Teoria in pratica

Quali criteri per la scelta dei partner di progetto

Risorse complementari rispetto all’obiettivo e distribuite in modo non eccessivamente asimmetrico tra le parti sono un incentivo alla nascita di alleanze

Le premesse

Quando si ha bisogno di una risorsa critica o di una competenza di cui la propria azienda non dispone, una strategia può essere quella di rivolgersi all’esterno: stabilire una partnership con un’organizzazione che presenta un profilo di risorse e di competenze complementare al proprio. Ovviamente l’esigenza deve essere reciproca: l’alleanza sarà il prodotto dell’interazione tra le necessità, le preferenze e i vincoli che caratterizzano ciascuna delle organizzazioni contraenti. Una partnership di successo, quindi, è il risultato di un matching appropriato tra i soggetti che ne fanno parte, dove la parola d’ordine è complementarità.


Fin qui, si direbbe, nulla di nuovo. La complementarità di risorse tra due organizzazioni viene generalmente definita come il «di più» che si può sperare da una combinazione di risorse quanto più ampie e varie e quanto meno sovrapposte possibile. Ecco allora che la suddetta ricetta per partnership di successo appare perlomeno incompleta. Se l’alleanza è finalizzata a uno specifico progetto è indispensabile considerare anche i fattori contingenti, e questi comprendono non solo, banalmente, fattori indipendenti dai profili di risorse—per esempio, la distanza geografica o culturale tra i partner— ma anche circostanze che impattano direttamente sull’utilità delle risorse stesse. Due aziende potrebbero disporre di set di risorse differenti, ma la loro combinazione potrebbe essere di scarsa utilità rispetto agli obiettivi specifici; inoltre, la partnership potrebbe essere motivata non dalla necessità di integrare tipologie diverse di risorse, ma piuttosto da quella di impiegare una maggior quantità di risorse di uno stesso tipo, o di accedere a livelli maggiori di profondità di una data competenza. La complementarità, quindi, va letta anche alla luce degli specifici compiti che costituiscono la ragion d’essere dell’alleanza. In questa prospettiva, si può vedere nella complementarità di risorse rispetto a un progetto o una specifica attività (task resource complementarity) uno dei fattori determinanti nella scelta di un partner.


La complementarietà tra gli alleati, inoltre, può essere asimmetrica. Il contributo di uno dei due partner può infatti essere significativamente più rilevante in termini quantitativi e/o qualitativi. Una situazione di questo genere finirebbe per conferire maggiore potere negoziale alla parte con la dotazione di risorse più strategica per il raggiungimento dell’obiettivo, determinando uno squilibrio nell’alleanza (task resource imbalance). L’asimmetria di risorse—sia in termini generali, sia in relazione all’obiettivo—rappresenta quindi un ulteriore fattore da considerare nel valutare il matching tra due potenziali alleati.

La ricerca

Per comprendere appieno i criteri che sono alla base della formazione di alleanze, sono state testate alcune ipotesi più specifiche riguardo alla complementarità di risorse rispetto a un compito.


Nel valutare questo tipo di complementarità, va anzitutto considerata l’effettiva utilità delle risorse messe a disposizione per lo svolgimento del compito specifico. Un’alleanza sarà tanto più proficua quanto più essa contribuirà a colmare un gap nella dotazione delle singole parti rispetto a ciò che è richiesto per raggiungere l’obiettivo. Se una delle due parti è in possesso da sola dell’ammontare richiesto di una data risorsa (se, cioè, è autosufficiente), per quella risorsa non si potrà parlare di complementarità. Ancora, se la combinazione porta a eccedere ampiamente il fabbisogno di risorse del progetto, si può incorrere in diseconomie di utilizzo. Infine, la sovrapposizione nella dotazione di risorse dei due partner rappresenta un ulteriore elemento problematico, fonte di potenziale competizione, con un’importante eccezione: se nessuna delle due parti dispone della quantità minima necessaria di quella risorsa, che potrebbe essere invece disponibile grazie all’alleanza, allora ci sarà complementarità.


A partire da questi criteri, una prima ipotesi è che per due potenziali partner la costituzione di un’alleanza è tanto più probabile quanto più elevata è la complementarità delle loro risorse rispetto al compito: sia in termini di ampiezza (cioè la loro interdipendenza nel disporre dell’intera gamma di risorse richieste) sia in termini di profondità (cioè la loro interdipendenza nel disporre della quantità necessaria di risorse richieste). Questo perché nel caso di risorse e competenze critiche, la loro acquisizione in tutto o in parte sul mercato, o attraverso ulteriori partnership, rappresenta un’alternativa meno efficace, se non del tutto inattuabile.


