Il PPP e il PM di opere pubbliche come antidoto al basso sviluppo dell’economia italiana

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A cura di Remo Dalla Longa, SDA Professor di Public Management and Policy.

Alla crescita del PIL (Prodotto Interno Lordo) in Italia mancano gli investimenti pubblici in infrastrutture, negli ultimi anni abbiamo perso quote di PIL pari a 1,2%-1,5%, molto di più se si considera il rapporto diretto che vi è tra la realizzazione di investimenti (opere pubbliche ed infrastrutture) e tutta la filiera che contribuisce a rendere operativo un montaggio dell’investimento (produzione dei materiali, progettazione ingegneristica, montaggio ed altro), in aggiunta vi è anche il ruolo dell’investimento come volano allo sviluppo dei sistemi urbani, territoriali e nazionali.
Dati recenti ci dicono che nel 2015 la spesa pubblica per approvvigionamenti è stata di 115 miliardi, di cui i lavori, più strettamente legati agli investimenti in opere pubbliche ed infrastrutture, sono stati 24 miliardi
€     33.408.157.803     FORNITURE
 €     23.768.026.015     LAVORI
 €     58.033.472.602     SERVIZI
 €   115.209.656.420     TOTALE

Si tratta di dati impressionanti per ammontare, è la prima volta che vengono formalizzati nel dettaglio e PREM Lab di SDA Bocconi ha aggregato. I lavori sono scesi, in alcuni anni, da 40 miliardi all’anno agli attuali 23,7 del 2015. Il governo nel suo DEF promette di farli salire a 30 miliardi nel 2017.
I dati indicati si riferiscono ad appalti effettuati nel 2015, tra la fase di programmazione e l’appalto intercorrono mediamente tre o quattro anni, sono gli anni della progettazione e del parco progetti necessari per dar vita all’appalto prima e alla spesa di investimento poi. Per la prima volta la spesa dei lavori è inferiore a quella di servizi e forniture il dato ci dice di un paese che ha subito una profonda crisi e che non ha potuto utilizzare l’investimento (lavori) come volano per uscire dalla crisi. Era avvenuto nella crisi del 1929 che attraverso politiche di investimento di economia keynesiana si fosse riusciti a riattivare lo sviluppo. L’enorme debito pubblico italiano e le compatibilità europee del fiscal compact e del patto di stabilità (Maastricht) non ci hanno permesso nella crisi degli ultimi anni nata nel 2008 di utilizzare questa leva. In Italia il PPP e il Project manager di opere pubbliche, se sistematizzati, ci possono permettere di recuperare i ritardi nello sviluppo. Ci si deve credere.

Una tendenza generale in atto è la progressiva riduzione del finanziamento diretto da parte della pubblica amministrazione per quanto riguarda le infrastrutture ed opere pubbliche. Con formule differenti si è assistito e si assisterà progressivamente ad una sostituzione delle risorse pubbliche con quelle private. E’ una tendenza già registrabile (fig. 1a). Vi è una tendenza di medio e lungo periodo che appare ineluttabile ed una di breve e medio periodo che appare di assestamento e con qualche contraddizione.

 

 

Fig. 1.  Paesi UE (1a), trend (anni 1970-2010) sugli investimenti diretti effettuati dalla Pubblica amministrazione; Francia, Italia e Spagna (1b)  anni 2009-2014  dettaglio analoghi investimenti (% sul Pil, diversi anni).


Fonte: Nostra elaborazione: a) fig. 1a - su dati OECD, EPEC anche in Wagenvoort, de Nicola e Kappeler (2010) – vari anni; b) fig. 1a - su dati IFEL, Eurostat.

 

Una criticità è costituita  dalla direttiva 2014/23 sulle concessioni che sembra restringe, nel breve periodo, lo sviluppo delle infrastrutture economiche, ma la tendenza sul lungo periodo rimane la crescita.

