Casi di management

La mobilità al crocevia dell’integrazione: il caso Gruppo FS

Come gestire il cambiamento strategico e culturale in una grande azienda del trasporto pubblico

La sfida

In un mondo segnato da grande fluidità e incertezza come quello contemporaneo, diversificare i propri ambiti di attività è fondamentale per ogni impresa che non voglia rischiare di trovarsi impreparata di fronte agli scenari emergenti. Non si tratta solo di allargare il proprio raggio d’azione a nuovi prodotti, servizi e mercati: anche grazie alle tecnologie digitali, oggi è possibile configurare nuove sinergie di offerta, sino a costruire un sistema integrato, che risponda in modo flessibile ai nuovi bisogni dell’utenza.

 

Affrontare e gestire un cambiamento di questo genere è tanto urgente quanto sfidante per le aziende che provengono dal mondo delle public utilities: aziende di grandi dimensioni, tradizionalmente abituate a fornire uno specifico servizio in condizioni di monopolio o quasi monopolio, e spesso condizionate nei loro indirizzi strategici da scelte più ampie di public governance.

 

È con queste dinamiche che si è dovuta confrontare la nuova dirigenza insediatasi nel 2015 a capo del Gruppo Ferrovie dello Stato, la holding a controllo pubblico attiva nella fornitura di servizi di trasporto commerciale e passeggeri e responsabile della gestione della rete ferroviaria italiana. Il nuovo CEO, Renato Mazzoncini, veniva chiamato ad amministrare un’azienda che deteneva una quota largamente maggioritaria del mercato italiano del trasporto ferroviario (sia di merci sia di passeggeri), ma con un peso marginale o addirittura nullo nel trasporto su gomma e in quello marittimo

I numeri del caso

 

Azienda: Gruppo Ferrovie dello Stato

Fondazione: 1905

Settore: trasporto ferroviario, mobilità integrata

Ricavi (2015): 8,585 miliardi di euro

Ricavi (2017): 9,299 miliardi di euro

Reddito netto (2015):: 448 milioni di euro

Reddito netto (2017):: 542 milioni di euro

Nel 2015, il settore della mobilità italiano stava attraversando una fase di rapida trasformazione. A seguito della crisi del 2008, era in diminuzione il numero di viaggi e di passeggeri complessivi, mentre aumentava il tasso di mobilità: a muoversi era quindi una percentuale maggiore di italiani, ma su distanze ridotte rispetto al passato (tre spostamenti su quattro avvenivano su distanze inferiori ai 10 kilometri). In questo contesto, a crescere era soprattutto il trasporto intermodale, mentre sul mercato si affacciavano nuovi attori, capaci di fornire innovative tipologie di servizio basate sulle tecnologie digitali (dalla mobilità sharing alla fornitura di sistemi di trasporto intelligente).

Di fronte a questo scenario in rapida evoluzione, la scelta strategica della nuova dirigenza del Gruppo FS era incentrata su un cambio di paradigma: il Gruppo doveva passare dal tradizionale core business basato sul trasporto su rotaia a un sistema di offerta all’insegna dell’integrazione modale e della sostenibilità – includendo per esempio anche servizi di mobilità a corto raggio a partire dalle stazioni ferroviarie (autobus, parcheggi, car e bike sharing) e ampliando la propria presenza nel comparto del trasporto su gomma su lunga distanza.

Per garantire il massimo livello di intermodalità e sinergia, si dovevano sfruttare le nuove potenzialità del digitale in modo da superare la frammentazione tra i vari operatori del settore. Veniva quindi promossa la creazione di una piattaforma per l’integrazione dei servizi; all’end user questa si sarebbe presentata sotto forma di un’unica app per pianificare il proprio viaggio tramite trasporto ferroviario, stradale e aereo. La presenza sulla piattaforma era garantita, a un prezzo competitivo, anche a operatori terzi, in modo da arrivare alla definizione di un ecosistema digitale di riferimento per tutti i viaggiatori italiani.

Altre direttrici strategiche, sempre all’insegna dell’integrazione, erano da un lato lo sviluppo di una presenza diretta anche nell’ambito delle infrastrutture stradali, tramite la pianificata fusione con Anas; e dall’altro la creazione di un’unica società, Polo Mercitalia, attiva nella logistica e nel trasporto merci tanto su gomma quanto su rotaia. Infine, la nuova dirigenza si proponeva di proseguire il processo di internazionalizzazione avviato già nella precedente gestione, attraverso una serie di acquisizioni strategiche all’estero.

Per gestire un’evoluzione strategica di questa portata in un’azienda matura, era fondamentale incentivare un cambiamento culturale nel Gruppo. Oltre all’inserimento di nuovi dirigenti a capo di alcune delle controllate e dei livelli apicali, veniva promossa una serie di iniziative per coinvolgere il middle management nel processo di trasformazione, per favorire il reclutamento di giovani talenti e per comunicare adeguatamente la nuova mission aziendale all’esterno. Per presidiare i delicati rapporti istituzionali sia a livello italiano che europeo veniva inoltre costituita una nuova Divisione per gli Affari istituzionali e regolamentari.

Infine, la direzione strategica dei processi di digitalizzazione e innovazione veniva centralizzata, dopo anni di frammentazione, in una Divisione Sistemi informativi e innovazione. L’approccio scelto era trasversale: combinare meccanismi di stimolo all’innovazione all’interno del Gruppo con la ricerca di idee e competenze specialistiche all’esterno.

A dispetto delle inevitabili resistenze interne, nel volgere di due anni il processo di cambiamento avviato dalla nuova dirigenza indicava risultati promettenti; a fine 2017, veniva portata a termine la fusione con Anas, l’operazione esterna più importante in programma. Tuttavia, il cambio di governo nella primavera del 2018 portava alla sostituzione del CEO del Gruppo per iniziativa del Ministero delle infrastrutture, e la stessa fusione con Anas tornava a essere oggetto di discussione pubblica.

 

Le implicazioni

  • Nel contesto contemporaneo, caratterizzato da elevata volatilità e preferenze mutevoli dei consumatori, le aziende mature non possono limitarsi a strategie di offerta tradizionali: devono diversificare il proprio portafogli d’offerta in modo da seguire (e, se possibile, anticipare) le tendenze della domanda. Le acquisizioni esterne possono consentire di individuare e internalizzare le competenze necessarie in tempi rapidi.
  • Per le grandi aziende che provengono dal mondo delle public utilities, gli scenari contemporanei impongono un cambio di paradigma. Anche grazie alle potenzialità del digitale, è indispensabile passare dall’offerta di uno specifico servizio a sistemi integrati di offerta, allargati anche a operatori terzi tramite meccanismi di «coopetizione». Alle iniziative strategiche e alla riorganizzazione societaria conseguenti debbono corrispondere iniziative di change management volte a superare le naturali resistenze interne e incoraggiare la condivisione delle innovazioni proposte.
  • Uno dei principali vincoli strategici per le aziende che provengono dal mondo delle public utilities sono i rapporti con il regolatore/azionista. Le iniziative del management necessitano devono essere coordinate con gli interlocutori istituzionali attraverso strutture e meccanismi dedicati. Cambiamenti negli orientamenti di public governance possono impattare in modo anche profondamente rilevante sulle strategie aziendali, determinandone una revisione in corso d’opera o addirittura un’inversione.

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