Sotto la lente

Implicazioni della global minimum tax sul tax management dei gruppi italiani

Alla fine del 2022 il Consiglio europeo, con l’adozione della Direttiva n. 2022/2523, ha introdotto una «global minimum tax» intesa a garantire un livello di imposizione fiscale minimo per i gruppi multinazionali. Nel settembre 2023 il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) ha predisposto una bozza di decreto legislativo che è stata oggetto di consultazione pubblica. Il 16 ottobre è stato quindi varato dal Governo uno «schema di decreto legislativo» che sarà approvato entro il 31 dicembre 2023. La Direttiva e il decreto costituiscono la normativa che sarà in vigore in Italia e in altri Stati UE nel 2024.

 

Tale normativa si inserisce nell’ambito delle misure adottate per contrastare strategie fiscali aggressive recependo le regole inizialmente approvate il 14 dicembre 2021 dal Quadro Inclusivo dell’OCSE/G20 sul BEPS (Base Erosion and Profit Shifting). L’obiettivo di queste misure è di innescare un meccanismo competitivo tra Stati che porti a tassare sui redditi globali le multinazionali nello Stato ove si trova la società apicale, riducendo così i vantaggi ottenuti dal trasferimento dei profitti verso giurisdizioni a bassa o nulla tassazione.

 

Queste regole si applicheranno ai gruppi con società apicale in Italia con un fatturato di almeno 750 milioni di euro in almeno due dei quattro esercizi precedenti e mirano quindi a garantire che i grandi gruppi italiani paghino un’imposta effettiva sui redditi globali non inferiore al 15 per cento. Infatti, se la tassazione in Italia è inferiore a questa aliquota, il gruppo viene ivi  assoggettato a una global minimum tax differenziale che conduce al 15 per cento («top-up tax»).

 

Ciò implicherà costi di compliance perché sarà necessario dimostrare, pur in presenza di un’aliquota nominale IRES in Italia del 24 per cento, il pagamento dell’aliquota effettiva del 15 per cento sui redditi globali mediante addizionali attività di reporting, con un impatto notevole sulla funzione manageriale che presidia la variabile fiscale. I grandi gruppi italiani sono quindi chiamati a un significativo sforzo che riguarda le funzioni di amministrazione, finanza e controllo.

 

Occorrerà quindi identificare nell’ambito del Tax Control Framework (cioè il sistema che presidia il controllo strategico della variabile fiscale mettendo in contatto il board con la filiera  del CFO e del tax department) le funzioni aziendali che si occuperanno dell’implementazione di questi sistemi di controllo a livello sia di gruppo sia delle singole unità nelle giurisdizioni rilevanti.

 

Sotto un profilo di organizzazione interna, le multinazionali italiane impattate dalla normativa dovranno implementare un processo aziendale bifasico. In primo luogo, dovranno individuare «a monte» i nuovi e inediti key tax issues relativi all’applicazione della global minimum tax; in secondo luogo, dovranno strutturare «a valle» i processi aziendali per affrontare tali key tax issues con soluzioni operative.

 

I key tax issues si trovano sotto il diretto presidio dei tax departments delle aziende. Per prima cosa, è necessario determinare il reddito contabile globale e le imposte effettivamente assolte dalle unità del gruppo nelle diverse giurisdizioni, implementando nuovi sistemi di controllo che verifichino la disponibilità e l’affidabilità dei dati.

 

Il secondo key tax issue attiene al calcolo di determinati livelli di ricavi lordi e profitti sotto ai quali opera un’apposita «esclusione in base alla sostanza» che di fatto esenta la multinazionale dalla minimum tax. Un altro key tax issue sostanziale riguarda la quantificazione dell’eventuale imposta aggiuntiva da versare qualora l’imposta effettiva delle singole giurisdizioni estere sia inferiore al 15 per cento. Vi sono poi key tax issues relativi agli adempimenti dichiarativi addizionali rispetto a quelli ordinari, in quanto è necessario presentare in Italia una speciale comunicazione fiscale che attesta il pagamento dell’imposta minima.

 

I processi aziendali «a valle» per affrontare in concreto tali key tax issues implicano la compartecipazione dei tax departments con altre funzioni aziendali. Occorre innanzitutto approntare un team dedicato inter-dipartimentale che deve includere diverse filiere dello staff di amministrazione, finanza e controllo e porsi come mission l’identificazione delle giurisdizioni e delle unità rilevanti.

 

Una volta svolto questo compito di «mappatura», il team deve verificare la disponibilità dei dati dai sistemi aziendali e l’adeguatezza delle risorse interne delle diverse consociate estere, manutenendo il sistema nel corso dei diversi periodi di imposta. Tutto ciò implica una corretta identificazione delle funzioni rilevanti e delle modalità di interazione inter-funzionale, nonché l’implementazione del sistema di comunicazione infragruppo per coordinare le unità in diverse giurisdizioni.

 

Idealmente, si potrebbe valutare la possibilità di automatizzare alcuni di questi processi avvalendosi delle innovative tecnologie di Big Data a supporto delle decisioni manageriali, in particolare i calcoli, in modo da riuscire a effettuare previsioni sulle conseguenze fiscali delle scelte aziendali intraprese dalle singole unità.

 

Un secondo gruppo di processi aziendali «a valle» riguarda l’identificazione delle informazioni necessarie per la compliance; ciò implica in particolare l’analisi dei meccanismi di calcolo dell’aliquota effettiva e delle eccezioni, incluso il meccanismo di esclusione, e conduce necessariamente a un altro sub-comparto conseguenziale di processi aziendali che attiene all’elaborazione del budget previsionale e alla pianificazione in ottica non solo di strategia fiscale, ma anche di gestione finanziaria.

 

Questi due gruppi di processi aziendali inducono una profonda riflessione organizzativa circa la verifica della possibilità di muoversi verso l’automatizzazione dei calcoli. Questa riflessione è adesso agli albori: eventuali strumenti di decisioni automatiche dovranno infatti confrontarsi con una congerie di variabili amministrative e fiscali relative alla legislazione e alla prassi di controllo delle autorità fiscali, elementi che non sono facilmente traducibili in algoritmi.

 

In conclusione, è necessario prendere in considerazione le conseguenze dell’introduzione della global minimum tax per i gruppi multinazionali italiani in termini di compliance e di complessa articolazione di processi manageriali che travalicano il normale presidio dei tax departments. L’applicazione di questa misura implicherà infatti un aumento dei costi amministrativi, sia per quanto riguarda la gestione della documentazione fiscale, sia per quanto riguarda la più ampia necessità di modulare nuovi processi per adeguarsi alla normativa.

 

Inoltre, la global minimum tax contribuirà ad aumentare notevolmente la complessità fiscale si sia per l’amministrazione finanziaria sia per le imprese. Entrambi gli attori si dovranno infatti dotare di nuove risorse e nuove conoscenze, determinando così un orizzonte di interdipendenze strategiche inedito per la fiscalità italiana e innescando una contestuale innovazione organizzativa all’interno dei gruppi.

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