Teoria in pratica

Il mercato delle startup tra strategie di uscita e scelte imprenditoriali

Il timing di vendita di un’azienda in fase di startup è nella maggioranza dei casi decisivo per la sopravvivenza sul mercato. Se i team di fondatori più capaci possono permettersi di aspettare più a lungo, quelli meno capaci devono affacciarsi al mercato prima, sacrificando parte dei possibili guadagni futuri

Il contesto

Il viaggio verso la commercializzazione di un’idea innovativa inizia nel momento stesso della creazione di una startup. Quanto questo duri è invece difficile prevederlo. Se in diversi casi le startup tecnologiche elaborano strategie per essere acquisite dai grandi incumbent del settore nella fase di sviluppo dell’idea, quando la tecnologia è nascente, in altri casi queste – adottando una modalità stealth – mirano a un’acquisizione tardiva, ricercando finanziamenti e diventando visibili ai potenziali acquirenti solo in una fase successiva. Altre volte, infine, le startup adottato strategie «flessibili», sollecitando da subito offerte di finanziamento ma optando per una cessione tardiva.

 

Dato l’alto tasso di fallimento tra le startup tecnologiche, sbagliare le modalità e le tempistiche di vendita è una questione di primaria importanza che può avere effetti disastrosi sulla sopravvivenza dell’impresa. Nello scegliere quando vendere, le startup devono affrontare un trade-off: l’acquisizione precoce riduce gli errori di scale-up ed esecuzione ma anche il valore di cessione; l’acquisizione tardiva aumenta le probabilità di trovare un’offerta migliore beneficiando di una maggiore concorrenza tra gli acquirenti ma aumentano i rischi di sopravvivenza per l’azienda.

 

La ricerca

Una recente ricerca ha sviluppato un modello analitico per definire le strategie di uscita delle startup.

 

Passare dalla fase iniziale (invenzione) a quella finale (innovazione) richiede capacità di scale-up o di esecuzione che differiscono da una startup all’altra e che non tutte possiedono. Poiché infatti le startup sono più inclini delle imprese consolidate a commettere errori in questa delicata fase di sviluppo (per esempio, assumendo le persone sbagliate, sviluppando il prodotto per il mercato sbagliato o per troppi mercati o esaurendo i soldi dell’investimento iniziale), posticipare l’exit può essere molto rischioso. Inoltre, avendo risorse limitate, che possono essere destinate o a tentare un’exit immediata (quando una startup ha solo un brevetto o un prototipo), o a sviluppare l’invenzione e vendere più tardi (con una tecnologia funzionante o un prodotto validato), le tempistiche di vendita sono influenzate dalle interazioni tra venditori e acquirenti, e dipendono da fattori ambientali che contribuiscono a definire il valore di acquisto e cessione della startup.

 

Lo studio ha dimostrato come un fattore chiave in termini di tempistiche di acquisizione è quanto le startup debbano fin da subito impegnarsi a cercare offerte di vendita, o possano invece concentrarsi sullo sviluppo del business. Inoltre, poiché le capacità del team fondatore sono la risorsa più rilevante per una startup, quelle con manager capaci possono affacciarsi sul mercato più tardi, mentre quelle con team meno capaci sono costrette a farlo subito.

 

Vi sono poi altri fattori che possono influenzare la scelta del timing di uscita. La ricerca ha infatti dimostrato come una startup ha più probabilità di affacciarsi tardi al mercato quando il venture capital è più abbondante e la protezione della proprietà intellettuale più debole. Lo stesso vale quando la cosiddetta capacità di assorbimento – cioè la capacità di comprendere, sviluppare e integrare una tecnologia nascente – è costosa da sviluppare.

 

I tempi di uscita delle startup non sono però guidati solo da considerazioni economiche. Questi potrebbero infatti essere influenzati da altri fattori. Per esempio, agli imprenditori piace essere al posto di guida dello sviluppo della loro idea, e quindi potrebbero preferire mantenere il controllo della società più a lungo, ritardano la vendita e senza massimizzare i profitti.

 

Passando invece al lato dei potenziali acquirenti, questi possono partecipare all’offerta iniziale solo se hanno sufficiente capacità di assorbimento (absorptive capacity), riducendone di fatto la concorrenza e il prezzo di acquisto. Inoltre, un minor numero di partecipanti equivale a una minore probabilità di un buon match tra la startup e l’acquirente, con alti rischi per la sopravvivenza futura dell’impresa. In tal senso, ogni circostanza che riduce il numero di acquirenti che partecipano al mercato iniziale costituisce un incentivo per le startup a rimandare la vendita.

 

Conclusioni e implicazioni

Gli imprenditori che preferiscono essere al comando tendono a vendere più tardi e a fallire di più: questo impone una grande consapevolezza di sé da parte dei founder che, con umiltà e lungimiranza, dovrebbero valutare bene se continuare nell’attività o affidarsi a chi ha le risorse per scalare.

 

Molti grandi incumbent – l’acquisto di Siri da parte di Apple è in tal senso emblematico – tendono a rivolgersi con grande attenzione al mercato delle startup. La vendita di una startup diventa dunque un fatto importante per l’intero mercato dell’innovazione, costantemente sollecitato a produrre nuove idee e tecnologie.

SHARE SU