Fornero: la sfida “culturale” delle riforme

Leadership Series - Full Time MBA

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Milano, 7 marzo 2019.
Prendete una classe di 50 studenti e dividetela in due gruppi: il primo rappresenta la popolazione occupata, il secondo quella in pensione. Ora immaginate il rapporto tra i due gruppi in due epoche diverse: nel 1971 e novant’anni dopo, nel 2061... Inizia così l’intervento dell’ex Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Elsa Fornero all’incontro con i partecipanti dell’MBA di SDA Bocconi per le “Leadership Series”. Per capire dove l’economista vuole arrivare è sufficiente guardare le due slide alle sue spalle che rappresentano la distribuzione della popolazione nelle diverse fasce d’età: negli anni ’70 troviamo una vera piramide con una base larga e solida che va assottigliandosi verso il vertice; meno di un secolo dopo il grafico sembra quasi ribaltato: sempre di meno i giovani, sempre di più gli anziani.

 

Il dato, di per sé, non è nuovo. Ma le immagini e la “personificazione” dei due gruppi sociali sono decisamente efficaci se bisogna spiegare a un pubblico internazionale la peculiarità – se non l’anomalia – del sistema previdenziale italiano (pubblico e obbligatorio) e soprattutto l’approccio culturale, prima ancora che politico, alle riforme. E in tema di riforme Fornero ha sicuramente qualcosa da dire. Se si tratta di pensioni – sostiene – per essere efficaci bisogna cercare un difficile equilibrio fra tre dimensioni temporali: “il breve termine della politica (che diventa brevissimo per i populismi), il medio termine dell’economia e il lungo termine della demografia”. Paradossalmente le prime due dimensioni sono molto più difficili da prevedere della terza, i cui trend sono quasi sempre inesorabili.

 

Ma per far funzionare un meccanismo pensionistico nel quale i contributi versati oggi da un lavoratore servono per pagare la pensione di un altro soggetto sono indispensabili due cose: la sostenibilità sul lungo periodo e la tenuta del patto intergenerazionale. “Le riforme – continua l’ex Ministro – devono tenere sempre presente il trade-off tra adeguatezza (attuale) e sostenibilità (futura). Anzi devono migliorare questo rapporto”.

 

Il problema è che le riforme che daranno effetti domani devono essere introdotte oggi. E qui l’economista cede il passo al leader politico: Fornero è convinta che una formazione economica di base sia un requisito fondamentale per fare accettare le riforme: “Per ripristinare la fiducia nel welfare bisogna condividere le riforme con le parti sociali e i cittadini attraverso informazioni oneste, trasparenti e adeguate e avviare programmi di alfabetizzazione economica. Questo aiuta a considerare le riforme come un investimento che comporta costi immediati in cambio di benefici futuri”.

 

Insomma, se concetti come “Pay As You Go” system, tasso di rendimento come variabile dell’andamento demografico, interesse composto o diversificazione dei rischi facessero parte della cultura di base, le riforme attecchirebbero meglio nell’opinione pubblica. E forse – a voler essere ottimisti – la politica ricomincerebbe a guardare lontano smettendo di porsi il dilemma evidenziato con amara acutezza da Jean-Claude Juncker: “Tutti sappiamo cosa andrebbe fatto, ma non come farlo ed essere rieletti”.

 

SDA Bocconi School of Management

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