Il Meglio del Piccolo

Quando la delega non funziona

Delegare alle persone giuste è il sogno di molti imprenditori che, anche in periodi di crisi, vorrebbero avere più tempo per trovare nuove opportunità per le loro aziende. Come si riesce ad impostare correttamente il processo di delega ai collaboratori liberando il proprio tempo per le questioni cruciali e strategiche? Partiamo da un caso pratico e cerchiamo di capirne di più.

Il sogno infranto

L’azienda di cui parliamo, fondata negli anni ’60, prende avvio nella produzione di raccorderia industriale e di rubinetteria per uso civile. La rubinetteria è poi abbandonata a favore della produzione di raccordi per conto di grandi aziende clienti. Questa fase di specializzazione, all'inizio del 2000, coincide anche con la transizione dalla prima alla seconda generazione. L’officina resta il cuore della fabbrica e i dipendenti – quasi esclusivamente operai – permangono degli esecutori.

 

All’inizio del 2014 il grande cambiamento: il titolare decide di riprendere la produzione di rubinetti scegliendo un posizionamento di fascia alta, investendo in una politica di marchio con l’intento di orientarsi al mercato internazionale. Questo nuovo progetto imprenditoriale è affidato dal proprietario ad un giovane collaboratore che, oltre a possedere competenze specifiche di design industriale e di marketing, manifesta grande intraprendenza. Persona parecchio eclettica e dinamica, costituisce progressivamente attorno a sé una squadra molto motivata nello sviluppo della neonata unità di business. I risultati non tardano ad arrivare: vendite e visibilità dell’azienda in crescita. L’imprenditore è pienamente soddisfatto. Ha trovato l’uomo giusto, il manager in grado di realizzare il suo sogno: quello di evolvere da terzista ad industriale con un prodotto ed un marchio proprio e di vedere il nome della sua azienda circolare per il mondo attraverso le fiere di settore e la pubblicità. L’organizzazione, giunta a contare nel complesso più di un centinaio dipendenti, viene strutturata in due aree distinte, una per l’attività tradizionale guidata dal titolare e l’altra per la nuova linea di prodotti a capo della quale viene posto, in qualità di direttore di divisione, il giovane manager.

 

In parallelo, a partire dal 2018, si iniziano ad introdurre meccanismi di gestione formali. Tra questi un sistema di controllo di gestione per consentire un governo ed una pianificazione più razionale dei due comparti e permettere alla proprietà di conoscere in modo puntuale l’andamento dell’azienda nelle due diverse aree d’affari. I primi riscontri segnalano però una brutta sorpresa. A fronte di una continua crescita del fatturato - da zero a circa 8 milioni di euro nel 2019 - la nuova divisione sembra aver generato perdite rilevanti compensate dalla divisione tradizionale che, con i suoi 35 milioni di euro e i suoi modesti ma costanti margini, è riuscita negli anni a coprire l’andamento negativo della rubinetteria. La prima reazione dell’imprenditore di fronte a tali dati è quella di mettere in discussione il nuovo strumento di rilevazione dei costi e la sua attendibilità: “Non è possibile che stiamo perdendo! La nuova divisione è perfetta e rappresenta il nostro futuro: è lì che dobbiamo andare”.

 

Il titolare fatica a credere che il suo “delfino”, il manager che molti imprenditori agognano di trovare, possa essere causa di risultati economici negativi. Solo la minaccia di dimissioni da parte dell’esperto e fedele responsabile amministrativo lo costringono ad una presa di coscienza. Egli inizia così ad entrare nel merito dell’attività della divisione rubinetti scoprendo inefficienze gravi: progetti costosissimi per lo sviluppo di nuovi prodotti lasciati in sospeso, livelli di scarto, di non conformità e di resi dei prodotti altissimi, magazzino completamente fuori controllo. Quello che per anni non è avvenuto accade nel giro di poche ore: il titolare chiede e ottiene l’allontanamento immediato dall’azienda del giovane manager. E’ la fine di un sogno. L’imprenditore è profondamente deluso, grida al tradimento e attacca pesantemente il suo ex-braccio destro di averlo ingannato e, indirettamente, derubato. I dipendenti della divisione rubinetti sostengono invece di aver perso un punto di riferimento fondamentale, un capo intraprendente, pieno di idee e capace di motivarli. C’è uno smarrimento generale in un anno, come il 2020, difficilissimo anche per la divisione tradizionale. A questo momento di forte impasse si aggiunge la questione della terza generazione - rappresentata dai tre figli del titolare - che sta timidamente facendo capolino in azienda e non trova il clima e i presupposti per un ingresso facile. L’imprenditore, data la baraonda, non ha un minuto per loro perché deve riaccentrare a se’ tutte le decisioni essendo sempre più scoraggiato e disilluso sulle persone. Oltre al danno la beffa: il manager - licenziato in malo modo - nel giro di poco tempo, in assenza di un patto di concorrenza, troverà un ottimo impiego presso un concorrente più forte e strutturato.

 

 

 

 

Come si può analizzare questa situazione? La colpa è del manager dalle mani bucate che ha dilapidato le finanze del povero imprenditore oppure c’è un problema di delega? Aspetto i vostri commenti per provare poi a ragionare insieme e trarre qualche spunto di miglioramento.

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