Chi esclude le donne dal lavoro? Tutto quello che dobbiamo sapere e non vogliamo ammettere.

StrongHER TogetHER: l'occasione per riflettere sull'accesso limitato delle donne a ruoli professionali rilevanti. Un dialogo per esplorare soluzioni e strategie per l'emancipazione economica e professionale femminile.

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“Il tema dell’esclusione – in particolare dell’esclusione da alcuni “mondi” o ruoli – è complesso; è fatto di regole, di meccanismi operativi, di condizioni reali che impediscono il pieno esercizio della propria capacità e per le donne questi vincoli sono tanti. Si parla di esclusione, ma si parla anche di autoesclusione”, lo spiegano durante la loro masterclass Lucilla Bottecchia, Partner at Wise Growth ed Enzo Baglieri, Associate Dean for Master Division SDA Bocconi. Il confronto è sul tema complesso e delicato dell'esclusione femminile nel mondo del lavoro, con una particolare attenzione a quali sono le cause – quasi sempre culturali – dietro il fenomeno e in special modo a tutte quelle situazioni, occasioni e opportunità da cui per questi motivi culturali le donne si escludono da sole.

Il dibattito inizia analizzando le radici profonde dell'esclusione femminile, rivelando come alcune sovrastrutture culturali, politiche, religiose e sociali abbiano reso più complesso l’accesso delle donne al mondo del lavoro. “Dal nostro punto di osservazione, quello di una Business School prestigiosa, ma che richiede ai suoi studenti un impegno oneroso, questa differenza si manifesta nel numero di domande di ammissione ai programmi Master: un numero ancora troppo inferiore rispetto agli uomini, dovuto certamente anche al gap salariale tra donne e uomini che è un ostacolo all’investimento in formazione”, dice Enzo Baglieri, ma c’è un altro elemento altrettanto significativo, secondo Bottecchia, cioè l’autoesclusione.

Il tema dell’autoesclusione è strettamente legato a quello dei bias di genere e, in particolare, ai bias delle donne sulle donne. “Esistono delle convinzioni radicate in noi donne – per tutti quei motivi culturali che citavamo prima – che gravano su di noi a livello emotivo: il giudizio degli altri, la percezione della nostra assertività e del nostro perfezionismo; l’autostima e il non voler deludere le aspettative riposte su di noi”, spiega Bottecchia. Se da un lato, quindi, è indispensabile sostenere l’inclusione femminile con le azioni istituzionali, dall’altro sono le donne stesse a dover riflettere sulla consapevolezza legata all’autosabotaggio e implementare alcune azioni che possano combatterlo.

Un supporto in questo senso può essere rappresentato dal coaching, strumento perfetto per sviluppare l’autoconsapevolezza e allenare le donne in alcune aree e competenze, per esempio l’assertività. “Un programma di coaching individuale accompagna anche le nostre studentesse e i nostri studenti nella scoperta di sé e nella massimizzazione della propria crescita personale durante l'intera esperienza dei programmi MBA”, aggiunge Baglieri.

Il dialogo si orienta verso le altre soluzioni concrete da applicare per rendere il mondo del lavoro più inclusivo. Prima di tutto sono le aziende a dover riconoscere le opportunità, anche in termini di generazione di valore, che vengono da un team e un management composto sia da uomini che da donne. I dati ci dicono che le donne dirigenti non arrivano oggi al 30%, è quindi fondamentale riconoscere il problema e affrontarlo in modo operativo, perché le implicazioni non sono esclusivamente etiche, ma gestionali e di performance.

Inoltre, per diffondere al proprio interno consapevolezza e azioni orientate all’inclusione le aziende potrebbero agire sulla consapevolezza relativa a bias e stereotipi, sulle tecniche di inclusione e rispetto e prevedendo percorsi dedicati alle donne per riconoscere quando e come si autosabotano.

Prima di tutte queste iniziative, però, è fondamentale partire dagli elementi più semplici, come il linguaggio. Il linguaggio è un simbolo, ed è un’espressione concreta dei valori e della cultura dominante, per questo bisogna partire dalle formule linguistiche usate all’interno delle organizzazioni evitando di legittimare – anche se inconsapevolmente – comportamenti escludenti. È quindi l’esercizio del linguaggio il primo e più importante passo verso l’inclusione, nel mondo del lavoro e non solo.

In conclusione, per Bottecchia e Baglieri il tema dell’inclusione si può davvero affrontare soltanto trovando una comunione di intenti e un’alleanza tra donne e uomini.

 

SDA Bocconi School of Management

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