Il Meglio del Piccolo

Un errore da evitare

Quando il miglior esecutore viene promosso naturalmente a gestore

Un problema che mi viene spesso sottoposto dagli imprenditori che frequentano il corso General Management delle PMI della SDA Bocconi è quello di evolvere da un assetto organizzativo elementare - costruito attorno alla figura dell’imprenditore - ad un assetto più manageriale caratterizzato dalla delega (ovvero dal decentramento di responsabilità decisionali) e dall’utilizzo di logiche e strumenti più razionali per la gestione dell’azienda. Gli imprenditori avviano spesso questo passaggio, con le migliori intenzioni e in assoluta buona fede, mediante la promozione di quei collaboratori che si muovono particolarmente bene a livello operativo. Di solito la scelta del collaboratore da promuovere ad un ruolo gestionale cade sul miglior esecutore, sullo specialista più bravo e più volenteroso. Il miglior operaio diventa responsabile di produzione, il miglior venditore viene promosso direttore commerciale, il miglior contabile capo dell’area amministrativa e così via per qualsiasi reparto o funzione aziendale nella quale il titolare decide di individuare una persona di riferimento.

 

Come si può facilmente immaginare, le competenze che fanno di un esecutore un fuoriclasse rispetto ai colleghi sono legate principalmente alle abilità tecniche, al “saper fare” molto bene una determinata attività, basata su conoscenze non formalizzate in alcun manuale, mutuate solo dall’esperienza. Diversamente, le competenze che distinguono un ottimo capo fanno riferimento al “saper gestire”. Esse includono capacità di comunicazione, capacità di influenza e di persuasione, capacità di delegare e fare squadra, capacità di ascolto e di dare feedback, capacità di decidere usando numeri e dati oggettivi. Questa divergenza nelle competenze richieste dai due profili non rende corretta la promozione del miglior esecutore in posizione di capo. E’ naturale, viene intuitivo fare così ma solo raramente può funzionare. I rischi nel fallimento di una tale operazione sono alti: nella maggior parte dei casi il super esperto elevato a gestore continuerà ad operare attivandosi in prima persona, faticherà a sottrarsi alla sua deriva di abile esecutore, troverà difficile delegare e far lavorare altri al suo posto. Quanto più si sforzerà nel tentativo di assumere le nuove sembianze richiestegli dalla promozione, tanto meno potrà contribuire al risultato aziendale sfruttando le sue abilità da specialista. In sintesi, così facendo, con buona probabilità, l’imprenditore non solo non potrà contare su un valido gestore ma si sarà in parte “giocato” il suo migliore esecutore.

 

Da qualsiasi parte si osservi questa promozione, sia dal basso che dall’alto, l’azienda avrà perso qualcosa. Per evitare dunque di cadere nella trappola “di promuovere le persone al loro massimo livello di incompetenza”, oltre a valutare requisiti personali come la volontà e la dedizione per il lavoro, l’imprenditore dovrà avere in mente e pesare in anticipo le caratteristiche che fanno di una persona un buon capo: l’essere generalista piuttosto che specialista, capace di farsi capire e seguire, in grado di far lavorare gli altri nella direzione da lui reputata più utile, abile nell’insegnare e nel trasferire le sue conoscenze, capace di attendere i risultati dei suoi sottoposti, attento nel controllo dell’operato altrui.

Non promuovete le persone al loro massimo livello di incompetenza

La logica da seguire è quella di valutare le persone rispetto ad una prospettiva futura: si tratta di esprimere in questi casi un giudizio sul potenziale, ovvero sulla capacità più o meno presente di essere responsabile di attività diverse da quelle in cui ci si è distinti in passato. Per realizzarla, senza arrivare ad impiegare metodologie eccessivamente complesse e costose, è consigliabile che l’imprenditore esprima un giudizio sulle abilità manageriali del suo collaboratore in predicato di promozione, facendo lo sforzo di immaginarlo in opera nella nuova posizione. Estremamente utile risulta, in questi casi, un parere sulle potenzialità gestionali della persona da parte di un consulente esterno, purché quest’ultimo conosca in modo approfondito la strategia e le specificità organizzative dell’azienda. Il riconoscimento di queste abilità potenziali del collaboratore dovrebbe poi tradursi in ricompense specifiche: investimenti di formazione mirati e passaggi di carriera coerenti con le sue capacità  presunte. Per non creare demotivazione, anche i dipendenti che vengono esclusi dal percorso di carriera manageriale - da specialisti nell’esecuzione a gestori - possono e, se lo meritano devono, essere comunque valorizzati in termini di ricompensa. Per costoro giusto sarebbe ipotizzare un altro sentiero di carriera: quello dell’esperto che prevede un surplus retributivo pur restando nella posizione tecnico-specialista in cui si sa dare il meglio.

Costruite un doppio sentiero di carriera

Anche chi non capisce nulla di calcio può comprendere che se si ha la fortuna di avere in squadra un Maradona occorre lasciarlo in campo il più possibile e premiarlo per i risultati che porta. Sottrarlo dal terreno di gioco e costringerlo ad allenare la squadra, sperare che possa con le parole trasferire il suo genio e la sua straordinaria capacità da fantasista ai compagni è pura utopia. Eppure accadde. Era l’anno dei Mondiali del 2010 in Sudafrica. L’Argentina era fortissima: Messi, Aguero, Tevez, Milito, Di Maria, Higuain giovane. Ma tra quella squadra e la vittoria c’era solo un ostacolo: l’allenatore più inadeguato del mondo alias l’ex attaccante più forte al mondo.  

Lasciate in campo i vostri fuoriclasse

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