Il Meglio del Piccolo

Debole o forte? Che imprenditore sei?

Oggi vi propongo una riflessione sulla figura dell’imprenditore. Nella realtà ne esistono di diversi tipi almeno così mi pare di vedere nei tanti casi che incontro. A parità di impegno e di capacità di sopportare i rischi e i sacrifici che questo mestiere impone, soprattutto in momenti come quello attuale, ve ne sono alcuni che paiono più deboli ed altri più forti. Proverò a descrivervi una tra le possibili classificazioni affinché proviate a riconoscervi per avere delle conferme o, se necessario, per mettere in campo azioni di miglioramento.

Nel mondo delle piccole e medie imprese operano molteplici figure che pur essendo giuridicamente e sociologicamente considerate imprenditori lo sono solo parzialmente: sono sicuramente datori di lavoro, coordinano diversi fattori produttivi, rischiano in proprio investendo capitale, conoscenze e tempo, ma non presidiano tutte e tre le aree, quella del mercato, del prodotto e della tecnologia, in cui si concretizza l’idea imprenditoriale ovvero la strategia dell’impresa. In questo sono sicuramente più deboli soprattutto quanto a capacità di perseguire nel medio-lungo periodo l’obiettivo per cui qualunque azienda viene fondata e cioè la massimizzazione del profitto. Queste imprenditori “strutturalmente deboli” sono il terzista, il titolare di un’impresa commerciale e l’inventore.

L'imprenditore forte non può essere solo un produttore per conto terzi, poiché la sua azienda risulterebbe, in questo caso, strutturalmente debole dal lato commerciale, dell'affermazione di un proprio marchio e dal lato della progettazione e dello sviluppo di nuovi prodotti. Il terzista puro dipende solitamente da uno o pochi committenti, più grandi e importanti, che lo usano come braccio operativo, come serbatoio di capacità produttiva e che, in funzione della loro forza contrattuale, possono determinare modi, tempi e costi. La discrezionalità decisionale del terzista e da essa la sua forza risulta oggettivamente limitata. Il maggior valore viene accaparrato dal committente che presidia tutte le componenti della catena, dalla creazione del prodotto al posizionamento del mercato. Lavorare così non è impossibile ma i ritorni rispetto alla fatica e all’impegno sono, in media, molto modesti.

L'imprenditore forte non può nemmeno essere solo un "commerciante", distributore o grossista: un'azienda con queste caratteristiche presenta delle debolezze intrinseche poiché, in genere, si trova nella posizione di intermediario tra pochi fornitori di dimensioni medio-grandi ed una moltitudine di clienti piccoli. Le eccezioni ci sono, ma confermano l'ipotesi che in assenza di una idea imprenditoriale originale, le imprese fondate esclusivamente su competenze commerciali tendono ad essere fragili poiché subiscono in grande misura il potere contrattuale dei loro fornitori senza potersi rivalere sulla clientela.

L'imprenditore forte non è nemmeno solo un "inventore" ovvero un profilo che ha esclusivamente competenze tecnico-specialistiche cioè, a seconda del settore, di ricerca, di progettazione, di stile o di design. Un'impresa che si fondasse esclusivamente su queste, sarebbe strutturalmente debole sul fronte commerciale e di gestione della produzione. L'inventore, come il ricercatore, lo stilista o il designer, è per definizione attento allo sviluppo ed al miglioramento estremo del prodotto senza essere altrettanto interessato alla sua promozione commerciale, alla sua industrializzazione efficiente o alla effettiva ricettività della domanda. La sua genialità diventa incompletezza e, nelle aziende guidate dagli “inventori”, si fatica a trovare un buon equilibrio, soprattutto a livello di bilancio.

 

All’opposto del terzista puro, del commerciante e dell’inventore, l’imprenditore forte controlla, direttamente o indirettamente, tutte tre le componenti della strategia: progetta il prodotto o il servizio, lo realizza mediante l’impiego di determinati mezzi di produzione e ne cura la vendita sul mercato. Sono esempio di imprenditori forti coloro che presidiano la componente di ricerca e sviluppo quella di produzione e industrializzazione del bene realizzato e, non ultimo, controllano il mercato curando la propria immagine, il marchio, il portafoglio dei clienti.

Le quattro tipologie sono ovviamente una classificazione di massima. La realtà presenta sicuramente anche soluzioni diverse, ibride o eccezionali rispetto a quanto appena teorizzato. L’esercizio che però vi propongo è quello di provare a confrontarvi con questa tipologia. Se vi collocherete più vicini ad una delle tre fattispecie deboli sappiate che dalla fragilità, avendo in mente il punto di arrivo ideale, si può uscire. La piccola impresa strutturalmente può evolvere.

 Alcune imprese forti sono transitate in una delle fattispecie identificate come deboli, ma hanno saputo limitarne la portata e poi fuoriuscirne. Sono realtà guidate da imprenditori che si sono conquistati una posizione di relativa forza anche con azioni di rottura nei confronti di una tradizione consolidata: hanno diversificato i clienti laddove c’era l’abitudine di servirne uno solo, anche se importante, hanno progettato e prodotto una propria linea dopo anni di attività meramente commerciale, hanno internazionalizzato l’attività e, più in generale, il raggio d’azione aziendale curando con attenzione il proprio marchio e la propria immagine. Molti sono i casi e gli esempi da cui imparare che avrò occasione di raccontarvi.  Ma ora ditemi: voi dove vi collocate? Da dove siete partiti e dove state andando?

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