
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 16 Giu 2025
- 9 giorni
- Class
- Italiano
Affrontare le sfide attuali della funzione HR a 360 gradi, grazie a strumenti metodologici per attrarre, scegliere e trattenere in azienda i migliori talenti.
Un primo tratto comune a molti imprenditori di successo che ho avuto la fortuna di conoscere è l’assenza di un talento prodigioso e la presenza fortissima della dedizione ad un mestiere, ad una attività, in un determinato settore. Scoperta la propria vocazione (per un prodotto, un mercato o una tecnologia), senza essere per forza in partenza dei talenti assoluti di cui una certa letteratura ama riempirsi la bocca, quello che vedo in prevalenza è che gli imprenditori si impegnano, nel senso etimologico della parola: cioè si assumono un obbligo.
L'impegno vince sul talento
Capita che magari scoprano per caso la loro passione e che poi nelle loro storie prevalga l’impegno mirato: il risultato viene dopo e viene da lì. Contrariamente all’idea di fare esperienze diverse e di cambiare continuamente, da queste storie emerge l’ipotesi della specializzazione, dell’approfondimento costante e prolungato su un “tema” specifico. Sono in prevalenza persone che, a costo di apparire un po’ fuori moda, NON hanno affrontato i loro anni di formazione come normalmente facciamo navigando sul web, spostandoci rapidamente da un sito all’altro, restando spesso in superficie, scoprendo cose nuove ma senza mai il tempo, la possibilità o la voglia di approfondirle, con il rischio, a furia di passare anzi di “switchare” da un tema all’altro, data l’immensità delle proposte, di uscirne stanchi e confusi. Piuttosto hanno impostato il loro percorso come lo scavo di una miniera sotterranea: andando sempre più in profondità lungo il canale principale e deviando poi in cunicoli laterali per portare in superficie il massimo, raccogliendo giorno dopo giorno quello che si poteva trarre dallo scavo progressivo. E’ con il sacrificio della miniera e non con la bulimia del cambiamento che sono diventati quelli che sono. Nei loro percorsi si rintracciano sempre gli stessi ingredienti, che ormai sanno di vecchio e di pre-moderno: fatica, sacrificio, costanza. Termini che indicano l’opposto di quella ricerca della via più breve, meno pesante e reversibile che viene proposta come strada per un benessere che non può essere che effimero e, per l’appunto di superficie, come i mezzi usati per raggiungerlo. Incontro di continuo imprenditori anche giovanissimi che dimostrano che non c’è apprendimento senza fatica, che non si arriva a buoni risultati senza uno sforzo significativo, prolungato nel tempo, disciplinato e costante. Figuratevi quante lacrime e sangue per arrivare a prestazioni eccellenti.Si può leggere molto sui “fuoriclasse” (M. Gladwell per iniziare). Trovo queste letture interessanti e curiose: da Mozart a Beethoven, passando per i grandi campioni di scacchi, per arrivare ai Beatles, a Bill Gates, Steve Jobs, ai recordman dello sport e delle imprese estreme. In tutte queste grandi avventure umane ricorrono con una frequenza assai singolare gli stessi ingredienti.
ll caso aiuta chi è preparato
Ho riscontri frequenti, non scientifici, ci mancherebbe, dell’ipotesi che l’intuizione derivi solo da una prolungata e rigorosa esposizione ad un argomento specifico. Continuo a raccogliere indizi a sostegno della citatissima teoria delle “10.000 ore” dello psicologo svedese Ericsson che dimostra che le grandi prestazioni in qualsiasi campo, dalla musica agli scacchi, dagli sport all’arte e alla letteratura, derivano in maniera preponderante dall’esercizio piuttosto che da capacità innate e che le potenzialità di ciascuno, per trasformarsi in successo concreto, non possono prescindere dalla dedizione, dal rigore, dalla coscienziosità. I migliori imprenditori che ho conosciuto, anche ma non solo per la vicinanza “casa e bottega” e per la sovrapposizione tra famiglia e impresa all'interno della quale molti di loro sono cresciuti, hanno superato fin da giovani la fatidica soglia delle 10.000 ore, oltre la quale si inizierebbe ad essere esperti di qualcosa. Allontanarsi dall’idea del cambiamento continuo, del provare sempre cose nuove, dalla teorizzazione che si possa essere uomini e donne buoni per ogni stagione, mi appare essenziale per arrivare a dei livelli significativi di prestazione nel campo che si è scelto, per potersi minimamente distinguere in un mondo complicato e selettivo come il nostro. La superficialità può pagare ma solo nel breve periodo. L’approfondimento alla lunga vince. I “qualcosisti” non durano e la sgangheratezza non permette di fare bene impresa. Solo chi ha un interesse profondo è capace di sopportare sacrifici enormi, pur di realizzare il suo progetto. L’impegno vince sul talento e “il caso aiuta chi è preparato”. Io la penso così. E voi?