Casi di management

Da Londra ai social media: l’evoluzione digital di Burberry

È possibile essere un brand di lusso caratterizzato da una lunga tradizione e, allo stesso tempo, saper innovare il proprio DNA divenendo un esempio virtuoso nell’uso del digitale? Questa è la grande sfida che ha affrontato negli scorsi anni Burberry, azienda nata nel 1856 quando il ventunenne Thomas Burberry aprì il primo negozio a Londra con l’idea di creare un nuovo tessuto idrorepellente (il gabardine) per i suoi trench ormai leggendari che, insieme al Burberry check (l’iconico design della fodera), sarebbero diventati non solo i simboli dell’azienda ma anche dello stile britannico nel mondo.
Nel 2020 le vendite online nel mercato del lusso hanno totalizzato 49 miliardi di euro, rispetto ai 33 del 2019, e gli acquisti online sono quasi raddoppiati passando dal 12 al 23 per cento. I dati suggeriscono come, entro il 2025, l’online sarà destinato a diventare il canale principale per gli acquisti di lusso considerando che le generazioni più giovani rappresenteranno oltre i due terzi dei consumatori totali. Per far dunque fronte all’evoluzione del settore, già nel 2014 il 60 per cento del budget del marketing di Burberry era stato dedicato ai social media. Un impegno deciso, con risultati che non si sono fatti attendere: a oggi (novembre 2022) l’azienda conta più di19 milioni di follower su Instagram e più di 17 milioni su Facebook.
In un mercato molto frammentato e in fase di trasformazione, tutte le aziende del mondo moda sono chiamate a grandi sforzi per fidelizzare i propri clienti, sempre più alla ricerca di esperienze olistiche e il desiderio di interagire con il marchio, con i suoi prodotti e con la sua comunicazione, ma anche con altri consumatori. Cercano prodotti di qualità e valori forti che riflettano il loro stile personale e li facciano sentire parte di una comunità. Una sfida a cui Burberry non si è sottratta.

I numeri del caso

Azienda: Burberry 

Industry: moda 

Luogo e anno di fondazione: Londra (Regno Unito), 1856 

Ricavi: 2,8 miliardi di sterline (2021) 

Fatturato: 479 milioni di sterline (2021) 

Dipendenti: 9200 

 

Quando nel 1997 Victor Barnett è diventato presidente di Burberry, una delle sue prime decisioni è stata quella di assumere Rose Marie Bravo in qualità di CEO. L’obiettivo perseguito era di riorganizzare l’azienda e ampliare l’impatto di business dell’immagine del brand. La strategia aziendale ha però portato a un’eccessiva diluizione del valore del marchio anche a causa di una politica di licensing troppo permissiva.

Nel 2006 l’azienda capisce di dover riconquistare il suo posizionamento nel mercato. Angela Ahrendts, il nuovo amministratore delegato, decide dunque di invertire la rotta con una strategia innovativa. La sfida più grande era far incontrare la cultura del vecchio trench con il target che l’azienda doveva raggiungere per rimanere in attività: i giovani consumatori nativi digitali dei nuovi mercati, soprattutto quelli di Stati Uniti e Cina. L’azienda decise dunque di puntare sul digitale.

La storia di Burberry, e della sua identità britannica, è diventata, da quel momento in poi, il cuore di un entusiasmante digital storytelling, che ha trovato nelle piattaforme virtuali il canale più adatto alla condivisione. La maison londinese è stata la prima tra le grandi aziende di moda a sperimentare strategie di customer engagement attraverso i social media e altre piattaforme (in particolare YouTube). I video condivisi con il pubblico digitale in quegli anni erano coinvolgenti ed emozionanti; l’obiettivo era quello di valorizzare l’anima britannica del marchio e la sua storia. Nel 2012 l’azienda ha lanciato il suo primo flagship store dotato di una tecnologia sofisticata in Regent Street a Londra. Alla fine del 2013, quando Ahrendts lasciò l’azienda per entrare in Apple, divenne chiaro che Burberry aveva sì fatto dei passi avanti nell’acquisizione di nuovi clienti nei mercati strategici globali, ma non aveva ancora ottenuto risultati sufficienti. La strategia di Ahrendts aveva avuto successo nel contrastare il declino del prestigio del marchio e il business della contraffazione, ma la sua ritrovata identità tutta incentrata su Londra e sul vecchio trench britannico sembrava non essere riuscita ad attirare significativamente l’interesse dei nuovi target.

Nel 2016 Marco Gobbetti divenne il nuovo CEO di Burberry con la missione di conquistare nuovi target, raggiungendo pubblici più giovani e meno tradizionali soprattutto in Asia e America. A tal proposito, impose una svolta radicale all’azienda, che partisse non dallo storytelling del marchio ma dal prodotto. Anche il digitale assunse un nuovo ruolo, diventando una leva per trasformare l’intero business e non solo la comunicazione del brand. Questo cambiamento radicale ha raggiunto l’apice con l’arrivo del direttore creativo Riccardo Tisci, che presentò una nuova collezione dallo stile provocatoriamente rinnovato e persino un nuovo logo. I nuovi valori del marchio divennero: esuberanza, potere, diversità, fierezza. Vennero inoltre coinvolti nuovi testimonial: Marcus Rashford, star del Manchester United, il rapper M Huncho e il cantante Mahmood.

Nel 2020 il fatturato retail di Burberry ha subito una battuta d’arresto in Europa a causa del Covid-19, ma è rimasto stabile nei mercati asiatici anche e soprattutto grazie alla strategia digital oriented di Gobbetti. Nei primi tre mesi del 2021 l’azienda ha chiuso a +86 per cento su base annua, con un fatturato di 479 milioni di sterline. Tra i suoi risultati anche nuovi progetti, soprattutto in Cina, che hanno esplorato le potenzialità del social store, un retailing in cui la dimensione fisica e quella virtuale (anche social) dell’esperienza si fondono.

Le implicazioni

I social media possono essere il cuore della digital transformation, e quindi del business, di un’impresa, ben al di là dei confini della comunicazione di brand. Fin dall’inizio per Burberry i social media sono stati anche una forma di social commerce: è stato intensificato il loro utilizzo anche per rendere acquistabili le collezioni presentate in streaming ai nuovi target, in anteprima rispetto alle passerelle di Parigi, Milano e Londra. Burberry ha sperimentato in modo innovativo anche il linguaggio del gioco e i servizi automatizzati e personalizzati tramite chatbot. Oltre alla strategia digitale, Riccardo Tisci ha pensato a collezioni e campagne dedicate specificamente al pubblico cinese. Il nuovo social-store aperto nel 2020 a Shengen è stato progettato per ispirare, intrattenere e coinvolgere i consumatori attraverso flussi di contenuti dai social media al negozio e viceversa. I risultati raggiunti dal brand nel 2020 sui mercati asiatico e americano l’hanno portato a raggiungere una posizione di prestigio tra i primi dieci marchi nel mercato dei beni di lusso. Gobbetti ha lasciato l’azienda alla fine del 2021, proprio quando la sua strategia mostrava risultati di business in linea con gli obiettivi dell’impresa.

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