Il Meglio del Piccolo

Il circolo dei giovani confusi

Cari lettori, oggi vi propongo le riflessioni di una giovane sulle difficoltà che si scontano quando si rientra nell'azienda di famiglia senza delle chiare regole d'azione e d'ingaggio. E' una confessione che mi arriva dopo l'uscita del post della scorsa settimana che ha generato un interessante confronto. Come si intuisce anche lei, dopo una laurea in Economia e management e una brillante carriera all'estero, ha sentito il "richiamo della foresta" ed è tornata nell'impresa fondata dal padre a fianco del fratello che invece non si è mai mosso da lì, per mettersi in gioco. A distanza di qualche anno non c'è piena soddisfazione perchè il processo di cambiamento e di managerializzazione, da lei tanto auspicato, stenta a decollare o meglio si muove con passi in avanti e brusche retrocessioni. Emerge una posizione di quasi prigionia: andarsene di nuovo appare difficile mentre restare le sta generando parecchia frustrazione.

 

Carissima Prof.ssa Puricelli,

Innanzitutto, spero che lei stia bene e che vada tutto per il meglio.

Questa mattina ho letto il suo ultimo post  “SOS PMI” e mi ha colpita moltissimo. Forse perché mi è suonato molto familiare per tante analogie con il ragazzo che le chiede aiuto. Dal contenuto della mia e-mail immaginerà anche perchè le scrivo dalla mia e-mail privata nonostante io lavori ancora nell’azienda di famiglia.

Come abbiamo avuto modo di dirci durante il suo corso, mi sono trovata anche io nella situazione di Mario, e forse tutt’ora sono membro del “Circolo dei giovani confusi” che con, troppe alternative sul proprio piatto, valutano e rivalutano spesso la propria decisione chiedendosi se le altre strade sarebbero state più soddisfacenti. Tutto questo è condito anche dalla Fear of Missing Out quando vediamo che i nostri compagni bocconiani fanno vite cosmopolite in città sempre più instagrammabili.

Scherzi a parte, mi piacerebbe davvero che ci fosse un circolo di questo tipo dove noi giovani confusi abbiamo la possibilità di essere più aperti ed esporre i nostri dubbi a persone che, con più esperienza di noi, ci possono dare punti di vista differenti.

Nel 2019 io sono tornata in azienda senza alcuna pressione da parte di mio padre o di mio fratello, con la volontà di mettermi in gioco e anche la consapevolezza di una vita forse più dura in un contesto provinciale meno stimolante. In questi tre anni di vita in azienda ho però capito che vedere una strada differente, vedere un’azienda più innovativa e con il giusto dosaggio di managerialità deve essere un’idea condivisa da tutta la Direzione e, quindi nel mio caso, da mio padre e mio fratello. Credo che lei concordi con me che il cambiamento non sia una battaglia da combattere in solitudine.

Nel mio caso io ho capito che l’errore non è stato tornare o lasciare una carriera avviata e trasferirmi nel luofo ove ha sede l'impresa ma non avere discusso chiaramente e a fondo le intenzioni di chi in azienda ci lavorava già. Se posso quindi permettermi un consiglio al giovane Mario, che ha tutta la mia comprensione, è quello di parlare con tutti i membri della famiglia e discutere delle sue idee prima di entrare in azienda perché se il terreno non dovesse essere fertile al cambiamento e all’innovazione organizzativa la scelta di lavorare nell’azienda di famiglia potrebbe frustrante. E se cambiare multinazionale o paese può essere diventato per lui, come lo era per me, molto semplice e indolore, tornare indietro ed uscire dall’azienda temo sarebbe molto più complesso sia sul piano professionale che su quello personale.

La ringrazio e spero di non averla annoiata con la mia riflessione.

Maria Bianchi

Siete d'accordo con i suggerimenti proposti da questa giovane donna?

Cosa le consigliereste di fare per uscire dalla "confusione"? Ormai deve restare nel'azienda di famiglia o le conviene, pur con estrema fatica, uscire?

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