Sotto la lente

Le onde del cambiamento nel business della musica

Il business della musica è cambiato profondamente negli ultimi anni per il forte cambiamento portato dallo streaming. L’emergere di un nuovo canale di distribuzione così innovativo ha provocato una serie di cambiamenti che le aziende del settore sono chiamate ad affrontare. Gli stessi policy maker devono regolare la redistribuzione del valore creato tra i diversi attori del business. Recentemente nel Regno Unito gli artisti hanno fatto notizia chiedendo una quota più consistente di royalty dallo streaming. Questo alla luce del fatto che, al momento, la maggior parte del valore generato dallo streaming musicale va in realtà nelle tasche delle etichette musicali, con artisti e cantautori che ricevono solo una minima parte delle vendite che contribuiscono a produrre. L’attuale modello di distribuzione dei ricavi ha quindi bisogno di una profonda revisione.

 

Il tema della lentezza delle imprese nel rispondere ai grandi cambiamenti non è un tema nuovo. Infatti, c’è una solida evidenza empirica in tutti i settori che mostra come le aziende tendano ad adattarsi con tempi lunghi alla disruption tecnologica e lo facciano solo quando necessario, ossia quando il modello di business precedente risulta obsoleto. La digitalizzazione non è che una delle conferme più recenti delle difficoltà che le imprese incontrano nel cambiare e nell’adattarsi a nuove condizioni della tecnologia e del mercato. La ricerca nel campo del technology strategy mostra come le aziende già consolidate, o incumbent, abbiano difficoltà nella fase di cambiamento per una serie di ragioni diverse, ma la competenza tecnologica non è di solito la motivazione principale. Infatti, la maggior parte degli attori chiave di un settore sono ben attrezzati per affrontare tali cambiamenti, investendo in diversi ambiti e a volte inventando nuove tecnologie. Olivetti è un caso esemplare con lo sviluppo dell’Olivetti Programma 101, che è considerato il primo personal computer. Eppure non è stata Olivetti a portare questo nuovo prodotto e questa nuova tecnologia sul mercato. Infatti, il primo prodotto etichettato come personal computer è stato l’HP9100a lanciato dalla Hewlett Packard, accusata di aver violato il brevetto del Programma 101 della Olivetti. È tuttavia altrettanto vero che gli attori principali affrontano ogni sorta di barriere al cambiamento – da quelle culturali a quelle cognitive, fino a quelle economiche – che ostacolano o rallentano tali tendenze anche quando sembrano essere inevitabili.

 

Il business della musica e i suoi protagonisti non sono stati risparmiati da un destino simile. Hanno affrontato le trasformazioni indotte dal passaggio al digitale, prima con gli utenti che scaricano la musica e poi con lo streaming. L’avvento di Napster nel 2001, che ha introdotto la prima piattaforma che consentiva la condivisione illegale di musica peer-to-peer, ha rappresentato il primo passo fondamentale nella transizione tecnologica del business musicale. Non sorprende che la reazione alla sfida di Napster non sia venuta dalle aziende leader, ma da un nuovo operatore nel business della musica: Apple con iTunes. Nel 2003 la Apple ha lanciato la prima piattaforma legale per scaricare musica. Poi la seconda ondata di digitalizzazione messa in moto da piattaforme di streaming come Spotify e Deezer è emersa nel 2008. Ma anche questo non ha scatenato reazioni immediate da parte delle principali etichette musicali. Quello che sembrava essere un puro sconvolgimento nella distribuzione della musica ha in realtà innescato una reazione a catena che comprendeva non solo il modo in cui la musica veniva consumata, ma anche il modo in cui la musica veniva ideata e prodotta. Ma è stato solo nel 2012 che le aziende hanno iniziato a reagire. Perché così tardi? Perché solo allora le etichette hanno sentito la spinta a reagire, non vedendo più lo streaming come un canale di distribuzione di nicchia, ma come qualcosa che stava effettivamente modificando il modo in cui la musica veniva consumata.

