Cantieri di ricerca

La resilienza digitale del settore fashion-luxury in Italia

Le domande

L’impatto della pandemia sul settore del Fashion&Luxury (F&L) è stato estremamente duro. I lockdown che hanno costretto in casa milioni di persone, la chiusura dei negozi, il blocco del turismo, la riduzione degli acquisti negli store fisici e lo spostamento di una porzione di questi sui canali online, la riduzione della produzione, la copertura dei costi fissi sia di produzione sia del personale a fronte di un calo degli introiti, l’anticipo della cassa integrazione fatta da molte imprese, i costi di comunicazione e marketing per scopi solo di branding e non di vendita, la rottura di alcune supply chain: tutto questo ha determinato una forte riduzione dei ricavi e dei margini, oltre a forti tensioni di liquidità.

A partire da questa difficile situazione, secondo molti analisti e osservatori nel prossimo futuro gli acquisti relativi ai beni del F&L si sposteranno in parte sui canali digitali Direct to Consumer (D2C), con una riduzione degli acquisti in store. La sfida sarà prevedere come si comporrà questo mix di acquisti «ibrido» (in tutte le sue forme, quindi anche ROPO o showrooming), anche alla luce di alcuni analisti (per esempio McKinsey) che, per l’Europa, stimano una quota degli acquisti online nel 2021 pari al 22 per cento del totale (il 78 per cento resta dunque offline), e sensibilmente superiore negli USA e in Cina.

Quello che va chiarito è se web e mobile app e le applicazioni di varia natura (di analytics, di IA, di realtà aumentata, di sensoristica di negozio ecc.), ora insignite di una sorta di potere taumaturgico in grado di risollevare le sorti di un settore oggi in grave difficoltà, siano solo elementi «scenici», sperimentali, senza reali go-live e scaling – e oggi utilizzati per «tamponare» l’emergenza –, o siano davvero integrati con i processi gestionali e i workflow dell’azienda e del suo ecosistema, e, grazie a tale integrazione, in grado di generare valore.

Il lavoro sul campo

La ricerca «La resilienza digitale nel settore fashion-luxury: tecnologie, trend e strategie per le sfide future delle imprese in Italia», svolta da SDA Bocconi in collaborazione con Besight e Certilogo, e con il patrocinio di Confindustria Moda, ha indagato il grado di resilienza, cioè la capacità di assorbimento degli shock imprevisti e la capacità di reazione nel tornare a performance aziendali accettabili, delle imprese italiane del settore F&L, in relazione alla loro capacità di informatizzare le diverse aree dei processi aziendali, di digitalizzare i loro prodotti o punti vendita, in relazione all’assetto economico e organizzativo delle funzioni ICT e Digital predisposto a condurre il cambiamento digitale, alla readiness organizzativa al cambiamento digitale stesso.

Dalla ricerca, a cui hanno partecipato 101 aziende del settore F&L (e che cumulano più del 50 per cento del fatturato del settore), emerge che, in generale, le imprese hanno una buona resilienza digitale. Nello specifico, è emerso come:

