
- Data inizio
- Durata
- Formato
- Lingua
- 15 Mag 2025
- 4,5 giorni
- Class
- Italiano
Acquisire modelli di lettura e analisi del cambiamento in azienda e proporre metodologie di intervento per trasformare le visioni strategiche in risultati concreti.
Il tema dell’equità di genere nel mercato del lavoro è stato affrontato negli anni analizzando diversi indicatori inerenti le posizioni e i gap di carriera e di stipendio tra uomini e donne: i tassi di occupazione e disoccupazione; la segregazione orizzontale, ovvero quanto le donne vengano occupate nelle posizioni di line o in quelle di staff; la segregazione verticale, che si esprime nella metafora del «soffitto di vetro», una situazione che impedisce alle donne uno sviluppo di carriera coerente con le proprie competenze e di arrivare nelle posizioni apicali; il pay gap, la differenza di stipendio lordo annuale tra uomini e donne e i relativi benefit erogati a parità di complessità della posizione.
Le cause delle asimmetrie strutturali ancora oggi presenti nel mondo e nel mercato del lavoro, non solo italiano, sono riconducibili a diversi fattori. Il primo riguarda l’organizzazione sociale del lavoro, che rispecchia una cultura tradizionale ancora prevalente: la divisione dei ruoli impone alle donne un doppio lavoro (quello domestico oltre alla quotidiana attività lavorativa) e quindi limita, nella percezione della maggioranza, la loro piena disponibilità a orari prolungati e trasferte; la maternità è inoltre ancora percepita una condizione di stigma importante. Il secondo fattore riguardai i valori e gli stili di comportamento espressi, selezionati e premiati nel contesto di lavoro dal gruppo dominante, i cui membri privilegiano l’achievement, l’orientamento al cliente e al compito assegnato rispetto a quelle competenze di relazione, ascolto, inclusione tipicamente associate all’identità del femminile. Il terzo fattore riguarda la fragilità del femminile nell’interiorizzare un’identità di leadership coerente ai propri valori senza ricadere in strategie di autoesclusione o di imitazione, spesso inconsapevole, di quei valori e stili promossi dalla cultura organizzativa.
A questi temi più palesi e dibattuti si sono affiancati recentemente due ulteriori questioni: da un lato l’importanza del supporto degli uomini per far progredire la causa delle donne; dall’altro la centralità del clima che si respira in un’azienda rispetto ai micro-comportamenti che vengono messi in atto quotidianamente nelle relazioni fra i generi e che contribuiscono a costruire la cultura prevalente.
Il primo tema riguarda la sponsorship e la presa in carico del cambiamento da parte di chi gestisce il potere: gli uomini. Il secondo si riferisce alle micro-aggressioni, quelle parole o azioni che, seppur celate o deformate, hanno in sé una componente aggressiva e violenta. Si tratta di luoghi comuni, gesti abitudinari o frasi fatte, spesso agite o verbalizzate inconsciamente, che manifestano svalutazione verso un altro individuo o un gruppo di minoranza.
Quello che fotografa il report Ipsos Global views on acceptable behavior and equality in the workplace svolto in collaborazione con il Global Institute for Women’s Leadership del King’s College di Londra, riguarda entrambe le ultime due questioni sollevate e, più in generale, inquadra il tema del rispetto negli ambienti di lavoro.
A partire da una considerazione piuttosto condivisa (il 56 per cento degli intervistati, per la maggioranza donne, ritiene infatti che esista una disparità di trattamento tra uomini e donne), le differenze emergono sulle possibili soluzioni: per il 68 per cento degli intervistati (in prevalenza donne) la parità di genere andrebbe conquistata attraverso un impegno attivo della componente maschile; il 58 per cento (in prevalenza donne) crede che questa verrà favorita da una maggior presenza delle donne nelle posizioni di leadership.
Quando vengono esplorati i comportamenti considerati legittimi nell’ambiente di lavoro, il divario tra la percezione degli uomini e delle donne appare più evidente. Il 13 per cento degli uomini ritiene per esempio accettabile mostrare materiale di natura sessuale (la percentuale delle donne è del 7 per cento) e il 28 per cento è convinto che non vi sia nulla di sconveniente nel raccontare aneddoti o barzellette a sfondo sessuale. Se il 46 per cento del campione ritiene possibile chiedere un appuntamento a un collega, il 15 per cento degli uomini pensa sia lecito continuare a farlo anche dopo un rifiuto.
Prevalentemente gli uomini affermano di essere a proprio agio sia nel difendere una collega oggetto di comportamenti di micro-aggressione (61 per cento uomini vs 51 per cento donne), sia nel reagire a un collega senior a seguito di un commento a sfondo sessuale verso una donna (53 per cento uomini vs 48 per cento donne). Le donne si sentono invece più confidenti nel rispondere se il collega è junior (59 per cento uomini vs 57 per cento donne). Questi ultimi dati sottolineano come la seniority, e il potere a essa connesso, abbiano un ruolo centrale nel «normalizzare» comportamenti di micro-aggressione; sarebbe però auspicabile interpretare gli stessi dati in maniera differente, evidenziando quanto la seniority, e il potere a essa connesso, potrebbero modificare, sanzionando, tali comportamenti.
Un ulteriore dato degno di riflessione riguarda le cause del «soffitto di vetro»: se il primo fattore di impedimento nello sviluppo della carriera delle donne (35 per cento del campione) riguarda il sovrapporsi degli impegni legati ai figli, il secondo (26 per cento del campione) fa riferimento a un rifiuto di una richiesta di appuntamento da parte di un collega maschio. Un’evidenza che sottolinea come lo sviluppo di carriera spesso non sia dovuto alle competenze e ai risultati conseguiti, ma alle relazioni e al network. Purtroppo, quando si parla di genere, queste relazioni possono svilupparsi al di là del rispetto e del politicamente corretto.