Il Meglio del Piccolo

Delienare il futuro

Due settimane fa sono stata invitata da un imprenditore catanese, Gaetano Vecchio, alla cerimonia per celebrare i 60 anni della loro azienda: la Cosedil S.p.A. L’evento è stato così organizzato: presentazione del piano industriale della società 2025 – 2028 (in due momenti: prima alle autorità e ai rappresentanti istituzionali esterni e poi ai manager e alle maestranze interne); formazione ai responsabili della prima linea e teambulding finale per chiudere con un momento ludico e divertente per tutti i dipendenti.

Non entro nel merito del caso e della storia di questa media impresa siciliana, che meriterà prima o poi di essere scritta, ma preferisco soffermarvi sulla validità dell’operazione compiuta, al fine di trarre qualche spunto replicabile anche da altri imprenditori, in altre regioni, operanti anche in settori diversi da quello edile. 

Si è trattata di una sorta di convention aziendale, uno strumento di integrazione e di allineamento che merita di essere conosciuto e utilizzato per migliorare la gestione nelle PMI.

 

  • Perché i titolari hanno deciso di investire energie, tempo e denaro in una convention che ha coinvolto per due giorni circa 500 persone?

 

  1. C’è sempre una spiegazione per ogni cosa. Il motivo per celebrare è stato sicuramente l’importante ricorrenza. Il compleanno di un’azienda, soprattutto quando i lustri iniziano ad essere molti, ha un grande significato: ne dimostra la tenuta, la capacità della famiglia proprietaria di passare indenne attraverso crisi di diversa natura, interne ed esterne. Immaginate, nel caso specifico, quali questioni ha dovuto affrontare quest’impresa nel corso dei suoi primi 60 anni, tra cui quella di vedere il fondatore Andrea Vecchio sotto scorta per una decina d’anni per non avere accettato di subire le estorsioni e i ricatti mafiosi, tra betoniere fatte esplodere, incendi dolosi e minacce di morte. Sottolineare la forza del passato è stato però solo l’incipit di questa reunion. Il vero obiettivo, non a caso oggetto del primo intervento da parte dell’imprenditore, dopo i saluti delle autorità pubbliche, è stato quello di delineare il futuro. Questa la finalità principale: dedicare tempo a definire le azioni dei prossimi anni in modo che tutti conoscano la direzione che la proprietà ha deciso di perseguire e sia più facile far convergere le persone allo scopo. “Cammina bene l’uomo se sa dove andare”: in questo detto è riassunto il senso ultimo di questa operazione.

 

 

  •  Cosa si può apprendere da questa esperienza?

 

  1. La preparazione. Preparare un piano industriale da presentare in pubblico (per giunta in due momenti: uno per i soggetti esterni all’azienda e il secondo rivolto ai collaboratori) obbliga a chiarirsi le idee. Il foglio o lo schermo bianco da riempire impongono che si pensi e si ragioni su cosa scrivere e già, solo questo, diventa un preziosissimo esercizio. Se poi la presentazione deve essere esposta ad una platea variegata, fatta non solo di addetti ai lavori, bisogna impegnarsi ancora di più e prepararsi al massimo curando ogni minimo dettaglio. E’ facile capirsi da soli, molto più difficile farsi capire da altri: mettere nero su bianco le proprie idee ed obbligarsi a presentarle aiuta ad averle ancora più nitide in testa.
  2. La strutturazione. Un buon piano industriale è tale se, a partire dai numeri del presente e del recente passato, esplicita la visione futura (dove si vuole andare). In primo luogo si deve delineare la strategia ovvero esplicitare che prodotti si faranno, su quali tecnologie si punterà, a quali mercati e canali distributivi ci si rivolgerà, quanti e quali investimenti verranno fatti. In secondo luogo, altrimenti sarebbe solo un piano strategico, è necessario definire le scelte organizzative: quante e quali persone inserire, dove collocarle, arrivando a presentare anche l’organigramma che sosterrà il cammino. Dichiarare la meta è fondamentale ma, subito dopo, occorre ragionare e definire le soluzioni organizzative a supporto della strategia. Infine occorre avere il coraggio di esporsi precisando i numeri in termini di ricavi, di costi e di profitti attesi. Valori di partenza, strategia futura, investimenti previsti, struttura organizzativa e risultati economici attesi: questi i paragrafi irrinunciabili di un piano triennale.
  3. La sintesi. Lavorando molto nella preparazione del piano industriale e strutturandolo, seguendo i punti sopra delineati, si riesce a essere centrati e non prolissi. La chiarezza permette di essere estremamente sintetici e viceversa. Quando un piano di tre anni viene condensato in una quindicina di pagine ben articolate, senza fronzoli e verbosità, significa che le idee sono chiare e nette. E’ più facile essere ascoltati, compresi e seguiti.
  4. Il training. Presentare un piano industriale alla prima linea e ai collaboratori, soprattutto quando è molto ambizioso, con obiettivi di crescita importanti in tempi di grande incertezza, potrebbe non generare un consenso immediato. E’ utile in questi casi offrire ai manager la formazione necessaria per affrontare la sfida che viene proposta: se ci si pone l’obiettivo di passare da un campionato di serie B ad uno di serie A, occorre preparare la squadra con un allenamento specifico. Fuor di metafora diventa necessario un addestramento in grado di dare ai manager gli strumenti per tradurre in pratica il piano. Ecco perché alla presentazione è seguito un momento di training per i responsabili, come avvio di un percorso di ulteriore sviluppo professionale.
  5. Lo spirito di squadra. Il piano deve essere chiaro e i manager preparati “tecnicamente” per compierlo. Questi requisiti sono necessari ma non sufficienti. Occorre, da ultimo, lavorare su aspetti meno razionali, più emotivi che fanno scattare la magia dell’allineamento delle persone agli obiettivi aziendali, della loro coesione e integrazione (anche caratteriale) rispetto allo scopo. L’esercizio finale di team building, volutamente giocoso e divertente, ha avuto la finalità di rompere gli schemi, mischiare persone, ruoli ed idee con l’intento di creare uno spirito di squadra, facendo leva sulle emozioni positive. Non è una novità ma va tenuta a mente: “Se vuoi costruire una barca non radunare gli uomini per tagliare la legna, dividere i compiti e impartire gli ordini, ma insegna loro la nostalgia del mare vasto e infinito".

     

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