
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 5 Mag 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
Affrontare le sfide attuali della funzione HR a 360 gradi, grazie a strumenti metodologici per attrarre, scegliere e trattenere in azienda i migliori talenti.
Come giudicare la recente cessione di Stone Island al gruppo Moncler? Più in generale come valutare la scelta di un imprenditore di vendere la sua “creatura” ad un concorrente o ad un fondo d’investimento in un periodo difficile come questo? Uno smacco per chi, come me, sostiene la bandiera dei piccoli imprenditori nostrani?
Di fronte a operazioni simili, prima di gridare al tradimento, cerco di capire se rispondono ad una logica industriale o se sono dettate da una spinta puramente finanziaria.
L’imprenditore vero non teorizza dal giorno uno, dalla nascita della sua creatura, di crescere in fretta e a qualunque costo, per realizzare con la cessione il più possibile
Provo a spiegare meglio il discrimine. Uomo o donna, giovane o maturo, molto o poco scolarizzato, l’imprenditore avvia la sua attività sulla base di un’idea in cui crede fortemente. Sia che parta come fondatore sia che prosegua come successore, sviluppando la formula originaria, non ha in mente innanzitutto di vendere la sua azienda al miglior offerente per ricavare il massimo guadagno. L’imprenditore vero non teorizza dal giorno uno, dalla nascita della sua creatura, di crescere in fretta e a qualunque costo, per realizzare con la cessione il più possibile. Il fine ultimo non è vendere e fare l’affare della vita. E’ creare valore nel tempo sviluppando un mix di prodotto/marchio/tecnologia apprezzato dai clienti, per lasciare un segno nel settore di riferimento e primeggiare rispetto ai concorrenti. L’obiettivo è dar vita e consistenza ad una entità in grado di continuare con successo il più a lungo possibile. Questo ha in testa un imprenditore che può fregiarsi di tale ruolo. Poi, nel corso della vita, dell’azienda e della persona, potranno anche intervenire accadimenti che porteranno alla cessione: la necessità di rafforzarsi entrando a far parte di un gruppo internazionale a causa di specifiche dinamiche di settore o di una crisi internazionale, l’avanzare dell’età del titolare in concomitanza con la mancanza di successori dotati della stessa vis imprenditoriale, l’insorgere strada facendo del desiderio personale di ritirarsi perché, come si sa, l’impresa, vissuta così, da tantissimo ma toglie anche molto. In tutti questi casi il ruolo dell’imprenditore non viene meno, tale sarà fino alla vendita, garantendo con essa, nel caso in cui la nuova compagine proprietaria sia capace, ulteriore continuità all’impresa.
Nessuno smacco al modello imprenditoriale italiano ma solo un necessario/utile cambiamento a livello proprietario come nell’operazione Stone Island-Moncler.
Laddove l’imprenditore vive totalmente immedesimato con la propria impresa, spesso l’unica nella vita, creando ricchezza per se e per gli altri, il finanziere compra e vende, senza conoscere a fondo necessariamente l’oggetto trattato, mai le persone coinvolte.
Altro è invece il caso dei soggetti che avviano o assumono la gestione di un’azienda con il preciso scopo di farla crescere, di svilupparne l’immagine e il marchio, per renderla appetibile alla vendita. Aumentarne le dimensioni e la visibilità e, di conseguenza, prestare la massima attenzione a certi indicatori di bilancio, per rientrare al più presto negli standard delle imprese interessanti per i fondi d’investimento o per i grandi gruppi internazionali, è il loro obiettivo prioritario fin dall’inizio. Marketing e finanza in questi casi si saldano e la fanno da padroni. Sia che si tratti di una start-up o di un’impresa già esistente il fine “dell’imprenditore” è vendere al miglior offerente (qualunque esso sia) in pochi anni per poi eventualmente ripartire con una ulteriore operazione e così via, passando, senza grosse remore anzi con vanto, da un settore all’altro. Al di là degli strascichi economici ed occupazionali che queste avventure spesso lasciano sul terreno e di quelli personali cui sono esposti alcuni di questi personaggi, come le cronache recenti hanno evidenziato, il punto dolente, è definire questi attori economici come imprenditori e sentirli osannati dai media come tali. Impariamo a chiamarli con il loro nome. Non è corretto fare confusione. Sono piuttosto dei finanzieri che, in una società di mercato come la nostra, legittimamente, fanno un mestiere differente. Laddove l’imprenditore vive totalmente immedesimato con la propria impresa, spesso l’unica nella vita, creando ricchezza per se e per gli altri, il finanziere compra e vende, senza conoscere a fondo necessariamente l’oggetto trattato, mai le persone coinvolte. Nulla di scandaloso, solo strutturalmente diverso in tutto. Non stupitevi allora se in questo blog finalizzato al sostegno delle PMI familiari italiane non dedicherò mai spazio alle “mirabolanti” operazioni di start-upper che partono teorizzando subito in fase di avvio di vendere appena sarà conveniente o di sedicenti imprenditori che, dal loro subentro in avanti, hanno solo in mente di cedere la società per il proprio tornaconto economico.
Sono terribilmente di parte: sto con chi considera l’impresa come un figlio da crescere con equilibrio; una creatura da rendere forte e indipendente, in grado di camminare con le proprie gambe, capace il più possibile di fronteggiare le fasi discendenti della vita e di fruire senza troppa euforia dei momenti positivi. Non sto dalla parte di chi concepisce la propria azienda come un maialino da ingrassare in fretta per disfarsene vendendolo al miglior offerente al mercato della carne.