
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- Prezzo
- 16 set 2025
- 40 ore
- Online
- Italiano
- 2500€
Fornire gli strumenti per (ri)disegnare la roadmap di adozione e sviluppo dell’AI in azienda bilanciando strategia, elementi tecnologici, organizzativi e di contesto.
“Disrupted” è il blog su innovazione e AI transformation, curato da Gianmario Verona.
Superman fatica a livello internazionale nel box office, i trailer di Fantastici Quattro: Gli Inizi, sembrano deludere le folle di fan della Marvel e Avangers: Doomsday viene rinviato per ora a dicembre 2026 dopo che era stato dato per certo prima di Spiderman: Brand New Day, in uscita il prossimo 31 Luglio 2026. Viene da chiedersi: ma tutta questa trasformazione digitale farà davvero bene al cinema?
A chi non fosse appassionato del genere e stesse subito per scrollare pagina, è opportuno osservare un dettaglio. Dall’apparizione pubblica di Chat GPT e i suoi gemelli, l’industria dell’entertainment e dei media è quella che sta più vivendo il cambio di passo della trasformazione tecnologica che ci sta aggredendo da inizio secolo. È, cioè, un ottimo osservatorio per molti settori per capire dove andiamo ad atterrare.
Mentre le industrie manufatturiere e quelle di servizi osservavano scettiche la lenta ascesa di Amazon nell’allora nuovo mondo dell’e-commerce (altroché big tech e matrimoni a Venezia … Bezos sembrava un illuso Davide contro il Golia della distribuzione mondiale WalMart e una finanza che nel 2001 faceva crollare tutte le dotcom poco dopo la sua quotazione), chi produceva contenuto ha dovuto sin da subito rimboccarsi le maniche.
Abbiamo prima cominciato a leggere i giornali on line, poi a condividere MP3 su Napster e ad acquistare le canzoni per quel nuovo Walkman che era iPod e, infine, ci siamo trovati ad affittarle con le infinite librerie di Spotify e di Apple Music. Abbiamo abbandonato Blockbuster e la tv generalista e cominciato a vedere film (pardon, serie TV) sulle piattaforme Sky, Netflix e Prime Video. Davvero non banale per gli operatori della filiera di media e entertainment, che in meno di tre lustri si sono dovuti riorganizzare e trasformare da aziende di produzione di beni industriali (giornali, dischi, film) con una complessa supply chain (che prevedeva fornitura-produzione-ingrosso-dettaglio) in vere e proprie piattaforme di servizi (contenuti disponibili su device digitali di dimensioni e forme sempre più strani).
Soprattutto non semplice per chi, per mestiere, produce innovazione. Eh sì, perché nell’industria dei contenuti si vive prevalentemente di innovazione! Che è storicamente ben protetta dalle leggi sui copyright, ma anche dalla carta ruvida dei giornali e dalle confezioni di vinili, compact disc e dai DVD, che oggi sono invece ad affollare le cantine o gli angoli più remoti delle nostre case.
Ma con tutte le difficoltà del caso, ’a nuttata defilippiana sembrava passata. Il 2022 è stato infatti il primo anno in cui la musica è tornata ai valori del 1999 (23 anni!) con una nuova filiera che comprende TiKTok e tanti concerti e ha definitivamente salutato MTV e i video musicali. Media e giornali stanno, mutatis mutandis, avviandosi in direzioni simili diventando grandi piattaforme integrate di contenuti come le aveva embrionalmente disegnate nel 2005, alla sua comparsa, Huffington Post.
Tuttavia, oggi l’avvento dell’AI sposta il gioco a un altro livello.
Perché con l’AI non si parla più solo di condivisione e di distribuzione – tipici problemi che toccano i processi downstream del dettaglio e del consumo. Ma di creazione e produzione – ovvero la parte upstream che genera valore nell’industria.
Ecco quindi che, come prima reazione, NYT fa causa a OpenAI e Microsoft che non darebbero giusto credito ai suoi giornalisti, mentre al contrario Universal cerca di negoziare soluzioni. (Bizzarro visto che proprio Universal ha subito il primo coup de theatre con l’uscita fantomatica di una canzone mai prodotta e mai cantata da Drake e The Weeknd, che ha fatto il record di numero download/tempo di uscita su Spotify.) Ma a prescindere dalle reazioni e dalle strategie delle singole aziende, è un dato di fatto che sempre più frequentemente spopolano video e canzoni fake che sono diventati parte del nuovo marketing – Trump, nuovo maestro del marketing della politica basato sulla distrazione di massa, nelle ultime settimane docet.
