
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 5 Mag 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
Affrontare le sfide attuali della funzione HR a 360 gradi, grazie a strumenti metodologici per attrarre, scegliere e trattenere in azienda i migliori talenti.
Dov’è la vita che abbiamo perduto vivendo?
Il post di oggi è su un tema solo apparentemente lontano dal management e dalle PMI: l’EQUILIBRIO. Mi accingo ad affrontare una tre giorni super intensa che coincide con l’inizio del mio corso per PMI in SDA Bocconi: 60 partecipanti da tutta Italia desiderosi di imparare e di confrontarsi. Sarà una taranta di incontri per loro, per me, per il mio team di colleghi ma mi piacerebbe diventasse anche un momento di riflessione sulla moderazione e sulla stabilità.
Queste persone, sapete ormai come la penso, rappresentano una delle parti migliori del Paese. La loro forza, il loro entusiasmo e la loro intraprendenza ci permettono di vedere il bicchiere sempre “mezzo pieno”. Il loro ottimismo e l’assenza di lamentele diventano un antidoto al cinismo e alla rassegnazione che talvolta pervadono l'animo degli adulti. La loro positività una profezia che si auto-avvera e le loro imprese, pur nel piccolo, crescono, vanno bene, creano posti di lavoro, nonostante la pandemia. La loro italianità è sinonimo di inventiva, creatività, unicità e non come spesso si sottintende di furberia, improvvisazione, compromesso perenne. Il loro essere artigianalmente industrializzati dice della tenuta nel tempo di questo nostro modello di produzione che nega lo standard, che ripropone in chiave contemporanea la tradizione, che si esprime in una varietà amplissima di settori, di prodotti e di servizi.
Persone così permettono di contrastare i bollettini di guerra sulla disoccupazione in Italia e quei numeri impressionanti di ragazzi nullafacenti che i mass media, a cui piacciono tanto le statistiche dolorose, non hanno fatto che propinarci negli ultimi anni.
C'è bisogno di tenere insieme, di lavorare sulla congiunzione
Bene. Tutto molto positivo però….c’è un però anche in tutta questa positività. E’ un mito che vorrei un poco sfatare. L’ennesimo falso mito del progresso. Quello dell’azienda e (della carriera) innanzi a tutto per essere realizzati. Quello del lavoro come un assoluto che diventa il vincolo di tutte le scelte individuali per cui la vita professionale, in questi casi anche per un senso di responsabilità nei confronti dei collaboratori, va a scapito di tutto il resto: famiglia, relazioni, costruzione di legami. Se si andasse pesantemente in questa direzione, avremmo tra una ventina d’anni forse delle imprese floride ma, con buona probabilità, delle persone svuotate in un contesto di conclamato inverno demografico. Avremmo dei capitani che hanno dimostrato di saper raggiungere nuovi continenti, navigando per oceani anche molto turbolenti, ma che, arrivati in porto avranno una tremenda nostalgia di tutto quello che, nel frattempo, a furia solo di navigare, hanno perso. Me li immagino per pochi giorni a terra, stanchi e al fondo soli, con lo sguardo perso nel vuoto dei rimpianti, costretti a riprendere il mare perché non hanno saputo costruire i motivi per restare in porto. E’ un’insidia che vedo alle porte perché ci sono inciampata e l’ho conosciuta in tante altre vite. Ho visto persone, così dette di successo, conquistare il mondo ma perdere sé stessi, più o meno consapevolmente, credersi arrivati e scoprirsi più simili a quei criceti che pedalano incessantemente sulla ruota, dentro quelle orribili gabbiette di plastica in cui sono di fatto imprigionati. Pedalano tanto ma a vuoto. Per nulla, senza rendersene conto.
Il discorso è un po’ azzardato, se affrontato in profondità porta lontano, molto distante dai temi di management che vi potreste aspettare in questo spazio. E’ un argomento difficile da toccare in poche righe: si rischia di apparire sentimentali o moralisti, di predicare bene e poi razzolare male, di affermare cose ovvie. Insomma tutto il peggio possibile. Eppure il nocciolo della questione è mantenere l’equilibrio, non spingersi oltre il limite, non farsi tradire dall’eccesso di coinvolgimento nel lavoro, dalla chimera della crescita continua e della rincorsa perenne di quello che manca senza guardare a quello che già c’è. Occorrono dei baluardi forti per arginare questo asservimento, per avere la capacità di collocare la vita lavorativa nella sua giusta dimensione, non completamente assente ma nemmeno totalmente pervasiva. C’è bisogno di tenere insieme, di lavorare sulla congiunzione e non sull’opposizione. Carriera e famiglia, cura del lavoro e cura dell'individuo. Utili e positive le aziende di successo ma bisogna preoccuparsi anche della sfera esistenziale di chi le guida, per avere persone a tutto tondo, capaci di alzare lo sguardo e respirare a pieni polmoni, persone in EQUILIBRIO e dunque in grado di portare avanti opere importanti. Per evitare di trovarsi un giorno a non avere risposte ad una domanda centrale posta da un poeta inglese mentre viaggiava verso Londra, verso la City già allora preda del tempo: “Dov’è la vita che abbiamo perduto vivendo?”