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Valutare per crescere: la misurazione della performance individuale nella PA

Le domande

La costruzione di un efficace sistema di misurazione e valutazione della performance individuale (SMVPI) rappresenta una delle principali sfide dei processi di gestione del personale. Se questo è vero per il settore privato, il tema risulta altrettanto rilevante per le Amministrazioni Pubbliche (AA.PP.), soprattutto se si desidera riaffermarne la trasparenza dell’operato dei dipendenti pubblici e riacquistare la fiducia dei cittadini-utenti.

 

Ma quali caratteristiche deve avere un SMVPI per essere efficace? E tale efficacia come si declina nella pratica quotidiana in funzione della necessità di creare sistemi che siano percepiti al contempo come equi e motivanti da parte del personale? Infine, come le percezioni dei dipendenti sui SMVPI si traducono in un maggior engagement e, indirettamente, in una migliore performance per l’Amministrazione nel suo complesso?

 

Una recente ricerca condotta da SDA Bocconi e commissionata e finanziata dal Dipartimento della Funzione Pubblica - Ufficio Valutazione della Performance, ha provato da un lato a offrire una sistematizzazione di come sono strutturati i SMVPI delle AA.PP. italiane in termini di finalità, metodo, processo ed esiti della valutazione; dall’altro, si è concentrata sulle percezioni di chi, attraverso questi sistemi, viene valutato, provando a individuare quali driver guidino maggiormente l’engagement dei dipendenti pubblici.

 

Il lavoro sul campo

Dall’analisi di un campione di 60 Amministrazioni Pubbliche sparse su tutto il territorio nazionale, è emersa la fotografia di SMVPI che formalmente sono orientati allo sviluppo del personale, ma che nei fatti sono quasi esclusivamente finalizzati all’erogazione dei premi. Solo il 28% degli Enti considerati, infatti, lega le risultanze della valutazione ad attività formative, e residuale è l’impiego della valutazione per l’attribuzione degli incarichi. Tutte le amministrazioni impiegano un metodo «gerarchico», dove a valutare è il capo, e solamente due (3%) ricorrono, per i dirigenti, alla valutazione «dal basso», in cui viene richiesto ai collaboratori di esprimere un giudizio sulla prestazione del proprio superiore. Limitato è anche il ricorso a momenti di feedback tra valutatore e valutato: il 43% ne dichiara l’utilizzo, ma spesso è introdotto su base volontaria e, quindi, nei fatti poco praticato.

 

Partendo da questa situazione è nata l’esigenza di indagare quanto tali sistemi siano percepiti come efficaci dai suoi destinatari, attraverso l’osservazione delle dimensioni che la letteratura accademica tradizionalmente associa al tema dell’equità organizzativa. In questo senso, sono state analizzate le percezioni dei dipendenti sull’equità distributiva dei sistemi, ovvero il legame tra la valutazione e le conseguenze che da essa possono derivare (erogazione della premialità, attribuzione di incarichi e di progressioni economiche); l’equità procedurale, ovvero il rispetto delle procedure che hanno portato alla determinazione del punteggio di valutazione; l’equità interazionale, ovvero la qualità del rapporto che si instaura tra valutato e valutatore. Inoltre, ci si è focalizzati sulla percezione della chiarezza del sistema e sulla sua capacità di contribuire allo sviluppo e alla crescita professionale del singolo attraverso la valorizzazione delle sue competenze e l’identificazione di eventuali gap da colmare. Mediante la somministrazione di una survey a 11 delle 60 Amministrazioni partecipanti alla prima fase – per un totale di 1.696 risposte valide – si è evidenziata la necessità di:

 

  • avere una maggiore chiarezza sulle caratteristiche e il funzionamento dei sistemi;
  • ottenere un adeguato riconoscimento delle differenze in termini di performance individuale e misure efficaci a supporto dei cosiddetti poor performer, coloro cioè la cui resa lavorati è inferiore alla media;
  • ampliare la partecipazione alla definizione di obiettivi e standard di attività attesi;
  • definire un maggior orientamento alla rilevazione dei gap di competenza;
  • implementare una migliore comunicazione sull’andamento della propria performance.

Successivamente sono state analizzate le correlazioni tra le percezioni dei dipendenti e il loro livello di engagement, considerato come variabile dipendente. Ne emerge che, a un più equo rapporto valutato-valutatore (equità interazionale) e a una maggiore percezione di orientamento allo sviluppo del sistema, corrisponde un maggiore incremento dell’engagement. Effetti più contenuti, ma comunque apprezzabili, dipendono tanto dalla chiarezza del sistema quanto dall’equità nella distribuzione degli strumenti di rewarding. Quest’ultima variabile, tuttavia, perde il suo potere esplicativo laddove si includa nell’analisi anche l’orientamento allo sviluppo del sistema.

 

Lo studio quindi ha evidenziato come i sistemi costruiti «su misura» per il singolo dipendente, ovvero orientati alla sua crescita e al suo sviluppo professionale, nonché al buon rapporto con il soggetto valutatore, siano elementi chiave nel determinare l’equità percepita e l’engagement dei dipendenti.

 

La ricerca ci dice inoltre che per avere dipendenti pubblici che si sentano parte dell’organizzazione e coinvolti nel loro lavoro sono più funzionali sistemi di valutazione orientati alla crescita e allo sviluppo individuale piuttosto che alla sola erogazione di un premio economico, confermando le teorie sulle specificità della cosiddetta Public Service Motivation. Non solo, nel momento in cui i sistemi cercano di tenere insieme entrambe le finalità, a influire sull’engagement sono le opportunità di crescita individuale e non il premio.

 

Infine, dall’analisi emerge come sia necessario investire sulla fiducia all’interno dell’organizzazione e nel rapporto tra valutatore e valutato, attraverso una comunicazione proficua e costante, condizione essenziale per il buon funzionamento di qualsiasi sistema di gestione delle risorse umane soprattutto laddove nuove modalità di lavoro, come lo smart working, riducono la prossimità fisica tra capo e collaboratore.

 

Guardando avanti

Lo studio ha fornito spunti di riflessione utili sia per i policymaker impegnati in futuri interventi di riforma sul tema, sia per le organizzazioni pubbliche per ripensare i propri SMVPI.

 

Nell’ottica di innovazione dei sistemi di valutazione, sarà sempre più necessario offrire occasioni di miglioramento e di sviluppo delle competenze del valutato, investendo al contempo su chi fa da tramite nel rapporto tra il singolo dipendente e l’organizzazione (in altre parole, sul suo capo), attraverso specifici interventi formativi volti a supportare i valutatori nel proprio ruolo di leader. Questi sono i principali ingredienti per ripensare non solo il come si valuta ma anche il perché lo si fa e in che modo comunicarlo con efficacia.

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