Il Meglio del Piccolo

Diversificare sì ma....con giudizio

Dopo mesi di preoccupazione e di fatica, c’è, tra gli imprenditori, voglia di ripartenza. La parola cambiamento è sulla bocca di molti. Alcuni lo stanno già facendo trasformandosi. Tuttavia, va detto che le piccole imprese forti hanno sviluppato la convinzione che saper fare bene una determinata attività, ed averlo dimostrato a sé ed al mercato con i risultati raggiunti in tanti anni di lavoro, non significa automaticamente saperne fare altrettanto bene altre. Ne consegue una scarsa propensione alla diversificazione strategica come antidoto al cambiamento in corso. Modificare completamente la propria combinazione perché ritenuta, anche a ragione, in crisi per inseguirne altre più alla moda significa snaturare una consuetudine tipica, in particolare, delle piccole e medie imprese: l’imprenditore non è uomo per tutte le stagioni, profilo che più si avvicina alle caratteristiche di chi si muove secondo la prospettiva del finanziere, e dunque lega la propria avventura aziendale a fattori molto specifici, spesso casuali. Le mansioni svolte e il settore dell’azienda in cui magari il titolare ha operato come dipendente prima di rischiare in proprio, il crescere all’interno di una famiglia proprietaria di un’impresa presente da decenni in un certo mercato, il settore e le specializzazioni del distretto territoriale in cui è nato e cresciuto, la formazione professionale acquisita ed altre circostanze tipiche della vita di ciascuno, sono fatti che indirizzano l’esperienza dell’imprenditore, come quella di chiunque altro, e che orientano il suo fare impresa. Pensare di poter cambiare con facilità e con successo di risultati la predisposizione che nasce da questo accumulo di esperienza pregressa è molto meno logico che applicarsi con maggiore creatività per migliorare la combinazione strategica originaria recuperando l’efficienza e l’efficacia eventualmente persa per cause esterne o interne

La diversificazione buona

Certo, in alcuni casi il prodotto può non essere più competitivo ed allora, tentata senza successo la strada dell’innovazione, occorrerà partire dalla tecnologia fin lì utilizzata e dai mercati più conosciuti alla ricerca di evoluzioni strategiche incrementali. Quello su cui si vuole richiamare l’attenzione è che, anche nei momenti difficili, l’impresa forte utilizza l’apertura verso l’esterno per ricercare idee strategiche a lei vicine: guarda lontano, fuori da sé, per trovare soluzioni di prossimità. Per queste imprese, infatti, si tratta sempre di migliorare ulteriormente quello che si è sempre fatto ed eventualmente attuare quelle diversificazioni che originino dalla combinazione strategica adottata o che servano a rafforzarla. Sono aziende solide come querce, basate su un apparato radicale profondo. La loro prospettiva è quella di generare rami nuovi, necessariamente diversi da quello del “core business” originario, attingendo però linfa vitale dalle proprie radici di competenze consolidate. Questa diversificazione - che possiamo definire correlata - è l’unica che ci sentiamo di consigliare a una piccola impresa. Tutte le altre mosse, salvo eccezioni che confermano la regola, sono distrazioni che, a maggior ragione in un periodo come questo, potrebbero essere fatali. I voli pindarici da un settore all’altro, convinti di potercela fare sulla base dei successi precedenti, sono operazioni rischiosissime. Rappresentano la diversificazione “cattiva” che lasciamo, come già detto, ai “diavoli” della finanza.  Qual è invece l’esercizio che suggeriamo per andare avanti in modo ragionevole? Partire da quello che si sa fare bene, da una conoscenza distintiva di una tecnologia, di un processo produttivo o di un mercato, e cercare di applicarlo in ambiti limitrofi. Ricetta facile da scrivere ma non altrettanto da attuare. Eppure esercizio potente che se realizzato può portare lontano.

Partire da quello che si sa fare bene, da una conoscenza distintiva di una tecnologia, di un processo produttivo o di un mercato, e cercare di applicarlo in ambiti limitrofi

Nelle prossime puntate, per avere esempi concreti di chi ci è riuscito, vi racconterò casi di imprese che hanno scelto proprio la via della diversificazione correlata: dalle gallerie alle terme, dalla sedie in plastica alle gabbie per topi, dai telai per le auto da competizione alle componenti per i razzi su Marte, dalla vendita di camion ad una piattaforma di servizi per autotrsportatori, dal filo elastico per i salami e gli arrosti a quello per le bende medicali per approdare naturalmente, dato il periodo, all’elastico che sostiene le mascherine, ….tutti esempi di diversificazione “buona”, quella a cui, per il futuro della propria impresa, vale la pena pensare.

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