Con AI si è letteralmente passato il livello di gioco, come in tutti i campi dove regna la creatività - si pensi al campo scientifico dove stanno spuntando come funghi le “paper mills”, cioè le fabbriche di paper fake scritti con l’ausilio non etico della AI e denunciate in vari editoriali dalle principali riviste, da Nature e Science, a tutti i settori più specialistici della scienza.
Che fare quindi? Come gestiamo il nuovo mondo dove la macchina ha il potere cognitivo che una volta era esclusiva di Sapiens?
I cantanti e le band amate dai boomer lamentano la morte della creatività della nuova musica – che in effetti per andare in classifica oramai vive di featuring per aggregare follower ed effetti scenici come le kiss cam dei Coldplay che diventano poi virali per ragioni opposte allo spettacolo che volevano inscenare. Gli sceneggiatori di Hollywood si organizzano in scioperi continui. Anche Marvel e DC Comics, come scrivevamo, che nel nuovo millennio hanno avuto nuova vita proprio grazie agli effetti speciali che digitale e Ai permettono, cominciano a diventare titubanti sull’insistere nei re-boot che appunto attraggono, ma apparentemente non troppo.
Certamente AI aiuta l’efficienza grazie alla sua velocità e capacità di sintesi. Per questo nei campi della grafica e nelle routine di comunicazione ha già sostituito l’essere umano. Ma AI guadagna punti anche in efficacia. Il pluripremiato Ron Howard, in un’intervista nel 2006, disse che era stato fortunato a dirigere Tom Hanks in Il Codice da Vinci in quell’anno, in quanto da lì a poco non sarebbe più stato necessario far tenere aperto il Louvre di notte per girare le spettacolari scene iniziali del film in quanto a breve tutto sarebbe diventato digitale e gli effetti sarebbero costati molto meno e risultati molto più efficaci. (Ai boomer viene da pensare all’artigianalità del premio Oscar per gli effetti speciali Carlo Rambaldi per E.T. e associarlo ai computer scientists che vincono oggi il premio Oscar.)
Il recente e geniale esperimento del Foglio che prima inserisce saltuariamente un articolo scritto da AI chiedendo ai lettori di identificarlo e poi introduce ufficialmente AI in redazione con una edizione speciale chiamata Foglio AI, ha pure un grande valore per capire dove ci possiamo spingere. I giornalisti fanno domande e AI organizza il giornale
con sommari, titoli e in alcuni casi produce articoli. Alla fine dell’esperimento, apprezzato da giornalisti e lettori, la stessa AI in una intervista con il giornalista del Foglio ammette i suoi limiti: “Non so litigare al telefono, non so intuire un sottinteso detto in corridoio, non so cambiare idea in base al tono della voce di un ministro. Non so annusare l’aria. Ma sto imparando a guardare come la respirate voi, quell’aria.” Insomma, è una macchina statistica che, non essendo senziente, non è in grado di sviluppare quelle emozioni fondamentali che poi fanno fortunatamente di Sapiens un unicum in natura.
AI efficienta ed è efficace in alcune cose, ma per ora ha lo specchietto retrovisore. Da un punto di vista creativo, al più abbellisce un de-ja-vu. Ecco dove occorre inserire l’innovazione per renderla una tecnologia che potenzia e che non sostituisce. Ecco dove far entrare in gioco la nuova innovazione che Sapiens deve mettere in campo.
Alla fine, forse ha proprio ragione l’Unione Europea con la sua nuova regolamentazione dell’AI: “Human must be in the loop.” Ma, viene da dire, non tanto per un problema di sicurezza e rispetto dei diritti, ma per un tema di innovazione.
La prossima domanda allora è: come rimanere in the loop? E a fare cosa? Beh, come si dice nel mondo del cinema: To be continued…
Gianmario Verona è Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi Professor of Innovation Management, Università Bocconi.