Sotto la lente

Sanità: la partita si gioca (anche) nella logistica

L’emergenza sanitaria legata al Covid-19 sta provocando un’eccezionale pressione sui sistemi sanitari mondiali e sul mercato delle forniture.

 

Da una prospettiva macro, stiamo assistendo da un lato a una frammentazione della domanda di dispositivi di protezione individuale e di ventilatori, con volumi mai visti prima; dall’altro a uno shock della catena distributiva, soprattutto nelle fasi iniziali della pandemia, ma che continua ancora oggi a produrre i suoi effetti in alcune categorie di dispositivi e farmaci.

 

Da una prospettiva micro, specie a livello nazionale, si è avuta la conferma di come il sistema degli acquisti pubblici italiano sia ancora poco orientato al coordinamento centro-periferia e alla ricerca di soluzioni pubblico-privato per dare risposta ai fabbisogni emergenti. Se è vero che nel contesto emergenziale degli ultimi 12 mesi le centrali di committenza regionali e le aziende sanitarie hanno dimostrato di far fronte alle criticità utilizzando gli spazi di flessibilità offerti dalla normativa comunitaria e nazionale, tuttavia non si è mai giunti a identificare hub di specializzazione, né a creare efficaci meccanismi di coordinamento interistituzionale.

 

Concentrandoci qui sulla realtà italiana, il sistema del procurement, storicamente gestito in larga misura come mera funzione amministrativa e non come strumento per assicurare la resilienza e l’efficacia del servizio sanitario, durante l’emergenza Covid-19 non si è dimostrato pronto ad affrontare la complessità degli acquisti, né in termini di volumi né per rapidità di risposta. Le criticità hanno riguardato non solo l’approvvigionamento di dispositivi per l’emergenza (DPI, kit per il testing, casco per l’erogazione della CPAP), ma anche l’acquisizione delle attrezzature necessarie per l’allestimento di nuovi posti letto di terapia intensiva e sub-intensiva, nonché l’acquisto di soluzioni digital per la presa in carico dei pazienti, specie quelli cronici. Anche la logistica dei beni e del farmaco ha dimostrato particolari criticità, provocando diversi disservizi alle strutture ospedaliere e sanitarie. Di fronte a un fenomeno così imponente e inaspettato come la pandemia da Covid-19, quali azioni può intraprendere il sistema sanitario al fine di limitare rischi e disservizi sul piano logistico, con riferimento allo stoccaggio, al trasporto, alla gestione ordini da parte dei centri di consumo verso i fornitori?

 

Quattro gli aspetti che appaiono portanti:

 

  1. la centralità del servizio e dei processi decisionali. In tal senso, l’obiettivo principale dev’essere uno e uno soltanto: soddisfare la domanda di consumo. Ogni scelta di efficientamento logistico va dunque messa in discussione per raggiungere questo scopo.
  2. la centralità della gestione dello stock. In situazione di scarsità di materiali è molto più efficace una gestione centralizzata delle scorte piuttosto che la loro localizzazione in prossimità dei centri di consumo. In questo modo si favorisce una logistica più flessibile e reattiva in grado di fronteggiare le non prevedibili dinamiche della domanda. La centralizzazione deve essere in primo luogo gestionale, con un management forte e in grado di influenzare tutti i livelli della distribuzione.
  3. l’eliminazione degli stock lungo i canali distributivi. In periodi di scarsità di beni, le varie unità organizzative di consumo tendono ad accumulare extra-scorte al fine di garantirsi la copertura del proprio fabbisogno. Questo fenomeno, seppur condivisibile sul piano della cautela e degli obiettivi di breve termine, determina un ulteriore squilibrio nella disponibilità del prodotto per l’intero sistema, causando non solo dei picchi di domanda dovuti alle scelte di accumulo (e non a consumi effettivi) ma anche l’indisponibilità di prodotti in determinati canali della filiera.
  4. la gestione oculata delle scorte. Di conseguenza, è importante privilegiare consegne giornaliere o pluri-giornaliera con volumi ridotti, seguendo in modo speculare le dinamiche delle richieste di consumo. L’assenza della scorta lungo la filiera distributiva obbliga inoltre a una forte attenzione al rispetto della domanda di consumo e dei tempi di consegna.

Un esempio concreto di applicazione di questi principi è rappresentato dalle azioni intraprese dall’Asl di Vercelli, come condiviso dal Dott. Leporati, Dirigente Amministrativo presso la Struttura Semplice Gestione Contratti. Già dal mese di febbraio 2020, la gestione dei DPI è stata centralizzata in un unico magazzino, riportando al centro ogni scorta residente nei vari reparti. In questo modo, tutti i DPI che arrivano in magazzino vengono controllati dagli uffici competenti prima di venire distribuiti ai reparti. Ogni reparto riceve giornalmente tutta la quantità disponibile di DPI necessaria per le attività sanitarie con contestuale disponibilità da parte del magazzino (reperibile 24/24h dal lunedì alla domenica). Questa nuova forma distributiva, seppur a fronte di un incremento di risorse assorbite (ore uomo a tutti i livelli della catena logistica), ha permesso di soddisfare pienamente tutte le richieste dei reparti.

 

Emerge come la progettazione logistica e l’attenzione alle prassi operative siano elementi indispensabili per assicurare la resilienza del servizio sanitario italiano. È quindi necessario disporre di competenze specialistiche, sistemi informativi e strutture adeguate. Purtroppo, a causa del disinvestimento nelle funzioni gestionali delle aziende sanitarie e di una prassi che fa coincidere la gestione fisica dei farmaci e dei dispositivi con la governance degli stessi nella farmacia, non si è quasi mai consentito alle Aziende Sanitarie di svilupparli. Le criticità e le soluzioni individuate durante la pandemia dovrebbero rappresentare un punto di partenza per un profondo ripensamento dei processi di acquisto in ambito sanitario. È indubbio che non si tratti di modifiche normative sulle regole di acquisto (le direttive comunitarie offrono una molteplicità di strumenti per le diverse esigenze) quanto dell’introduzione di innovazioni contrattuali e di processo, per generare valore di medio termine. Oggi queste innovazioni non si fanno per avversione al rischio, alimentata anche dalla mancanza di competenze, e per un innalzamento delle barriere tra pubblico e privato. Non c’è cambiamento senza rischio (calcolato e gestito).

 

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