Il Meglio del Piccolo

Artigiani del futuro

Davide Peli, 38 anni, bresciano, è un giovane artigiano che ha fondato la sua impresa nel 2008, specializzandosi negli strumenti di metrologia. Da allora, sotto la sua guida, l’azienda è cresciuta e si è sviluppata (persino con l’apertura di una piccola filiale negli USA) arrivando nel 2020 a toccare i 4 milioni di euro e superare la soglia dei 20 dipendenti. Proprio nell’anno del Covid ha quadruplicato gli investimenti e con essi sono state gettate le basi per raggiungere i 5 milioni nel 2021. Non solo. A dicembre dello scorso anno, nella Roma deserta della pandemia, è stato eletto, dopo aver seguito tutta la trafila dal livello provinciale a quello regionale, presidente nazionale del Gruppo Giovani Imprenditori di Confartigianato.

Proprio da questo suo grande impegno parte la mia conversazione con lui.

 

Marina Puricelli: Qual è oggi il senso della partecipazione di un artigiano all’Associazione, in particolare, di un giovane imprenditore? Che senso ha nel 2021 appartenere ad un corpo intermedio dato che, usando il web, abbiamo imparato a praticare la “disintermediazione”, anche fisica, superando passaggi che prima sembravano obbligatori? Perché aderire ad un movimento? A cosa serve?

 

Davide Peli: Ho scoperto Confartigianato quando avevo 24 anni. Ricordo ancora benissimo la frase di un funzionario che allora mi colpì molto: “E’ un luogo in cui ci si aiuta e ci si confronta”. Ho iniziato a frequentare quel luogo trovando fin da subito un gruppo di giovani imprenditori molto affiatati che erano un passo avanti a me, che avevano già affrontato tutta una serie di problemi e trovato le soluzioni. Ecco il primo grande vantaggio: condividere e superare i propri dubbi. Poi via via che partecipavo a livello regionale e nazionale aumentava la “cassa di risonanza” e il valore di questi confronti. Nel mio caso si è innescato progressivamente una sorta di circolo virtuoso: più stavo fuori, più imparavo a gestire meglio l’azienda. Più la mia organizzazione camminava con le proprie gambe più potevo impegnarmi in cariche associative di rilevanza crescente.

 

Marina Puricelli: Ma allora perché questa esperienza cosi positiva - che dovrebbe apparire quasi scontata nella formazione di un giovane imprenditore - non è sempre rintracciabile nel percorso della maggioranza dei vostri colleghi?

 

Davide Peli: Esiste ancora una gran fetta di giovani imprenditori che non conosce il Movimento dei Giovani Imprenditori. Non sanno cosa si perdono a non parteciparvi. Una delle priorità del mio mandato nazionale sarà proprio quella di far conoscere e testimoniare il valore dell’appartenenza e la forza di un corpo intermedio anche a livello politico.

Quello dell'artigiano "sporco, brutto e cattivo" è un retaggio del passato

Marina Puricelli: Avendo presente lei e molti altri partecipanti al nostro corso Confartigianato Academy, mi pare ci sia anche un altro problema. Nella mentalità comune l’artigiano è un ruolo povero, un mestiere che tutto sommato i genitori non vorrebbero augurare ai propri figli, come se la “carriera” quella con la “C” maiuscola fosse un’altra cosa. Non è trendy e non è appealing, detto da chi non conosce, non fa tendenza.

 

Davide Peli: Si, è vero. Ci troviamo spesso di fronte a visioni distorte. Esiste ancora il retaggio culturale che vede l’artigiano “sporco, brutto e cattivo”, costretto a fare un lavoro faticoso e poco valorizzato. Non è più così: i giovani artigiani dell’era 4.0 lavorano in contesti fortemente automatizzati, le loro officine sembrano sale operatorie, il digitale è parte integrante delle loro attività, sono molto coinvolti e motivati, i loro compensi sono più che soddisfacenti. Basta visitare una falegnameria, una delle attività artigianali più antiche: in terra non troverete un truciolo, ma pulizia, ordine e soprattutto tante macchine robotizzate. Anche l’elettricista di nuova generazione arriva con un portatile in mano e non più con i fili e il cacciavite. Accanto a questi operatori tradizionali ne sono poi nati di nuovi: artigiani dell’ICT o del cibo che costruiscono sull’innovazione e sulla personalizzazione il loro vantaggio competitivo e lo portano con successo nel mondo. Questo profilo dell’artigiano del futuro non è noto: va comunicato e questo sarà un secondo impegno portante del mio mandato.

