Il Meglio del Piccolo

L'evoluzione della specie. L'esperienza di Mecar S.p.A.

Come far diventare “forte” una piccola impresa per meglio resistere alle turbolenze che i mercati possono subire a causa di fenomeni imprevedibili e ineluttabili? Il tema mi è caro da molti anni, ben prima che il flagello della pandemia si abbattesse sulle economie mondiali ma diventa, più che mai, cruciale oggi. L’esperienza che vi voglio raccontare è il percorso compiuto da un concessionario di veicoli industriali operante in provincia di Salerno: la Mecar S.p.A. Il caso è estremamente interessante. Può aiutare a riflettere e trarre suggerimenti dai passaggi chiave che hanno consentito l’evoluzione da azienda puramente commerciale, dal mio punto di vista strutturalmente debole poiché dipendente da un unico fornitore molto potente in un contesto iper-competitivo, ad impresa che progressivamente ha incorporato degli elementi di valore che vengono percepiti come tali dai clienti e permettono di fare la differenza sul mercato. A maggior ragione l’analisi merita di essere fatta per capire come reagire in un settore che riporta cali nelle vendite oscillanti tra il 20 e il 30% a fine giugno e una fortissima incertezza sui mesi a venire anche per l’assenza di una netta politica di sostegno economico al comparto. Fatemi però prima descrivere brevemente cosa intendo per imprenditore “debole” e “forte”. In aula spiego spesso che nel mondo delle piccole e medie imprese operano molteplici figure che pur essendo giuridicamente e sociologicamente considerate imprenditori, lo sono solo parzialmente: sono sicuramente datori di lavoro, coordinano diversi fattori produttivi, rischiano in proprio investendo capitale, conoscenze e tempo, ma non presidiano tutte e tre le aree, quella del prodotto, del mercato e della tecnologia, in cui si concretizza l’idea imprenditoriale. In questo sono sicuramente più deboli soprattutto quanto a capacità di perseguire nel medio-lungo periodo l’obiettivo per cui qualunque azienda viene fondata e cioè la massimizzazione del profitto. Queste figure, sono il terzista (che produce su disegno e marchio altrui), il titolare di un’azienda commerciale (come per esempio un concessionario) e l’inventore (concentrato sulle soluzioni tecnologiche ma non sull’industrializzazione e sullo sviluppo della parte commerciale). L’imprenditore forte, invece, controlla, direttamente o indirettamente, quelle tre componenti: progetta il prodotto o il servizio, lo realizza mediante l’impiego di determinati mezzi di produzione e ne cura la vendita sul mercato. Vediamo come si applicano al caso queste definizioni.

Manager per gli imprenditori e imprenditore per i manager

Mecar S.p.A. è guidata da Gianandrea Ferrajoli, un giovane (a brevissimo quarantenne) esponente della terza generazione di una famiglia di Sant’Egidio del Monte Albino che a partire dal 1952 ha investito, con Fiat e Iveco, nella distribuzione di veicoli commerciali e industriali in Campania. Il suo è un curriculum fatto di molte partenze, per formarsi e lavorare nel mondo delle banche d’investimento (tra Roma, Londra, Parigi e New York), e di un ritorno decisivo: quello nel 2009 a Salerno per prendere gradualmente le redini del concessionario del papà Giuseppe. Proprio per la sua storia professionale, i colleghi imprenditori lo definiscono un manager (usa l’inglese tanto quanto l’italiano e mastica con grande confidenza i numeri dei bilanci e gli indici finanziari) mentre, per i manager dei gruppi multinazionali con cui si confronta, è innanzitutto un imprenditore capace di grande visione.

Ma di quale visione è stato portatore? Quali sono state le mosse che hanno permesso al titolare di un concessionario di Nocera Superiore di evolvere? Cosa si può imparare da questo caso anche non essendo distributori di camion e furgoni?

Provo a spiegarvelo in tre passaggi, sintetizzando in poche righe gli sforzi compiuti da questo imprenditore nell’ultimo decennio.

