
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 15 Mag 2025
- 4,5 giorni
- Class
- Italiano
Acquisire modelli di lettura e analisi del cambiamento in azienda e proporre metodologie di intervento per trasformare le visioni strategiche in risultati concreti.
“Per tanti anni ho subito uno stile di leadership direttivo, top-down. Tutt’ora purtroppo lo sperimento sulla mia pelle. Però, per lo meno, cerco sempre di proteggere i miei collaboratori. Io resto a lavorare fino a tardi, rispondo alle urgenze del weekend, ma a loro impongo di andare a casa massimo per le sette e il sabato e la domenica guai a disturbarli”.
In aula abbiamo il privilegio di incontrare il più delle volte persone che si siedono tra i nostri banchi perché già propense e desiderose di contribuire a un cambiamento positivo per sé e per le persone intorno a loro. Persone con ottime intenzioni, insomma. Tuttavia queste spesso si rivelano insufficienti. Domandiamo loro come si stanno adoperando nella loro quotidianità per promuovere il cambiamento tanto desiderato e il più delle volte capita di sentire racconti come quello riportato. Sono esperienze guidate dall’obiettivo di dimostrare la propria volontà ad affermare uno stile di leadership diverso. Ma nella maggior parte dei casi si rivelano poco efficaci. Perché?
Perché per essere agenti di un cambiamento, portatori di una nuova cultura organizzativa, bisogna in primis lavorare su se stessi, acquisendo un metodo. Nel caso qui riportato, ad esempio, sarebbe opportuno allenare la propria capacità di fissare dei limiti, per il benessere personale e le relazioni interpersonali. Stabilire limiti ci aiuta a preservare la nostra salute mentale ed emotiva. Senza limiti chiari, siamo inclini a sopportare stress e pressioni eccessive, che possono portare a burnout, ansia e depressione. Imparare a dire "no" quando necessario ci permette di dedicare tempo ed energia a ciò che è veramente importante per noi.
Lo stesso vale per le relazioni interpersonali: fissare limiti è essenziale per mantenere rapporti sani. Se stabiliamo confini chiari, comunichiamo agli altri ciò che è accettabile e ciò che non lo è, riducendo il rischio di sfruttamento o manipolazione da parte degli altri e stabilendo una base solida per il rispetto reciproco.
Non è raro infatti che il dialogo menzionato continui così:
“E come riesci a sopportare questo extra carico?”
“Beh da quando lavoro quello che è sempre successo è che quando non ce la faccio più, do le dimissioni e inizio da un’altra parte con il buon proposito di non rimettermi più in quella situazione”.
Non è sostenibile, per sé e per gli altri, non acquisire un metodo. Seppur guidati dalle migliori intenzioni, imporre ad altri ciò che non si riesce ad imporre a se stessi non funziona. Da una parte si rischia di ridursi sempre a subire comportamenti nocivi, a volte addirittura tossici, che facilmente conducono a loro volta a conseguenze estreme quali burnout o turnover. Dall’altra si rischia di deresponsabilizzare i propri collaboratori, tenendoli sotto una campana di vetro…ma cosa succede poi quando la campana decide di dare le dimissioni e se ne va?
È necessario guardare oltre la mera “sopravvivenza” nel qui ed ora e indirizzare gli sforzi nella giusta direzione. L’invito è quello di adottare un approccio lungimirante, che miri ad acquisire ed allenare competenze capaci di sostenerci lungo tutto il processo di crescita personale e professionale.