Sotto la lente

Mercati finanziari: no alla paura della paura

I movimenti dei mercati azionari sono giustificati dai movimenti dei dividendi? No, secondo il Premio Nobel per l’Economia Robert Shiller le azioni combinate degli investitori creano «volatilità eccessiva». Le fluttuazioni tipiche dei prezzi azionari sono molto superiori a quelle dei dividendi, degli utili e del PIL, anche tenendo conto della normale variabilità dei tassi di interesse e dei premi al rischio. Ma verificare davvero l’esistenza di volatilità eccessiva non è mai facile, perché in rari casi abbiamo la possibilità di effettuare esperimenti controllati, e in genere non sappiamo esattamente cosa muove i mercati. L’andamento dei prezzi della settimana compresa tra lunedì 24 e venerdì 28 febbraio ha però una causa chiara e univoca: le improvvise preoccupazioni, alimentatesi nel weekend del 22-23 febbraio, per la diffusione del coronavirus in Italia. Un evento inatteso, almeno dal mercato.

Lunedì 24 febbraio l’indice della Borsa italiana ha perso il 5,5 per cento dopo avere sfiorato una perdita superiore al 6 per cento. Dopo due giorni di volatilità, si sono nuovamente registrate perdite rilevanti giovedì 27 a causa di preoccupazioni internazionali sulla propagazione mondiale del virus. È vero, nelle stesse ore si erano diffuse notizie in merito al possibile arresto del contagio in Cina, ma ormai i dati provenienti da quel paese hanno perso un po’ di credibilità, e nessuno sa se la riduzione sia in realtà legata al controllo dell’informazione da parte del Governo cinese.

La Borsa italiana ha bruciato circa 60 miliardi di euro di capitalizzazione in una settimana, a fronte di una possibile perdita di PIL stimata tra 3 e 10 miliardi di euro. Prima di cadere nella tentazione di definire la reazione del mercato come eccessiva e irrazionale, proviamo a riflettere sulle possibili spiegazioni.

Una prima spiegazione è che gli investitori temano una riduzione del PIL molto più sostanziale di quella prevista da Banca d’Italia e altri centri di ricerca. Anche in questo caso, però, è difficile pensare che il PIL dell’Italia possa scendere così tanto da giustificare il tonfo settimanale, nonostante i danni già associati alla riduzione dell’attività economica e a quelli ingenti che si profilano per il turismo.

Una seconda spiegazione è che il mercato fosse sopravvalutato prima della notizia sul virus e che gli eventi della settimana in questione fossero una correzione di eccessi. Questa seconda spiegazione non può essere esclusa per vari mercati azionari nel mondo, ma difficilmente può reggere per l’Italia, Paese in cui la capitalizzazione del mercato è molto minore che altrove, e dove il mercato azionario ha avuto un rendimento negativo negli ultimi 20 anni, molto inferiore alla media internazionale e di lungo periodo. Tante cose si possono pensare di Piazza Affari, ma non che ci sia sopravvalutazione.

La terza spiegazione considera l’esplosione dell’incertezza, un fenomeno che va aldilà del semplice rischio, caratterizzata dall’incapacità di formulare scenari e identificare probabilità. L’incertezza in effetti abbonda nel caso del coronavirus. Non sappiamo esattamente quale sia la regola di sblocco che ci consentirà di riprendere normalmente le attività anche nelle zone non considerate come focolai primari, che peraltro generano nel complesso la metà del PIL italiano, anche se è presumibile un progressivo chiarimento del quadro complessivo. Non sappiamo quanto ci vorrà per poterci vaccinare contro il virus, anche se il progresso della ricerca medica porterà presumibilmente a risultati più rapidi di quelli passati. Non sappiamo se il virus si diffonderà negli Stati Uniti, costringendo anche quel Paese al blocco dell’attività con pesanti riflessi sull’economia internazionale; tuttavia, è difficile pensare che la qualità del sistema sanitario americano sia peggiore di quello cinese.

Gli investitori con un orizzonte temporale corto tendono a vendere gli asset rischiosi nelle fasi di aumento dell’incertezza, per evitare che la loro performance sia penalizzata nel corso dei giorni e delle settimane. Gli investitori di lungo periodo considerano la volatilità come occasione di acquisto, raccogliendo i frutti dell’equity premium. Con uno sguardo volto ai prossimi decenni, sembra che ci siano all’orizzonte problemi più rilevanti dell’influenza, per esempio quelli legati al cambiamento climatico, e anche molte opportunità associate al progresso della tecnologia. Nell’affrontare un nuovo virus potenzialmente mortale, ciascuno di noi può adottare un diverso comportamento, e quindi cambiare stile di vita per azzerare il rischio stando chiusi in casa. Un discorso simile vale per quanto riguarda l’investimento azionario. Chi si affretta a vendere nelle fasi difficili limita le perdite ma ha probabilmente sbagliato in primo luogo a diventare azionista. Chi ha una prospettiva di lungo periodo non può farsi prendere dal contagio della paura e deve ricordare che da ogni sfida può nascere una grande opportunità.

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