  1. La prima mossa è stata quella di guardare al futuro e di intravvedere, dal 2010 in avanti, alcuni mega-trend quali la distribuzione e-commerce, l’eco-sostenibilità e la digitalizzazione che avrebbero avuto un impatto più significativo sul mondo dei veicoli industriali rispetto al settore delle automobili. Ragione per cui, fin dal suo ingresso nell’azienda di famiglia, Gianandrea ha scelto di concentrarsi sul marchio Iveco mentre, in parallelo, i cugini operavano come concessionari Fiat Auto. Questa decisione è culminata nel 2019 in una netta scissione societaria tra i due rami familiari per consentire a ciascuno la massima indipendenza nelle scelte strategiche dei due diversi comparti: veicoli pesanti e auto. E’ chiaro quindi che “l’impresa forte” non è guidata da un indovino ma da un imprenditore che, leggendo e confrontandosi molto, guardando a chi è un po’ più avanti, curiosando in settori più o meno limitrofi, sa leggere per tempo dei fenomeni e delle tendenze future e su queste costruisce la sua proposta. Comprendendo in che direzione andava il mondo, per via di Amazon, della Apple e della Tesla, solo per citare alcuni agenti del cambiamento, Ferrajoli ha percepito che il servizio dei trasporti e, più in generale, la logistica sarebbero mutati: dall’essere un servizio a basso valore aggiunto, povero e standard, a divenire un elemento strategico per le imprese.

 

  1. A partire da questa intuizione si attua la metamorfosi. La scelta è quella di arricchire il proprio ambito d’azione andando progressivamente a includere le componenti mancanti dell’idea imprenditoriale che ho prima teorizzato: il prodotto/servizio e la tecnologia. Non ci si limita più solo al ruolo basico di azienda commerciale che, nella migliore delle ipotesi, è capace di vendere tanti camion e fatturare di più in perenne lotta sul prezzo con i concorrenti, ma partendo dalle esigenze reali dei clienti, si risponde con servizi e prodotti specifici, allargando la propria offerta. La proposta di Mecar nell’era dell’e-commerce viene così riformulata: “Noi non vendiamo veicoli al trasportatore ma gli vendiamo efficienza”. Seguendo questa nuova direzione il veicolo viene assistito, post-vendita, affinché possa dare la massima resa al flottista che non è più distratto dai problemi inerenti la gestione del mezzo e può disporre di più tempo per focalizzarsi sull’acquisizione di carichi. Tra i servizi forniti nel post-vendita da Mecar ve ne sono alcuni tradizionali e altri più innovativi: le officine per la riparazione dei mezzi, la vendita di lubrificanti e ricambi, il ritiro dell’usato, l’erogazione di finanziamenti e assicurazioni, l’affitto di veicoli commerciali e industriali, la gestione digitale delle flotte con assistenza 24 ore su 24, una scuola di formazione interna per autisti e meccatronici. Il cliente viene assecondato anche sul versante dell’eco-sostenibilità con una proposta di mezzi coerenti: veicoli a metano liquido oggi e probabilmente a idrogeno domani. La visione “cliente centrica” porta Mecar a entrare nel business del trasporto del freddo allargando la propria offerta e dando ai trasportatori la possibilità di acquistare camion dotati di impianti di refrigerazione con la relativa assistenza. Un ulteriore ampliamento viene realizzato nel settore delle costruzioni. Data la sua forte presenza sul mercato dei veicoli pesanti, a partire dalle competenze presenti in termini di assistenza e revisione, Mecar decide di fornire anche mezzi compresi di betoniere e pompe. Camion refrigerati e camion betoniere customizzati sulle esigenze degli acquirenti diventano nuove categorie di prodotto/servizio offerte dalla società salernitana. Ma l’allargamento del campo d’azione non si è fermato ai servizi, al freddo e al cemento. Mantenendo il baricentro nei trasporti, per seguire ancora di più le mega-tendenze in corso, sono state promosse alcune incursioni in start-up digitali e della mobilità sostenibile. Negli ultimi anni Mecar ha investito in partecipazioni nel capitale sociale di GoVolt (servizi di micro-mobilità urbana in sharing eco-sostenibili), di Macingo (un market place per il trasporto merci che facilita l’incontro tra domanda e offerta direttamente in rete) e ICarry (un portale che offre consegne rapide di merci di varia dimensione in città). Questo progressiva differenziazione dei servizi e dei prodotti offerti ha indotto anche un ampliamento dell’area d’azione dalla Campania verso Sud, con una particolare presidio delle aree portuali, e verso Nord seguendo le traiettorie dei clienti.

