Mi capita sempre più spesso di lavorare a stretto contatto con manager che operano nelle PMI italiane. Di solito fanno parte di quella famosa prima linea di responsabili che gli imprenditori che incontro, propensi alla delega e all’evoluzione della loro organizzazione, vogliono di costruire. Solo a volte sono dirigenti (per qualifica contrattuale), più di frequente sono direttori o responsabili di specifiche unità organizzative sia di linea (ufficio tecnico, produzione, commerciale) sia di staff (amministrazione, risorse umane, etc). Al di là di quello che hanno scritto sul contratto di assunzione e sul biglietto da visita, la questione centrale è fare di loro dei veri attuatori della strategia dell’azienda, con delega piena sugli obiettivi di cui sono responsabili, capaci di gestire in modo efficiente ed onesto i loro collaboratori, ma anche i budget loro assegnati, gli impianti e le attrezzature.
Quali sono le caratteristiche che servono per fare bene “il mestiere” del manager in un contesto organizzativo peculiare quale quello di una PMI familiare italiana?
Non riconoscere le specificità di questo ambiente è la prima grave mancanza. La piccola impresa italiana è il luogo dove le persone e le relazioni contano molto di più che in una grande impresa multinazionale dove prevalgono le regole, le procedure e il potere dei manager/funzionari che presidiano questi meccanismi.
Partendo da questa fondamentale differenza, si può cercare di tracciare un elenco di tratti e di comportamenti distintivi che bisognerebbe riconoscere in fase di selezione o di promozione nei candidati a posizioni manageriali nelle realtà di minori dimensioni.
- Il manager ideale deve avere, più di quanto accade nelle grandi aziende, la capacità di partire dai problemi e di creare intorno ad essi un effetto di integrazione di diverse aree di competenze per arrivare a soluzioni in grado di convincere anche gli imprenditori più restii alla managerializzazione. Non deve attenersi strettamente al suo mansionario con un atteggiamento da burocrate di stato, ma muoversi nell’ambito della propria sfera di responsabilità con flessibilità e con una buona capacità di visione laterale.
- Il manager valido è propositivo, non attendista. Si muove e trova una strada anche in assenza di procedure o percorsi predefiniti di azione.
- Un manager è tale se risolve i problemi che si manifestano nella sua area di responsabilità, non se passa il tempo a puntare il dito sull’operato dei colleghi a capo di altre funzioni, sui fornitori o sui clienti colpevoli (forse) di averli provocati.
- La realtà è come è, non è perfetta, non è sempre come vogliamo che sia. Il manager giusto non spende le sue energie a lamentarsi ma incide con la sua azione in positivo sulla situazione anche e soprattutto quando non è ideale. Deve avere energia ed ottimismo sufficienti per cambiare e plasmare la realtà nella direzione migliore.
- Affronta i problemi direttamente in campo. Non ha timore di sollevare questioni spinose nelle riunioni con l’imprenditore e con gli altri responsabili suoi pari grado. Non lascia che quei momenti collegiali diventino solo informativi per poi sfogarsi in altre sedi a porte chiuse in colloqui a due, evitando il contradditorio in pubblico e facendo prevalere la lamentela.
- Sa contrapporre le sue idee a quelle del titolare in un confronto costruttivo dove importa anzitutto l’azienda. E’ capace di dire no sulle cose importanti, se necessario, ma sa anche tollerare qualche vezzo e qualche preferenza del “padrone di casa”. Non si impunta sempre per tutto ma è in grado di portare avanti le sue idee, argomentandole e sostenendole in modo logico.
- Non percepisce le persone giovani e valide come una minaccia, anzi coglie il vantaggio e lavora al meglio per tenersele vicino. Fa squadra. E’ un professionista pronto a far crescere nel tempo una seconda linea manageriale, non teme di avere sostituti, dando vita così ad una organizzazione che può essere apprezzata dall’esterno diventando un possibile elemento di attrattività anche per nuovi ingressi.
- Non ha paura, facendo lavorare bene i suoi sottoposti, di non saper più cosa fare. Pianificare, delegare, controllare il lavoro altrui, ascoltare e dare feedback ai propri collaboratori e, al fondo, farli crescere è un’attività ricca che, se svolta in modo completo, riempie le giornate.
- Deve essere allineato alla visione e ai valori dell’azienda essendo remunerato soprattutto per compiere la strategia nel rispetto delle “regole di casa”, fondamentali nei contesti di piccole dimensioni.
- Il manager giusto, infine, deve guardare all’imprenditore riconoscendogli il grande merito di aver dato vita, con la sua capacità di visione e la sopportazione di notevoli rischi, ad una azienda e con essa al lavoro per una comunità di persone, generando una grande ricchezza collettiva. Deve rendersi conto in modo molto onesto che il suo titolare avrebbe fatto ugualmente impresa senza il suo contributo mentre non sarebbe stato possibile il contrario.
Avere in mente questi tratti può costituire una griglia utile per l’imprenditore che intende passare dal modello “dell’uomo solo al comando” a quello basato sulla creazione di una prima linea manageriale a misura di piccole impresa.
Anche in termini di formazione manageriale, per l'appunto, è necessario capire queste specificità e pensare o meglio ripensare i contenuti e soprattutto le modalità didattiche. Se si vogliono accrescere e potenziare i tratti sopra citati per formare manager adatti alle PMI, diventa fondamentale offrire esercizi per allenare alla discussione, a portare avanti le proprie idee, a confrontarsi sulla base di ragionamenti e spiegazioni razionali, a sviluppare un pensiero critico, tralasciando del tutto teorie o modelli che rispondono ad una logica burocratica tipica della grande impresa.