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Cercatori di talento non si nasce

Ce lo dicono chiaramente l’economista Tyler Cowen e l’imprenditore e venture capitalist Daniel Gross nel loro libro recentemente pubblicato: per cercare e trovare talenti è necessario un allenamento costante. Non si nasce cercatori di talenti.

Scovare individui dotati di quel giusto mix di creatività, ambizione ed energia è, insieme, scienza e arte. È una competenza che si può apprendere e sviluppare attraverso lo studio e la pratica. Proprio come in qualunque sport. Occorre da un lato conoscere i tecnicismi e, dall’altro, non si può non passare attraverso la verifica e l’apprendimento degli stessi in una continua sperimentazione sul campo.

 

L’evoluzione tecnologica degli ultimi decenni ci ha messo nelle condizioni di avere a disposizione una quantità sempre maggiore di dati che possono essere raccolti, elaborati ed analizzati a supporto dell’individuazione e sviluppo di individui di talento ad oggi ancora sottovalutati o per nulla presi in considerazione. La ricerca del talento, però, non può limitarsi al mero studio dei dati. O, come in alcuni casi si è provato a sostenere, all’utilizzo dell’intelligenza artificiale che passa al vaglio dati biometrici, curriculum o profili social.

 

Il giudizio umano è imprescindibile, proprio perché la ricerca del talento è un processo complesso. Esiste una molteplicità di fattori da considerare che si determinano e influenzano vicendevolmente. Non si tratta di un processo lineare, della serie “se un individuo mostra alti livelli di creatività, la sua performance sarà necessariamente eccellente”. Sappiamo che la creatività è un ingrediente fondamentale nello sviluppo di un talento, è uno dei criteri spesso utilizzati e universalmente riconosciuti. Come questa, esistono certamente altre linee guida nella ricerca del talento ma questo non ci deve esonerare dal capire e saper leggere il contesto in cui ci troviamo, comprendere le caratteristiche individuali e domandarsi come queste possano evolvere e fiorire in virtù di uno scenario futuro desiderato. Si tratta di saper cogliere quella che gli autori chiamano “variabilità trasversale”, ovvero la possibilità che alcune regole possano ritenersi valide e funzionanti solo in alcuni ambiti o momenti storici.

Per stare di fronte a domande quali “fino a che punto la creatività di un essere umano può essere prevista sulla base di una correlazione con aspetti come i tratti della personalità e gli indicatori di intelligenza?”, oppure “la creatività umana è davvero irriducibile a fattori precisi, può essere colta solo intuitivamente, e si manifesta ogni volta in un modo in ultima analisi unico?”, o ancora, “quali tipi di persone eccellono davvero nel cambiare le cose?” non possiamo procedere senza metodo.

Questo significa in primis prestare grande attenzione a tutti gli stimoli e dati oggettivi che riceviamo e raccogliamo dall’esperienza.

 

Come facevano i cercatori d’oro: il setaccio sempre a portata di mano, pronto ad essere immerso nelle acque dei fiumi per trattenere le pepite. Questo non può non andare a braccetto con un’insaziabile curiosità e consapevolezza della propria fallibilità.

 

Perché, come dicono Tyler e Cowen:

Se volete scoprire talenti ancora sconosciuti, due delle cose migliori che po­tete fare sono scartare le conoscenze sbagliate ed essere aperti alle sorprese.

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