 

Ma le aziende reagiscono in modo diverso ai cambiamenti tecnologici e di conseguenza adottano strategie diverse. Nel mio lavoro con Paola Zanella e Gianmario Verona, abbiamo esplorato le strategie di innovazione messe in atto dalle principali aziende musicali dopo l’avvento dello streaming. Facendo leva su una massiccia raccolta di dati provenienti da diverse fonti come Billboard, Discogs e Spotify, abbiamo indagato su come lo streaming abbia influenzato sulle strategie delle principali aziende musicali. Abbiamo focalizzato la nostra attenzione su un arco temporale specifico: 48 settimane prima e 48 settimane dopo la decisione di Billboard di incorporare le vendite in streaming nelle loro classifiche. Il nostro ragionamento è che le etichette musicali non erano sufficientemente motivate ad agire in modo diverso finché le vendite in streaming non fossero emerse come fattore rilevante per scalare le classifiche. Le aziende hanno risposto a questo nuovo scenario per due motivi. Da un lato, avevano finalmente l’incentivo economico a modificare il loro comportamento, perché una posizione più alta nelle classifiche avrebbe instaurato un circolo virtuoso per la canzone e l’artista in questione. Inoltre, grazie a questo nuovo modo di compilare le classifiche, le aziende potevano sfruttare nuove informazioni sulle preferenze reali dei consumatori. Fino a quel momento le aziende erano consapevoli delle performance in streaming delle loro canzoni, ma non avevano un’idea chiara di quale fosse la performance del repertorio dei concorrenti. L’inclusione delle vendite in streaming nelle classifiche ha fornito loro un quadro chiaro di ciò che i consumatori stavano ascoltando tra etichette, artisti e generi, innescando così un cambiamento sostanziale nel modo di produrre e distribuire la musica. Hanno finalmente capito cosa fosse lo streaming e l’impatto drammatico che stava avendo sul business della musica.

 

È interessante notare che quello che era emerso come un cambiamento nella distribuzione della musica, in realtà ha progressivamente costretto le etichette a trasformare il modo stesso in cui i nuovi prodotti venivano concepiti. In primo luogo, la nostra evidenza mostra che, coerentemente con il fenomeno della coda lunga, lo streaming fa emergere una maggiore eterogeneità nelle preferenze dei consumatori. Grazie al minor costo di accesso a generi e artisti di nicchia, insieme alle raccomandazioni peer-to-peer, anche prodotti musicali che una volta erano considerati marginali hanno avuto maggiori opportunità di essere ascoltati e suggeriti.

 

Tuttavia, non tutte le aziende hanno approfittato di questa più evidente eterogeneità delle preferenze degli utenti. Infatti, la diversificazione dei prodotti attraverso una vasta gamma di generi musicali e di artisti è una strategia costosa che richiede un’esperienza che non tutte le aziende possiedono, ossia la capacità di esplorare i generi e gli artisti emergenti e scommettere su di loro prima che diventino popolari. Solo le aziende che hanno investito nel tempo in un ampio portafoglio di prodotti hanno acquisito questa competenza, che, ovviamente, consuma una quantità enorme di risorse.

 

Per fortuna, pur essendo vincente, questa non è l’unica strategia che le aziende possono perseguire per avere successo nel nuovo ecosistema digitale. Un’opzione alternativa è quella di difendere la propria nicchia da potenziali concorrenti che cercano di diversificarsi e di investire nell’arricchimento dei prodotti e degli artisti di quella nicchia. Questa è una strategia praticabile per le aziende che non hanno esperienza di diversificazione del portafoglio ma che invece conoscono molto bene una specifica nicchia di mercato.

 

Due insegnamenti salienti emergono dalla storia della disruption causata dallo streaming nel business della musica. Il primo è che un’alterazione a valle della catena del valore ha avuto un impatto enorme sulle strategie di innovazione delle aziende nella parte a monte della catena, dove si crea valore e si ideano nuovi prodotti, modificando di fatto le strategie di innovazione delle etichette musicali. Il secondo è che stare fermi non è un’opzione viabile in presenza di un forte cambiamento tecnologico. Una chiara comprensione delle preferenze dei consumatori, da un lato, e le risorse uniche che ogni azienda può sfruttare dall’altro, sono due componenti chiave per cavalcare con successo le turbolente onde del cambiamento.

 

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