 

 

  1. Una evoluzione articolata in cerchi concentrici, da concessionario a piattaforma di servizi come giustamente ama definirsi Mecar, non si compie da soli. Gianandrea lo ha capito bene e si è mosso sempre in ottica di collaborazione stretta e di forte sodalizio con i suoi partner (in primis Iveco ma anche Thermoking per la refrigerazione e Cifa per le betoniere), con le associazioni di categoria in cui ricopre ruoli istituzionali e con i suoi soci nelle start-up digitali. Il terzo fondamentale passaggio è stato quello di transitare dall’io al noi, di lavorare sull’organizzazione e sulle persone, dentro e fuori i confini aziendali. Internamente il percorso non è stato facile poiché l’imprenditore si è imposto di tenere insieme alcuni collaboratori fidati del padre, con quelli del suo primo periodo in azienda e con gli ultimi arrivati a bordo, riuscendo ad attirarli in un territorio che, oggettivamente, non è conosciuto per una diffusa presenza di profili manageriali. Un tragitto fatto di fatica, di qualche abbaglio e qualche delusione, di apprendimento dagli errori, di energie e risorse investite per costruire una prima linea di persone responsabili a cui dare del tu, in grado di far cadere a terra velocemente e bene le sue molteplici intuizioni strategiche. La soluzione trovata è stata quella di valorizzare a suon di delega sia i collaboratori “storici” conoscitori dei meccanismi aziendali sia alcune figure esterne portatrici di competenze e mentalità nuove, integrandoli attraverso moltissime ore di formazione, una delle grandi passioni “aziendali” di Gianandrea, e di parecchi momenti di lavoro collegiale. La squadra manageriale ora c’è ma il lavoro di allenamento dei “giocatori” non cessa mai.

 

Occorre riconoscere il valore delle proprie origini

Seguendo queste tre direttive (visione di lungo periodo, ampliamento dei servizi e dei prodotti offerti, investimento sull’organizzazione) la Mecar ha subito una progressiva metamorfosi. L’impresa di oggi appare molto diversa dal concessionario di dieci anni fa: arricchita in termini di capacità di offerta e allargata geograficamente è passata da 19 milioni di euro nel 2010 ai circa 80 milioni del 2019. L’azienda si è rafforzata: come una persona giovane in ottimo stato di salute può affrontare meglio il virus e l’eventuale flessione di fatturato del 2020. Però tutto questo non basta. Di strada ne è stata fatta e se ne potrà fare ancora ma per preservare i risultati raggiunti e migliorare cogliendo le opportunità che si presenteranno anche e soprattutto a causa di questa crisi, permettetemi di dire che sarà fondamentale un ulteriore passaggio: riconoscere definitivamente il valore delle proprie origini. Sfrutto questo caso specifico per rivolgermi qui in chiusura a tutti i successori che si trovano alla guida dell’azienda di famiglia su un tema più personale. Non cadete nel tranello di pensare che il legame profondo con la vostra storia vi renda meno contemporanei, meno moderni, meno aperti e quindi limitati. Pensatevi come eredi perché ciò vi darà la lucidità e l’equilibrio necessari proprio per affrontare un periodo così incerto senza perdervi. Sforzatevi di tenere insieme in modo proficuo la tradizione e il futuro, le fondamenta e i piani a venire: imprenditorialità e managerialità, economia reale e finanza, gasolio e idrogeno, concessionario e start-up digitali, Sant’Egidio del Monte Albino e New York, Giuseppe e Gianandrea…. anche in questo starà la vostra forza.

 

 

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