A ciò vanno aggiunti gli effetti dell’asimmetria di risorse: tanto più marcato è lo squilibrio tra i due partner nella dotazione di risorse rispetto al compito, tanto minore la probabilità che essi stabiliscano un’alleanza. Ciò sembra particolarmente verosimile per quel che riguarda l’ampiezza di risorse (cioè se una delle due parti non ha accesso a risorse cruciali in possesso esclusivo dell’altra), meno in termini di profondità: se già si dispone di una risorsa, infatti, si è in grado di giudicare con più precisione il valore di un apporto supplementare di quella stessa risorsa, diminuendo il potere negoziale dell’alleato.


Per verificare queste ipotesi, sono stati analizzati i processi di formazione di alleanze costituite per partecipare a gare d’appalto per lavori pubblici in Italia. Quando queste gare riguardano progetti di grandi dimensioni (sopra i 30 miliardi di lire), infatti, le offerte sono spesso presentate da coalizioni di imprese che si costituiscono come associazioni temporanee d’impresa, con una singola azienda a fare da guida della cordata. Nel valutare le offerte, vengono valutate nel dettaglio le risorse che ciascun partecipante è in grado di mettere a disposizione (dai lavori di scavo alle pavimentazioni alle ricognizioni topografiche) e l’ammontare richiesto per ciascuna di esse.


Lo studio si è concentrato su 316 associazioni temporanee d’impresa vincitrici di gare di appalto svolte tra il 2006 e il 2008. Per ciascun bando, si è confrontato il profilo dell’alleanza effettivamente vincitrice con quello di quattro alleanze fittizie ma teoricamente possibili tra l’impresa guida vincitrice e altri potenziali partner. Per valutare la complementarità di risorse, è stato considerato un set di 47 risorse e competenze utili per progetti di costruzione in generale, e la loro effettiva necessità per lo specifico progetto oggetto d’appalto, tanto in termini di ampiezza quanto in termini di profondità. Sono stati inoltre analizzati gli squilibri di risorse all’interno delle alleanze.


La presenza di una complementarità di risorse definita in termini generali si è dimostrata un fattore importante nello spiegare la scelta dei partner: ma l’effetto è significativamente più ampio nel caso in cui la complementarità sia declinata rispetto al compito, a livello di ampiezza di risorse e – in modo ancor più marcato – di profondità. Ugualmente, lo squilibrio di risorse in termini generali ha un impatto negativo sulla possibile formazione di un’alleanza. Tuttavia, anche nel caso degli squilibri, si riesce a valutare con maggior precisione il loro impatto sulla propensione a stabilire un’alleanza se li si considera anche in relazione al compito. Questi ultimi, però, hanno impatto significativo solo se riguardano l’ampiezza di risorse, non la loro profondità.

Conclusioni e implicazioni

La formazione di una partnership è motivata dalla complementarità delle risorse di cui dispongono i contraenti: sia sotto il profilo della diversa tipologia di risorse in dotazione, sia sotto quello della diversa quantità o profondità. La complementarità è un incentivo a creare una partnership sia se la si intende in termini generali, sia a maggior ragione se si tiene conto del set specifico di risorse richieste per svolgere un determinato compito. Se la complementarità di risorse si associa a uno squilibrio eccessivo tra i potenziali alleati, tuttavia, essa può finire per essere un deterrente: l’alleato più debole potrebbe trovarsi infatti in una condizione di debolezza negoziale.


Il carattere contingente dei compiti da svolgere è la ragione per cui un’azienda può dover cercare nuovi partner nel momento in cui si avviano nuovi progetti. In questi casi, sarà necessaria un’analisi attenta delle risorse necessarie, e di ciò che ciascun potenziale alleato potrebbe essere in grado di apportare.


I compiti da svolgere non sono necessariamente di natura tattica, ma anche strategica: è il caso della diversificazione di prodotto o dell’ingresso rapido su un nuovo mercato. Perfino per i progetti di ricerca e sviluppo, la costruzione di alleanze tra soggetti complementari rispetto a un compito ben definito può rappresentare un fattore di successo.


Questo non significa che, quando si costruisce un’alleanza per svolgere un compito specifico, una complementarità di risorse più generale sia irrilevante: al contrario, essa potrebbe consentire di far fronte a possibili imprevisti. Inoltre, creare un’alleanza con un partner con un livello di complementarità generale elevato potrebbe rivelarsi il trampolino di partenza per collaborare in futuro su altri progetti. Questa prospettiva strategica nella scelta del partner è meno rilevante rispetto a considerazioni di merito nel caso concreto che abbiamo analizzato; ma potrebbe essere invece preponderante in altri settori o per altri tipi di progetti.


Riguardo infine al fatto che la complementarità e gli squilibri vadano valutati anche in relazione alle attività, ciò comporta anche che il portafoglio di partnership che un’organizzazione intrattiene con altri soggetti possa riconfigurarsi sulla base del flusso di progetti che l’organizzazione intende perseguire. Quindi, tale dinamica dovrebbe avere una frequenza maggiore di quanto generalmente si crede e dipende solo in parte da caratteristiche stabili degli attori o del portafoglio stesso. Non solo alleanze con i «soliti sospetti», dunque, ma anche con chi appaia «ben combinato» nelle circostanze del caso.

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