Sotto la lente

Fly to ESG: le buone pratiche per gli investimenti sostenibili

Gli investimenti sostenibili non sono più una tendenza ma una costante. In una fase in cui gli investitori stanno ribilanciando i portafogli dopo il sell-off delle attività a rischio, è doveroso considerare le strategie sostenibili come la vera opportunità di riqualificazione del portafoglio. Utilizzando uno slogan ormai abusato nei momenti di difficoltà, è cioè il fly to quality, potremmo parafrasarlo nel segno del fly to ESG. Le strategie sostenibili ESG sono la nuova frontiera della qualità e si pongono come degne sostitute dei tradizionali beni rifugio – bund tedeschi, T-bond americani, oro ecc. – che stanno segnando il passo in quanto fortemente correlati alle asset class più rischiose.

L’orientamento alla sostenibilità migliora il potenziale rendimento dei portafogli e, quando si manifestano momenti di incertezza (il Covid-19 è solo un esempio), gli investitori possono vedere i fattori ESG come caratteristiche difensive. Da febbraio 2021 le azioni ESG in Europa vanno meglio degli indici regionali del 14%, e nell’area Asia-Pacifico rispettivamente dell’8,9% e del 9,6%. Inoltre, la scelta di un fondo sostenibile non è penalizzante in termini di performance soprattutto in momenti caratterizzati da una diffusa volatilità. A dirlo è anche uno studio Morningstar pubblicato nel giugno 2021 che ha analizzato circa 4.900 fondi ed Exchange Traded Fund (ETF) domiciliati in Europa, di cui 745 sostenibili, appartenenti a sette delle categorie più popolari, come per esempio azionari globali large cap, USA, Eurozona e corporate bond in euro. L’analisi ha confrontato i risultati a tre, cinque, dieci anni e durante l’epidemia di Coronavirus. Inoltre, nel decennio 2010-2020, circa il 65% dei fondi sostenibili ha battuto i corrispondenti tradizionali (il dato considera solo quelli sopravvissuti negli ultimi dieci anni a fine 2020).

Il percorso di definizione dell’asset allocation, così come più tradizionalmente concepito (diversificazione per asset class con diverso grado di rischio), sopravvive se costruito all’interno di un universo investibile selezionato in base a grandi temi che mettano al centro l’uomo e il contesto in cui vive (universo ESG compliant).

In questo ambito, assume rilevanza centrale la tassonomia delle attività economiche eco-compatibili, una classificazione delle attività che possono essere considerate sostenibili in base all’allineamento agli obiettivi ambientali dell’Unione Europea e al rispetto di alcune clausole di carattere sociale, e che è stata introdotta nel sistema normativo europeo dal Regolamento UE 2020/852. La tassonomia è una guida per le imprese, per valutare le proprie attività, definire politiche aziendali in ottica di una maggiore sostenibilità ambientale e per rendicontare agli stakeholder in modo più completo e comparabile; per gli investitori, per integrare i temi di sostenibilità nelle politiche d’investimento e per comprendere l’impatto ambientale delle attività economiche nelle quali investono o potrebbero investire; per le istituzioni pubbliche, che possono utilizzare la tassonomia per definire e migliorare le proprie politiche di transizione ecologica.

Per comprendere il potenziale apporto delle normative europee alla crescita del mercato della finanza sostenibile è necessaria un’analisi integrata dei requisiti, degli obiettivi e delle tempistiche di applicazione dei principali provvedimenti normativi già introdotti e/o in fase di sviluppo. Per essere efficaci, infatti, le normative promosse dalla Commissione UE (Corporate Sustainability Reporting Directive-CSRD, Taxonomy Regulation-TR e Regolamento 2019/2088-SFDR) devono essere coordinate tra loro e operare in un sistema armonico.

Le principali misure adottate sono riassunte qui di seguito.

La CSRD, pubblicata nell’aprile 2021 con l’obiettivo di aggiornare il perimetro di applicazione della Non-Financial Reporting Directive (NFRD) e che riguarderebbe tutte le imprese con sede in Europa con più di 250 dipendenti (attualmente, la NFRD prevede una soglia di 500 dipendenti) e tutte le PMI quotate sui mercati europei (a eccezione delle microimprese). Inoltre, i dati dovranno essere riportati sulla base di standard comuni di reporting, che saranno sviluppati dall’EFRAG che elaborerà anche standard specificamente dedicati alle PMI.

La TR – il Regolamento 2020/852 sulla tassonomia delle attività economiche eco-compatibili – prevede che le imprese soggette NFRD e, successivamente, alla CSRD pubblichino informazioni sull’allineamento delle attività alla tassonomia. In particolare, le imprese non finanziarie devono pubblicare informazioni su: quota di fatturato proveniente da prodotti o servizi associati ad attività economiche allineate alla tassonomia e quota di spese in conto capitale (Capex) e di spese operative (Opex) relative ad attivi o processi associati ad attività economiche allineate alla tassonomia. Alle società finanziarie è richiesto di pubblicare indicatori che esprimano la percentuale di allineamento alla tassonomia degli asset in gestione. L’applicazione dei requisiti sarà graduale tra il 2022 e il 2024.

Il Regolamento 2019/2088 sulla trasparenza delle informazioni sulla finanza sostenibile e ai consulenti finanziari di comunicare come tengono in considerazione rischi e impatti ambientali, sociali e di governance a livello di soggetto e a livello di prodotto. Il Regolamento impone specifici requisiti di disclosure per i prodotti che promuovono caratteristiche ambientali o sociali e per i prodotti che hanno come obiettivo investimenti sostenibili.

Complessivamente, l’obiettivo di CSRD, TR e SFDR è incrementare la trasparenza del mercato e ciascuno dei tre atti normativi è funzionale alla produzione di dati e informazioni che servono per soddisfare i requisiti di trasparenza dell’altro.

All’interno di questo quadro diventa cruciale una maggiore efficacia e accessibilità delle informazioni sui prodotti sostenibili, al fine garantire, da un lato, chiarezza e coordinamento tra le diverse normative UE e, dall’altro, la diffusione di buone pratiche tra tutti gli operatori.

Una più chiara ed efficace disclosure in tema di ESG riduce infatti le asimmetrie informative ed ha un impatto negativo in termini di correlazione sul costo del debito delle società stesse. Pertanto, gli investitori in debito finanziario hanno un’inclinazione ad accettare una remunerazione inferiore in termini di tasso di interesse nei confronti di quelle società caratterizzate da maggiore trasparenza e quindi da minori asimmetrie informative.

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