 

Marina Puricelli: Credo che oggi sia più che mai necessario fare cultura d’impresa anche e soprattutto nelle scuole per trasmettere ai ragazzi una idea più veritiera dell’artigiano. Per fare in modo che si sappia di quelli come lei. Per andare oltre l’ignoranza e i luoghi comuni.

 

Davide Peli: Esatto. Occorre entrare nelle scuole e presentare agli studenti cosa significa veramente fare l’artigiano nel 2021. Occorre spiegare loro che in una piccola impresa un ragazzo con un buon potenziale può con facilità arrivare ad essere il numero due, con responsabilità e soddisfazioni consistenti, cosa molto meno probabile a parità di talento, in una grande azienda. Occorre infondere fiducia a chi tra loro vorrebbe cimentarsi in una attività imprenditoriale in prima persona. L’altro problema è che mentre la realtà delle imprese è molto più avanti di quanto si pensi, le scuole - quelle tecniche in particolare - sono rimaste indietro. Nei laboratori si usano strumenti e apparecchiature obsolete che rinforzano l’idea di piccola impresa artigianale superata, fuori dal tempo e come tale perdente. La realtà è progredita e molto vivace mentre, in prevalenza, le scuole sono ferme. Questo divario non aiuta, allontana i ragazzi dal mondo delle aziende artigiane e non li prepara a sufficienza creando un ulteriore e negativo disallineamento: quello tra domanda e offerta di lavoro. Anche su questo tema nell’ambito del mio mandato vorrei lavorare effettuando una ricognizione delle iniziative in essere tra le nostre sedi territoriali e le scuole locali, per individuare le “buone pratiche” e diffonderle affinché i ragazzi e le loro famiglie possano conoscere veramente il mondo delle piccole imprese. Occorre fare cultura d’impresa e trasmetterla. Partire da lì’ per colmare il divario e ridurre la disoccupazione giovanile.

Occorre fare cultura d'impresa nelle scuole 

Marina Puricelli: Chiarissimo. Mi trova completamente d’accordo. I genitori dovrebbero orientare i figli verso il modello “dell’idraulico laureato”, capendo che non ha nulla di disdicevole. Anzi. L’integrazione tra saper fare e saper essere in una società che sta progressivamente perdendo proprio queste abilità sarà vincente. Le imprese “a valore artigiano”, quelle capaci davvero di offrire prodotti e servizi personalizzati al cliente, manterranno uno spazio di mercato rilevante e continueranno a generare posti di lavoro.

Un’ultima domanda. Come stanno reagendo i giovani imprenditori artigiani che lei rappresenta alla pandemia?

 

Davide Peli: Alcuni si sono completamente riconvertiti pur di continuare e non chiudere. In maggioranza sono stati molto pazienti e flessibili, capaci di adattarsi e di accettare la situazione. Forse la cosa che patiscono di più è la mancanza di date certe sulla ripartenza con la difficoltà di non poter programmare il lavoro. Iniziano a immaginare la fine del tunnel dal prossimo settembre e credono nella forza propulsiva del “debito buono”. Nel frattempo, in attesa della luce, non stanno fermi: fanno formazione, sviluppano innovazioni di prodotto, digitalizzano i processi. I migliori in questo periodo si stanno preparando per la ripresa, stanno affilando le armi per essere pronti a fare la guerra sul mercato e ad aggredirlo per primi quando sarà tempo.

 

Marina Puricelli: Grazie Davide per questa panoramica. Le priorità che lei delinea sono chiare: comunicare chi è veramente l’imprenditore artigiano, entrare nelle scuole per trasmetterlo ai ragazzi e indirettamente alle loro famiglie facendo cultura d’impresa, avvicinare le proposte scolastiche alla realtà per preparare schiere di giovani con le giuste competenze, comunicare l’importanza dell’appartenenza all’associazione anche e soprattutto nei momenti di trasformazione come questo. Per quanto possibile, anche tramite il blog, cercheremo di sostenere con voi un “futuro artigiano”, facendo emergere il positivo della vostra realtà che, pur  presente, non è ancora abbastanza valorizzato.

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