  1. Gli obiettivi strategici aziendali e delle funzioni ICT/Digital sono chiari e molto allineati, coerenti, più «customer-oriented», che «product-oriented» o finalizzati alla riduzione dei costi operativi.
  2. Le intenzioni delle imprese campione sono di continuare a investire nell’ICT/Digital, a volte con tassi del 10 per cento e più di crescita dei budget allocati. Gli investimenti si indirizzano nella sostituzione delle attuali applicazioni con nuovi software package di mercato, in particolare in importanti aree di processo aziendali: eCommerce/mCommerce, B2C e B2B, pianificazione aziendale, CRM/Customer care (multicanale) e gestione della produzione.
  3. Il grado di copertura delle applicazioni software attuali (fattore di resilienza digitale molto importante) è mediamente alto in tutte le aree di processo aziendale indagate. La copertura si presenta perlopiù con soluzioni di mercato verticali o di tipo ERP, e, inaspettatamente, con poco software custom.
  4. La resilienza digitale risiede anche nel dotarsi di una funzione ICT/Digital che governi e gestisca bene lo sviluppo del sistema informativo e l’evoluzione digitale di queste aziende: è prevalente il caso di una unica funzione (64 per cento dei casi) che presidia sia le componenti più gestionali dell’ICT, sia le nuove componenti che convenzionalmente oggi chiamiamo «digital», con budget di investimento e di spesa di tutto rispetto.
  5. Le tecnologie e gli ambiti digitali ritenuti di maggiore interesse nel breve termine sono tutti quelli che ruotano attorno ai canali digitali web e mobile e alla raccolta, gestione e analisi dei dati di varia natura (65 per cento data analytics e 62 per cento IA); molto meno affascinanti appaiono i social media (nonostante la loro lunga presenza sul mercato), la blockchain, il 3D printing e la robotica, che, pur avendo una storia recente di lancio e rilancio sul mercato, forse non hanno ancora trovato una loro corretta applicazione in un settore, come quello del F&L guidato dalla creatività dei prodotti e dalle emozioni d’acquisto e dalla semplicità e dalla pragmaticità delle soluzioni tecnologiche da adottare.
  6. Il «prodotto connesso» figura tra gli ambiti digitali emergenti, seppure con un livello di attenzione ancora limitato: smart tag, sensoristica, wearable devices e IoT sono indicati tra gli ambiti più interessanti solo dal 23 per cento delle aziende intervistate. Il 36 per cento delle aziende dichiara di aver già adottato tecnologie di smart tagging, nella maggior parte dei casi aperte al consumatore finale, mentre il 23 per cento ha adottato soluzioni di tracciabilità del prodotto. Il servizio più diffuso e rilevante offerto al consumatore che interagisce con un prodotto connesso è la verifica dell’autenticità (citata dal 63 per cento delle aziende), seguita da contenuti riferiti al prodotto stesso (informazioni sui materiali e sulla sostenibilità della produzione) o al marchio (novità, offerte o iscrizione a iniziative specifiche).
  7. La readiness organizzativa al cambiamento digitale è medio-bassa su tutti i fattori di «prontezza» indagata, più bassa sui fattori soft di «attitudini e capacità» (la gestione dell’errore per fini di apprendimento, il change management, la cultura digitale, in cui fa eccezione la capacità di teamwork multifunzionale più elevata), sensibilmente più alta nei fattori più hard di «metodi e practice» (es. il piano di finanziamento del digitale o i metodi agili o i business case).
  8. I top brand non sempre sono al top in tutti i fattori di resilienza indagati: l’ecosistema del F&L sembra muoversi tutto insieme (con i subfornitori, i licenziatari e chi offre prodotti e servizi al settore). Infatti, i primi 3 obiettivi strategici aziendali e delle funzioni ICT/Digital (migliormento della customer experience, creazione di un canale e-commerce e conoscenza del consumatore attraverso i dati) sono sempre gli stessi per le 5 categorie di business (che includono, tra gli altri, i Fashion&Luxury brand, gli Sport brand e i Wholesale/Retail brand). La sostenibilità, la brand protection e la gestione della rete dei negozi come obiettivi strategici compaiono nelle prime 3 posizioni solo per i subfornitori e i Whoilesale/Retail brand. Gli Sport brand sembrano infine essere decisamente più pronti a livello organizzativo per il cambiamento digitale. La digitalizzazione integrata dell’intera filiera porterebbe un consistente beneficio all’intero sistema del F&L in Italia, garantendo al tempo stesso il giusto supporto alla crescita nei mercati internazionali.
  9. Anche nel settore F&L si conferma un certo «digital divide» tra le imprese più grandi e le imprese più piccole, soprattutto nei livelli di soddisfazione e di copertura attuali delle applicazioni software e, soprattutto nella readiness organizzativa media.

Guardando avanti

Come si intuisce dai risultati della ricerca, le imprese del F&L vogliono essere pragmatiche, vogliono osservare l’evoluzione del mercato digitale, vogliono interloquire con le startup portatrici di tecnologie e competenze digitali fresche. Al contempo, sono altrettanto consapevoli di come la vera innovazione sia in capo a loro, applicando e amplificando sul mercato i nuovi paradigmi tecnologici e quelli relativi alle nuove competenze richieste.

I fattori chiave del cambiamento sono il posizionamento del brand, la flessibilità produttiva (abbandonando in parte la logica delle collezioni stagionali), l’agilità dei progetti, i processi decisionali «fact&data-based», in cui i dati possono aiutare le aziende a tenere traccia dei cambiamenti nella domanda tra le aree geografiche, le categorie merceologiche, i canali e i segmenti di clientela di diverso valore. L’emozionalità, l’ispirazione, l’esclusività, elementi importanti del processo di acquisto nel F&L probabilmente si ribilanceranno con elementi che semplifichino il processo operativo di acquisto stesso (anche nell’online, dall’acquisto al reso) e che migliorino e facciano sentire più vicino il customer service.

La principale sfida futura risiede proprio nel trovare la giusta combinazione tra «online experience» e «human touch».

Per maggiori informazioni o per ricevere il report di ricerca, è possibile scrivere a paolo.pasini@unibocconi.it

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