorato Industriale per formare profili da inserire in azienda.

Con questa dotazione di risorse, i due soci operativi, Dal Lago e Bucciol, guardano positivamente, al di là della particolare situazione di quest’anno, al futuro. I trend che immaginano di cavalcare sono due. Il primo è quello della “laser communication” in cui i telescopi vengono impiegati al posto delle antenne per radio frequenza. Il secondo è quello della New Space Economy, per i profani una sorta di rivoluzione low cost del settore aerospaziale che vede nel magnate americano Elon Musk, con le sue missioni a prezzi “accessibili”, il più noto esponente.  Un mercato in crescita popolato da aziende private che, per esempio, lanciano in orbita costellazioni di satelliti (qualche centinaia) che montano telescopi per riprendere, quasi in tempo reale, la terra.  Queste immagini vengono poi vendute per svariate applicazioni in campo agricolo, di sorveglianza, di monitoraggio dell'inquinamento e dei confini. La vita di un satellite commerciale e del telescopio su di esso montato è molto breve: dopo tre o quattro anni al massimo deve essere rinnovato e deve perciò costare relativamente poco. Ecco perché Officina Spaziale, nell’era della New Space Economy, vede opportunità davvero importanti ma riconosce anche la crucialità di continuare ad avere una struttura di costi contenuta, oltre alla flessibilità e alla velocità attuale. Se si strutturasse troppo perderebbe competitività per via di un innalzamento dei costi e di un incremento di rigidità. La sfida sarà proprio quella di rispondere al nuovo paradigma, crescere rapidamente ma senza appesantirsi troppo. Un equilibrio difficilissimo da raggiungere.

 

 

 

 

 

 

Già. Pensate a quale gara stanno partecipando questi signori. Pensate a quello che hanno fatto e a quello che faranno. Propongo di non chiamarli più piccoli imprenditori. Spero che, riflettendo su questo caso, si possa iniziare a credere che le imprese di minori dimensioni non siano costituzionalmente limitate e impossibilitate a fare cose importanti. Non è una questione di dimensione ma di capacità, quella che porta a diventare, in qualsiasi settore, unici, lavorando instancabilmente sulla qualità, sull'innovazione e sulla bellezza. Sogno un contesto culturale in cui, oltre a dare giustamente rilievo all’ultima missione di SpaceX voluta dal solito Elon Musk, si sappia dare attenzione anche agli insoliti fondatori di Officina Stellare, fino a un anno fa più conosciuti in America che in patria. Confido che nelle nostre università gli studenti da tutto il mondo, oltre ad ascoltare le straordinarie gesta di Tesla, possano entrare in contatto con realtà come questa e con i loro ideatori, che portano avanti, riveduta e corretta, una tradizione di studi astronomici che risale al 1600. Erano di un tizio italiano, si chiamava Galileo Galilei.

 

 

 

 

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