La crisi economico e finanziaria ha ridotto gli investimenti di PPP (Is) e concessioni (Ie) che erano in progressiva crescita, così come sono state ulteriormente ridotte le risorse pubbliche per gli investimenti in opere pubbliche ed infrastrutture. Le cause di riduzione degli investimenti di PPP (Is) e concessione (Ie) sono da imputare al credit chrunch derivante dalla turbolenza finanziaria e dai nuovi scenari venutesi a creare con Basilea 2 (dal 2008) e Basilea 3 (dal 2013) dove permane un progressiva verifica sul patrimonio delle imprese; sulla definizione ex ante, sempre più stringente, dei rischi; sull’entrare in merito ai rischi di mercato delle imprese che richiedono il prestito; sullo scartare i finanziamenti a quelle iniziative con i maggiori rischi. L’oggettiva minore disponibilità di attingere al prestito e un lavoro più accurato sui rischi rende necessario, per la pubblica amministrazione, rafforzare l’ambito della programmazione e di coinvolgere all’interno di questo anche il finanziatore. In questa fase, i dati sul PPP in Europa ci dicono che l’investimento sembra essere rimasto stabile. Vi è un calo per il Regno Unito e per le nazioni in crisi finanziaria e ad alta crescita esponenziale dello spread (Italia, Spagna, Grecia, Irlanda, Slovenia e Portogallo).

Il dettaglio del breve periodo indica come la crisi economica, il rispetto degli indicatori di Maastricht sul debito pubblico annuale, il credit crunch e gli alti spread in Italia e Spagna (2009-2014) hanno fatto diminuire significativamente gli investimenti pubblici diretti in infrastrutture ed opere pubbliche (fig. 1b). In cinque anni (dal 2009 al 2014) in Italia la riduzione è stata pari al 1,2% rispetto al Prodotto interno lordo, in Spagna ancora di più (- 2,1%), più contenuta in Francia (- 0,6%) e in Germania (-0,2%). In altri termini il mancato investimento in opere pubbliche ed infrastrutture ha contribuito in Italia ad una riduzione del Pil in modo significativo che è ancora maggiore se si considera l’impatto che questo ha avuto sulla produzione dei materiali edilizi e delle costruzioni e sulle professioni legate agli investimenti in opere pubbliche ed infrastrutture. La relazione degli investimenti pubblici è con il valore del Pil che in Italia è diminuito maggiormente in termini assoluti rispetto a Germania, Regno Unito, Francia e Spagna. Quest’ultima ha un debito pubblico complessivo sul Pil alquanto inferiore a quello dell’Italia. La Spagna ha inoltre una leva sul medio periodo per incrementare più di quelli italiani gli investimenti pubblici tramite un indebitamento diretto, deve però uscire, nel breve, dall’altro vincolo sul bilancio annuo (non superare il 3% di rapporto tra debito e PIL – parametri di Maastricht).

Italia -  I dati sull’Italia fanno emergere un paese che ha imboccato con decisione lo sviluppo del PPP (Is) e concessione (Ie) anche per il forte debito pubblico che con restrizioni e patti di stabilità blocca altre possibilità di investimento.
Il PPP in Italia è passato dal 5% del mercato delle opere pubbliche ed infrastrutture dei primi anni del 2.000 agli attuali 30%, con picchi del 43% nel 2011, segno di una rapida e ‘caotica’ crescita del modello applicativo del PPP. E’ stata, in definitiva, la peculiarità del nostro paese a richiedere questo balzo.

Il crescente intervento sul PPP e concessioni non è stato supportato da un’adeguata cultura e management di supporto alla pubblica amministrazione, sancito negativamente anche dell’Unione Europea nel mancato riconoscimento da parte di Eurostat del corretto trasferimento del rischio (cfr. MEF, 2015) dal pubblico al privato, con l’attivazione quindi di PPP imperfetti (iscrivibili nel on balance) e non più proponibili.

SDA Bocconi School of Management

 

 

 

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