Casi di management

Quando lo chef diventa imprenditore: il caso Davide Oldani

Anche nelle industrie creative, l’adozione di principi manageriali è il presupposto imprescindibile per la crescita

La sfida

Alla base del successo di una nuova azienda nei settori creativi, molto spesso c’è il genio di un imprenditore-creativo: il suo talento fuori dal comune diviene il marchio di fabbrica per creazioni straordinarie, capaci di raccogliere il favore di critica e pubblico. La strettissima identificazione tra l’imprenditore-creativo, il brand e l’impresa rappresenta da un lato una garanzia di qualità e autenticità; dall’altro, impone la ricerca di soluzioni adeguate sul piano organizzativo e di governance nel momento in cui l’azienda si incammina lungo un processo di crescita dimensionale. Affinché questo possa essere gestito al meglio, infatti, si rendono indispensabili adeguate competenze non solo creative, ma anche manageriali.


L’alta cucina è uno dei settori in cui la sovrapposizione tra la storia di un’impresa e quella – personale e professionale – dell’imprenditore creativo è più forte. Se la reputazione di un ristorante è il riflesso di quella del suo chef, come si può pensare di replicare la stessa formula contemporaneamente su più punti vendita? A complicare le cose c’è il radicamento del ristorante nel territorio, a livello sia di immagine e di atmosfera sia di catene di fornitura (come reperire altrove gli stessi ingredienti di qualità?). Sono alcuni dei dilemmi di fronte a cui deve destreggiarsi Davide Oldani, talentuoso chef e imprenditore milanese, dal 2003 titolare del ristorante D’O di Cornaredo.


La formazione di Oldani come chef è segnata profondamente dal rapporto con il territorio. Dopo aver deciso di intraprendere la carriera di cuoco con l’iscrizione all’Istituto alberghiero Carlo Porta, un momento cruciale è l’incontro ad appena 16 anni con uno dei più grandi chef italiani, Gualtiero Marchesi, all’epoca maestro indiscusso dell’alta cucina italiana più innovativa.


Il lavoro, prima come apprendista e poi come chef, nel ristorante stellato di Marchesi rappresenta un’opportunità unica per Oldani per avviare la propria carriera. La sua crescita professionale prosegue con altre esperienze di primissimo piano, con Albert Roux a Londra, con Alaine Ducasse a Montecarlo e con Pierre Hermé a Parigi. Seguono anni di attività intensa all’estero, in cui Oldani affina sempre più le proprie competenze, ma percepisce anche un crescente distacco dalle proprie radici, una perdita di identità. Così quando nel 2003 si profila l’opportunità di rilevare una trattoria vicino a casa, a Cornaredo, non se la fa scappare: l’avventura da imprenditore ha inizio.

I numeri del caso

 

Azienda: Davide Oldani/D’O

Staff del ristorante D’O: 4 (2004); 12 (2012); 30 (2019)

Piatti offerti nel menù D’O: 16 (4 antipasti, 8 portate principali, 4 dessert)

Fornitori del ristorante D’O: 15-20

Categorie di prodotto col brand FO’OD: 25

La location relativamente «periferica» (il centro di Milano dista 8 chilometri) rappresenta la scelta ideale per combinare qualità e sostenibilità: il costo contenuto dell’affitto permette di mantenere i prezzi ragionevolmente bassi a dispetto di un’offerta di alta cucina. Da un punto di vista societario, l’inquadramento scelto è quello della società in accomandita semplice: è convinzione dell’imprenditore che si tratti della formula che lo rende massimamente responsabile tanto verso i collaboratori quanto verso i fornitori e gli altri stakeholder.


Un mix di sobrietà, gusto, innovazione, sempre all’insegna della qualità e del rispetto per il cliente: sono questi i principi che ispirano la cucina POP proposta da Oldani. I piatti variano di stagione in stagione, gli ingredienti sono procurati da una manciata di selezionatissimi fornitori. Per mantenere una coerenza tra l’offerta di cibo e l’atmosfera del locale, gli interni si caratterizzano per un’eleganza semplice: l’attenzione del cliente dovrà essere rivolta soprattutto al menù che sta degustando. Oldani sviluppa inoltre una propria linea di piatti e di posate, progettati così da garantire la massima combinazione di ricercatezza e funzionalità.


La formula D’O riscuote subito successo: già nel 2004 arriva la prima stella Michelin. Viene assunto nuovo personale, prendendo a bordo giovani selezionati attentamente dallo chef; ai dipendenti di D’O viene offerta la possibilità di ruotare tra diversi ruoli e di partecipare ad attività di formazione. Per una scelta precisa, non vengono impiegati camerieri professionisti, mentre le prenotazioni e l’allocazione dei tavoli sono gestite direttamente da Oldani. Ogni sabato mattina si svolge uno staff meeting, dedicato a questioni operative, ma anche importante momento per riaffermare e condividere una serie di valori e principi di fondo. Il cuoco-imprenditore, in virtù della propria esperienza e anzianità, è consapevole di rivestire una posizione di leadership, di rappresentare una fonte di ispirazione per i propri collaboratori, e non solo.


Il genio creativo di Oldani ottiene negli anni un riconoscimento sempre maggiore, anche fuori dai confini nazionali. Nel 2014 il suo ristorante è oggetto di un case study della Harvard Business School, nel 2015 arriva la nomina ad ambasciatore per EXPO, l’anno successivo viene scelto come chef per Casa Italia alle Olimpiadi di Rio. Di pari passo, Oldani decide di andare oltre D’O: nel 2014 apre un suo Caffè nell’Aeroporto di Malpensa, poi nel 2016 un ristorante a Manila, con il brand FO’OD, che viene utilizzato anche per una linea di prodotti che corrispondono a quelli usati nei suoi ristoranti, ma destinati alla grande distribuzione.


Nel 2016, D’O si trasferisce in una nuova sede, sempre a Cornaredo: a caratterizzare lo spazio è quell’eleganza sobria e funzionale che è diventata il tratto distintivo di Oldani. Infine, nel 2017 viene aperto a Cornaredo un Istituto alberghiero: grazie agli sforzi di Oldani, sono da subito attivate una serie di collaborazioni di primo piano a livello nazionale e internazionale – una testimonianza del legame dell’imprenditore con il territorio, e del suo desiderio di restituire qualcosa alla comunità dove ha posto le basi per il suo successo.


A quindici anni dal lancio di D’O, le attività di Oldani prosperano, lo chef ha acquisito una grande notorietà sia in Italia sia all’estero. Un successo che può rappresentare il trampolino di lancio per nuove avventure imprenditoriali, con Oldani a rivestire i panni non solo dello chef, ma anche del CEO.

Le implicazioni

 

  • Nelle industrie creative, per garantire un futuro sostenibile alle attività aziendali, l’imprenditore-creativo deve impegnarsi attivamente nella formazione di un capitale umano di qualità, che sia preparato a raccoglierne in futuro il testimone; deve cioè esercitare un ruolo di leadership, trasferendo le proprie conoscenze e i propri valori ai collaboratori e insegnando loro ad attivare i meccanismi che sono alla base del processo creativo.

 

  • Anche nelle industrie creative è indispensabile l’adozione di principi manageriali per una corretta gestione delle attività e del capitale umano; ciò è tanto più vero nella misura in cui l’impresa intraprende un percorso di crescita dimensionale e di internazionalizzazione. Riuscire a mantenere gli stessi livelli di originalità e di qualità su una scala più ampia rappresenta in assoluto la sfida più difficile che questo genere di aziende deve fronteggiare.

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