Professione CFO

La parola chiave è valore

Il ruolo del CFO ha subito negli ultimi anni una significativa evoluzione per adattarsi al contesto. È adeguata la parola adattarsi? Forse no, se si considerano gli ormai innumerevoli contributi di letteratura manageriale che evidenziano sì le problematiche e i nodi ancora irrisolti, ma pongono anche in risalto le effettive trasformazioni e il loro impatto sul business di riferimento. Le aree tematiche più «calde» cui porre attenzione appaiono: la definizione del ruolo anche in rapporto al mercato del lavoro e della compensation; la corporate sustainability; l’innovazione tecnologica.  

 

Ne abbiamo parlato con Stefania Santarelli, Group CFO di Elica, azienda marchigiana attiva da oltre 50 anni nei sistemi di aspirazione in cucina, oggi presente con 7 siti di produzione nel mondo e circa 3000 dipendenti. 

 

 

Alcune ricerche indicano che il CFO va assumendo un ruolo strategico di «value creator»: pensa sia effettivamente così e quali sarebbero le determinanti, la missione stessa del CFO oggi in rapporto magari ad un passato più o meno recente? 

 

Che ci sia un’evoluzione del ruolo è indubbio, ma non possiamo contare su «standard» di riferimento: il fattore cruciale è oggi interpretare correttamente i cambiamenti di scenario e, se possibile, anticiparli in modo tale che non solo si attui la missione di proteggere il business, ma si mettano a disposizione informazioni e valutazioni utili ad un processo decisionale che sia più veloce che in passato. In questo senso la funzione del CFO, tradizionalmente di back office, diventa quella di Chief Value Creator: il suo contributo va cioè al di là dei puri aspetti contabili e amministrativi per integrarsi nelle logiche e nelle dinamiche di governance, di sviluppo del business, di allineamento tra obiettivi di sostenibilità e piano industriale. Insieme al CEO è, in ultima analisi, la figura più adeguata a trasmettere, internamente ed esternamente all’azienda, le leve e i cardini della generazione di valore. 

 

 

Quale impatto ha la trasformazione digitale sul suo ruolo, anche in relazione all’attuale posizione in un’azienda che offre prodotti su mercati internazionali, realizzati in siti dislocati in diverse parti del mondo, all’insegna dell’innovazione?  

 

La digitalizzazione e l’internazionalizzazione hanno un legame bidirezionale, nel senso che lo sviluppo internazionale può avvantaggiarsi della digitalizzazione e il digitale può favorire lo sviluppo internazionale, soprattutto in un contesto in cui le catene del valore sono globali e disperse geograficamente. Le nuove tecnologie sono strumenti che facilitano le interazioni, lo scambio di conoscenza e il coordinamento all’interno del gruppo, dove tende a scomparire la distinzione tra sede centrale e sedi periferiche.  

 

Per il Gruppo Elica l’attività di innovazione tecnologica rappresenta il motore dello sviluppo: grazie al dipartimento dell’«Innovation» si progettano prodotti e servizi volti a garantire i più elevati standard in termini di qualità, sicurezza e performance all’insegna del binomio «Sensoristica e Connettività», oltre a un utilizzo di materiali in ottica di economia circolare. 

 

La fase di sviluppo del prodotto e il relativo monitoraggio passa attraverso un processo che si avvale di strumenti quali un sistema di gestione documentale di tutte le schede tecniche di progetto e un sistema «test laboratori» in cui vengono archiviati tutti i risultati dei test generati durante le fasi di prototipazione. Senza questo processo di digitalizzazione e archiviazione dati non si avrebbe la possibilità di condividere tra le nostre facilities i risultati ottenuti e la possibilità di sviluppare in poco tempo una stessa linea di prodotto su più impianti produttivi rispettando gli standard di efficienza e qualità attesa. Ciò rende ancora più robusto il processo di protezione delle nostre innovazioni attraverso la registrazione di brevetti (oggi Elica è detentrice di più di 800 tra brevetti tecnici e di design), oltre a semplificare una serie di attività amministrative legate alla rendicontazione di progetti finanziati di ricerca e sviluppo. 

 

Recentemente, inoltre, è stato avviato un progetto di transizione di «data management» in cloud per ovviare alla scarsa flessibilità dei sistemi legacy e aggiornando i sistemi di business intelligence; in questo modo si producono in maniera semplice analisi, scenari e simulazioni al fine di rendere il business più fluido rispetto alle decisioni. 

 

 

Nelle strategie di corporate sustainability una recente survey affida al CFO il ruolo di mediatore e collegamento tra le diverse funzioni, il che lascerebbe intendere che i temi di sostenibilità attraversino in un certo senso l’azienda, entrando anche nei sistemi amministrativi: è così?  

 

Solo attraverso una perfetta integrazione tra piano industriale e piano di sostenibilità è possibile creare concretamente valore. Il ruolo del CFO non è certo un ruolo tecnico, in questo ambito: l’obiettivo è di monitoraggio e controllo sul fatto che la strategia in tema di sostenibilità assicuri il giusto rilievo a tutti gli stakeholder ai fini di una redditività duratura. 

 

La sostenibilità è un’opportunità in termini di competitività e reputazione, ma è fondamentale focalizzare obiettivi e aree di intervento, approntando un’adeguata valutazione costi/benefici. È pertanto fisiologico che il tema sostenibilità debba entrare sempre più e meglio nei processi amministrativi, anche sulla spinta delle normative europee che ci porteranno verso un obbligo di rendicontazione sempre più accurato della doppia materialità, alla disclosure e alla rendicontazione degli obiettivi a medio/lungo termine, fino ad arrivare al risk assessment dell’azienda sui temi ESG. 

 

 

Fare carriera come CFO: ritiene che effettivamente, come si reputa da più parti, il mercato del lavoro per questo ruolo sia ristretto, a bassa mobilità internazionale? E come impattano questo e altri fattori sulle «regole d’ingaggio» relative ai meccanismi di compensation?  

 

In realtà oggi sul mercato del lavoro si stanno creando molte opportunità all’interno delle piccole imprese che stanno affiancando all’imprenditore figure il cui ruolo vada al di là di quello di direttore amministrativo. Si chiede infatti che la persona sia in grado di prendere decisioni strategiche e che sappia utilizzare strumenti tecnologici: in un mercato in cui si richiedono sempre di più, nella catena di fornitura, determinati standard di governance e sostenibilità, è fondamentale attivare tutti i fattori di competitività. 

 

Per quanto riguarda invece la mobilità internazionale, non vedo una differenziazione rispetto ad altre figure strategiche: molte aziende italiane che hanno subsidiaries all’estero non possono fare a meno di una figura di CFO locale che garantisca il rispetto delle procedure e degli standard di corporate governance.  
Per esempio, il mio percorso professionale mi ha portato a ricoprire, per una multinazionale italiana, ruoli di CFO per i mercati esteri, per poi consolidare la mia esperienza come CFO del Gruppo Elica. 

 

Lavorare per obiettivi chiari, con un piano strategico di sviluppo e la partecipazione a incentivi legati alla creazione di ricchezza di lungo periodo sono elementi fondamentali di ingaggio e di fidelizzazione. A questo si affianca la ricerca di un ambiente inclusivo che valorizzi la crescita interna e la promozione di una squadra coesa, senza trascurare politiche di welfare & wellbeing.  

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